|
CESARE PAVESE E GESUALDO BUFALINO Il
voltarsi non per follia ma per calcolo, disfarsi di Euridice per recuperare e
rinnovare l'ispirazione poetica, è la strada percorsa, oltre che da Cocteau,
anche da Cesare Pavese e da Gesualdo Bufalino. La
ricerca dell'altro per Pavese è ricca di
nuove sconfitte, di nuovo dolore. Ma non è possibile sottrarsi alla roccia, al
desiderio, se non togliendosi la vita. «Chiedo di vivere, non di essere felice»,
conclude Virbio. C'è chi sceglie tuttavia di spezzare la catena dell'eterno
ritorno. Orfeo, risalendo dall'Ade con Euridice dietro sé, pensa che tornerà
la vita con lei come era prima, tornerà il dolore e tutto finirà nuovamente e
poi ricomincerà. Non vale la pena, e si volta: « Euridice scomparve come si
spegne una candela. Sentii soltanto un cigolio, come d'un topo che si salva»
(L'inconsolabile). La trappola si è aperta, il circuito sfiancante si è
interrotto: «Non vale la pena»; gli altri «godano la festa», la loro festa
illusoria. Orfeo ha chiuso. Verranno le donne di Tracia a sbranarlo. Ma Orfeo «valse
di più», commenta Pavese. Secondo il mito ovidiano e polizianeo, che l'autore
sicuramente conosce ma rimuove, Orfeo si diede all'amore pederasta (per «la
primavera del sesso migliore») e la sua provocazione gli costò la vita.
L'Orfeo dei Dialoghi non compie un passo simile (né Cesare lo compirà mai), ma
comunque emerge eroico nel suo rifiuto di rinnovare il confronto con l'alterità
femminile. Così facendo non sfugge al sacrificio.E neppure Pavese, alla fine,
vi sfuggirà. I Dialoghi sono stati definiti da Gianfranco Contini «per buona
parte almeno poemetti in prosa di forte carica ritmica (da avvicinare piuttosto
a Lavorare stanca)». Il linguaggio, asciutto e immaginoso, è intimamente
poetico. In una lettera a Paolo Milano, del 24 gennaio 1948, Pavese scrive: «Infine
non le nascondo che mia ambizione, componendo questo libretto, fu pure
d'inserirmi nella illustre tradizione italiana, umanistica e perdigiorno, che va
da Boccaccio a D'Annunzio. Come massimo imbarbaritore delle nostre lettere
(narrazione all'americana, scrittura dialettale, rinuncia a ogni ermetismo ecc.)
era un lusso che da un pezzo meditavo di prendermi». E a Santorre Debenedetti,
sei giorni dopo: «È divertente come in esso io ritorni a scuola e, forse, all'ordre».
Queste note autoironiche non nascondono comunque l'orgoglio di Pavese per il
proprio libretto, che considererà la sua cosa più originale e più intima, se
non addirittura testamentaria. Sceglierà infatti la prima pagina di una copia
dei Dialoghi per vergare il suo ultimo messaggio prima del suicidio. Dai
Dialoghi con Leucò Jean-Marie Straub e Danièlc Huillet hanno tratto un film di
cui sono stati registi e sceneggiatori: Dalla nube alla Resistenza (1979), con
Olimpia Carlisi, Guido Lombardi e Ennio Lauricella (la seconda parte del film è
ispirata alla Luna e i falò). Tratto dai Dialoghi pavesiani, L'inconsolabile, già dal titolo, riflette la spiritualità novecentesca di Orfeo: il suo atteggiamento verso Euridice è un atto di consapevole rifiuto, che il poeta vive come esperienza rivolta alla ricerca di se stesso e della propria identità creativa. Infine il racconto di Bufalino, Il ritorno di Euridice, angola la prospettiva narrativa dalla parte della fanciulla la quale narra che, mentre aspettava sconsolata la barca di Creonte che l'avrebbe riportata indietro, avverte un disagio fisico simile ad un dolore, si concentra, razionalizza e giunge ad una dolorosa rivelazione: "Orfeo s'era voltato apposta”.
|