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RAINER MARIA RILKE
Con Orfeo.
Euridice. Hermes, poesia giovanile di Rainer Maria Rilke, si inaugura il
ciclo. delle riprese novecentesche; scritta nel 1904, fu considerata da Josif
Brodskij "la più grande opera di questo secolo". Orfeo viene
descritto, avvolto in un mantello azzurro, mentre corre in salita verso la luce,
con lo sguardo proteso in avanti, inseguito a distanza da due personaggi
"muti" e "con passo lieve": sono Euridice ed Hermes. Ma
l'amata vive ormai nell'oblio della morte, mentre Orfeo è vivo. Finisce così
la parabola letteraria della storia d'amore come motore narrativo del mito e
inizia il mito del poeta e della sua libertà.I suoi sonetti a Orfeo sono
l'ultima e forse più compiuta espressione del simbolismo decadentistico
europeo. Scritti di getto tra il due e il ventitré febbraio 1922 al castello di
Muzot, questi sonetti sono il frutto di uno stato d'ispirazione (egli lo definì
"uragano dello spirito") che riportò Rilke ad una scrittura gioiosa,
euforica, con il piacere fisico del verso che riesce, della rima che suona, di
un pensiero di un insondabile complessità eppure luminoso e non travagliato e
sofferto come nelle Elegie Duinesi. XIII Anticipa
ogni addio, quasi gia' fosse alle tue spalle, Sii
sempre morto in Euridice, e innalzati Sii,
e la condizione del Non-Essere al tempo stesso sappila, Alle risorse
esauste, alle altre informi e mute |