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Su Principali film La città incantata Al di là dei sogni L'Orfeo a fumetti Monteverdi in dvd
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MUSICA,
ANELLI, COLPI DI PISTOLA
In
questi tempi in cui si avverte sempre più il bisogno di poesia a teatro si
racconta Orfeo, l’ur-poeta per eccellenza, antenato -si dice- di Omero ed
Esiodo. E per farlo si mettono sul palco tutte le forme d’arte e di
comunicazione, dalla musica alla danza, dai fumetti ai testi dotti, dalla
recitazione al canto lirico, dalla pittura artigianale ai software più
avanzati. Perché lui era il primo cantore e poeta dell’umanità e, visto che
inventò la cetra, l'antesignano dei chitarristi rock, in grado di smuovere
persino le pietre e ammansire le bestie feroci con la potenza del suo canto e
della sua musica
E non solo, perché nel suo mito la poesia e la musica si fondono con
qualcos’altro: l’amore, che a sua volta si fonde con la morte. Chi non
conosce la sua passione per la ninfa Euridice? Un mitografo ben informato come
Apollodoro racconta che lei morì dopo il morso di un serpente e lui, che non
poteva vivere senza la sua donna, scese nell’Ade per riprendersela. Ma incontrò
Plutone, il re dell’Aldilà, e fecero un patto: Euridice sarebbe ritornata con
lui a condizione che durante il tragitto non si fosse girato per guardarla, ma
si sa che la curiosità fa spesso brutti scherzi e Orfeo si volse perdendo
l’amata per sempre.
Perché oggi ci si confronta con questo mito? “Perché Orfeo ha la forza di
sfidare la morte e con la sua musica ha il potere di superare la natura delle
cose. Naturalmente bisogna trovare un punto di vista e uno spunto forte per
raccontare il suo mito in modo sempre diverso, arricchendolo e allo stesso tempo
liberandolo degli altri significati che gli sono stati attribuiti nel corso dei
secoli”. Così dice Filippo Del Corno, compositore e musicista milanese,
co-fondatore dell’ensemble "Sentieri Selvaggi", che ha scritto
Orfeo a fumetti, la prima opera da camera italiana a disegni, reduce dalla
rassegna Suoni e visioni 2001, al Teatro di Porta Romana di Milano, e da
quella Laboratorio al Piccolo Teatro Regio di Torino.
Già, Orfeo a fumetti. Il libretto questa volta esisteva prima della partitura,
è Poema a fumetti appunto, scritto e disegnato da Dino Buzzati
nel 1969 (Oscar Mondadori, 2000), secondo lo stesso autore la sua opera più
riuscita: Buzzati infatti si definiva un pittore e fumettista di mestiere e un
letterato per hobby, e pronosticava che sarebbe diventato famoso per la sua
pittura dai colori netti solo da morto (parole profetiche).
Buzzati aveva contemporaneizzato il mito trasformando Orfeo in Orfi, una giovane
pop-star, ed Euridice in Eura, la sua ragazza. La Grecia antica diventava la
Milano del '69 e l’Ade uno strano regno dove i ‘senza nulla’ sono
trasportati da una giacca parlante, Caronte, e vivono nell’“ottusità
indistruttibile, l'uniformità, la prevedibilità, la noia’ - proprio come
succede nella Milano superna - in compagnia di donne sempre nude e formose.
“Per raccontare in musica un’opera a fumetti - ci racconta Del Corno- mi
sono ispirato al sound consonante, comunicativo e mai tonale di compositori
contemporanei come Philip Glass e Louis Andriessen, allontanandomi dai modelli
dell’opera lirica ottocentesca.”
Orfeo a fumetti è uno spettacolo multimediale, da ascoltare ma anche da
vedere, perché la storia di Orfi è raccontata dalla musica ma anche dalle
duecento tavole di Buzzati -proiettate su una serie di schermi e un velo di
tulle, grazie al software scandinavo watch out, che anche Luca Ronconi ha
usato in questa stagione teatrale per la messinscena della sua Lolita. I
cantanti lirici danno voce ai personaggi e alle didascalie dei fumetti, ma da
dietro le quinte, e solo in tre momenti, appare sulla scena un Orfi in carne e
ossa, impersonato proprio da un cantante di oggi, Omar Pedrini, leader dei
Timoria, che imbraccia la chitarra e canta tre canzoni per riuscire a entrare
nell’Ade e riportare Eura a casa.
Un’aria dell’Orfeo di Monteverdi reinventata per un esecutore rock e
due canzoni degli stessi Timoria riarrangiate da Del Corno. “Dino Buzzati
-racconta il musicista - ha intuito che alla fine degli anni Sessanta così come
oggi, l’aspetto sciamanico e incantatorio di Orfeo si poteva riscontrare solo
in un cantante rock, motivo per cui anch’io ho scelto di lavorare con un
artista creativo come Omar”.
Nel fumetto Orfi ha solo un limite di tempo: può portare con sé Eura purché
lo faccia in 24 ore. Ma la ragazza non torna sulla terra perché è lei che non
crede alle favole, perché nell’Aldilà non esiste il tempo segnato
dall’orologio di Orfi. Perché c’è una legge più potente di qualsiasi
canto e incanto che le fa dire: “No, le tue canzoni non bastano. (…) E’
inutile. Non posso accompagnarti lassù. Povera favola di Orfeo. Anche se tu non
ti volterai indietro, non servirebbe lo stesso.”. E poi Eura non regge il
passo di Orfi, perché essendo morta è sempre stanca. Così l’ultima tavola
del loro incontro mostra le mani dei due amanti che si intrecciano e che poi
vengono risucchiate ognuna nel proprio mondo.
A questo punto un uomo cerca di convincere Orfi che si è trattato solo di un
sogno, ma il ragazzo apre la mano e trova l’anello di Eura che le aveva
sfilato lasciandola. Un anello che potrebbe diventare un ricordo dell’amata, e
quindi una consolazione ma non lo è, perché Orfi si rende conto che avrebbe
potuto riaverla, mentre l’uomo che poteva dargli qualche risposta svanisce e
tutti i punti interrogativi rimangono tali. “Ho raccontato in musica questi
momenti finali facendo ripetere tutti i temi musicali precedenti nel modo più
vorticoso possibile, una sorta di riassunto musicale velocissimo che raccontasse
il balenare del dubbio. Poi ho mutato registro e ho scelto degli accordi nudi e
scarnificati per raccontare la strada deserta e le domande che rimangono senza
risposta.”.
Inizia invece proprio com’è iniziato Orfeo Euridice scritto da Rocco
Familiari, diretto da Augusto Zucchi e disegnato (nelle scene e nei costumi) da
Giosetta Fioroni: una messinscena teatrale sinfonico-pittorica, dove la
recitazione, il canto, la danza, la musica si contaminano e incastrano,
prendendo a volte il sopravvento l’uno sull’altro. Finisce com’è
iniziato, scrivevamo, e cioè con un secondo colpo di pistola; gli stessi gesti
e parole d’amore, gli stessi fiori e la stessa azione: Orfeo, un uomo borghese
dei nostri giorni (Augusto Zucchi) spara per la seconda volta alla sua bella
amante Euridice (Virginia Bianco).
“Ti farò male più di un colpo di pistola” cantano i Subsonica nel CD Microchip
emozionale (Mescal 99) ma in quel caso ci si vendicava di una donna che
aveva fatto soffrire, qui invece Orfeo spara perché deve compiersi il destino
di morte dell’amata e in più perché lui non resistiterebbe al disfacimento
del corpo di Euridice, alle malattie “ai segni che il trascorrere del tempo
avrebbe impresso sul tuo volto, alle sofferenze che i figli e io stesso ti
avremmo procurato. Così non cambierà mai, resterà per sempre come noi
vogliamo. Io ti amo, ti amo, ti amo…”.
Messa in questi termini, Euridice potrebbe sembrare una marionetta, agli occhi
di femministe o donne emancipate, un’altra donna che compie il volere di altri
ieri come oggi. Ma nel momento in cui sta perdendola, Orfeo s’impunta e dice
di voler rimanere da vivo nell’Ade per cercarla di nuovo. E queste parole e
questa sfida agli dei certamente lo mostrano nel suo aspetto più tenero e al
contempo disperato e combattivo. Mostrano il desiderio di chi vuole amare
qualcuno per sempre.
Fra i due spari si sviluppa la storia ambientata in un grigio porticato dove
campeggiano due grandissimi specchi, uno vero, l’altro finto, che è la porta
per scendere agli Inferi. Da dove escono i personaggi secondari del mito, gli
abitanti dell’Ade, che ballano anche sui trampoli (grandiosa e d’effetto la
danza finale) e con i loro vestiti portano il colore sulla scena.
La scrittura e i disegni delle scene di Orfeo Euridice sono pieni di
fascino, di simboli e metafore raffinate, ricercate e dense che spesso però
bisogna scovare e ‘sgrovigliare’ con pazienza all'interno della messinscena.
Rocco Familiari ha assimilato e personalizzato il mito di Orfeo e la riscrittura
che ne ha fatto Rainer Maria Rilke nel poemetto Orfeo Euridice Ermes del
1904, a sua volta analizzato da Iosif Brodskij (Dolore e ragione, Adelphi,
’98). Nel titolo del suo testo teatrale non compare quell’Ermes, che invece
sulla scena, interpretato da Paola Maffioletti, è il personaggio più attivo,
che ha la migliore resa, e che ogni volta che arriva sembra affondare i suoi
stivali neri nel palco, forte e incisivo com’è.
Ad agire dunque non sono Orfeo ed Euridice, che spesso appaiono come statue di
gesso, e le cui azioni -o passività- sono relegate spesso sullo sfondo o
sull’avanscena, ma tutti quelli che stanno loro intorno e che danzano, si
muovono, cantano, suonano (bello l’assolo del violoncellista dal secondo piano
del cortile). Loro due ripetono sempre le stesse parole. E Orfeo esprime il suo
amore leggendolo quasi continuamente da fogli che gli porta Ermes. Forse per
manifestare la sua condizione di poeta borghese che scrive molto e parla poco, o
forse solo per problemi tecnici perché lo spettacolo sfortunatamente ha subito
vari cambiamenti, e durante le prove si sono avvicendati attori diversi proprio
per interpretare i due personaggi del mito borghesizzato e liricizzato al tempo
stesso.
Dando però un’interpretazione psicanalitica alla messinscena, quelle figure
attive potrebbero impersonare i pensieri del nostro Orfeo borghese spesso seduto
in poltrona o alla scrivania. Pensieri d’amore e di morte, di cospirazione
-quelle degli dei inferi ma anche della propria coscienza- e di poesia. E
immersi in questi pensieri il filo della storia si perde e si attorciglia quasi
volutamente, cosicché la morte ritorna, perché nei pensieri Orfeo si è girato
a cercarla, mentre nei fatti si chiude il cerchio: Euridice porta fiori, i due
amanti parlano d’amore e passione e per la seconda volta c’è un colpo di
pistola.
Orfeo a fumetti musica di Filippo Del Corno, regia e scene di Manuel
Cicchetti, immagini Studio DueEffe. I cantanti lirici: Roberto Abbondanza
(baritono), Anna Maria Calciolari (contralto), Giovanni Caccamo (tenore).
L’Ensemble Sentieri Selvaggi: Carlo Boccadoro direttore, Paola Fre flauto,
Mirco Ghirardini clarinetto, Andrea Rebandengo pianoforte, Andrea Dulbecco
percussioni, Thomas Schott violino, Marco Decimo violoncello. Con la
partecipazione creativa e scenica di Omar Pedrini dei Timoria.
Orfeo Euridice di Rocco Familiari, con Augusto Zucchi (Orfeo) e Virginia
Bianco (Euridice) e con Paola Maffioletti (Ermes), Sara Allegretta (Soprano),
Francesca Trevisanello (danzatrice solista), Pietro Di Somma (violoncello),
Sonia Bertin (danzatrice-cantante), Cinzia Franchi (danzatrice-cantante),
Alexandra Manasse (danzatrice-cantante), scene e costumi di Giosetta Fioroni in
collaborazione con Cristina Gaetano, musiche di Germano Mazzocchetti coreografie
Paola Maffioletti regia Augusto Zucchi.
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