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Cos'è il mito
Il mito di Orfeo ed Euridice
Analisi del mito
I personaggi

  

 

 

Orfeo è più noto per la grande impresa che lo fece scendere nell'Ade, 

per cercare di riportare in vita la sua sposa, Euridice. 

Egli infatti, amò in tutta la sua vita una sola donna: 

Euridice. Il destino però non aveva previsto per loro 

un amore duraturo. Infatti un giorno la bellezza di Euridice

 fece ardere il cuore di Aristeo che si innamorò di lei e cercò 

di sedurla. La fanciulla per sfuggire alle sue insistenze si mise 

a correre ma ebbe la sfortuna di calpestare un serpente nascosto

 nell'erba che la morsicò, provocandole la morte istantanea.

Narra Pindemonte (Epistole: "A Giovani Pozzo")

"Tra l'alta erba non vide orrido serpe che del candido piè morte le impresse."

che del candido piè morte le impresse."

Orfeo, impazzito dal dolore e non riuscendo a concepire la

 propria vita senza la sua sposa decise di scendere nell'Ade

  per cercare di strapparla dal regno dei morti. Convinse 

Caronte a traghettarlo sull'altra riva dello Stige e circondato

 da anime dannate che tentavano in tutti i modi di ghermirlo, 

giunse alla  presenza di Ade e Persefone.

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Una volta giunto al loro cospetto, Orfeo iniziò a cantare la sua disperazione e 

solitudine e nel suo canto mise tanta abilità e tutto il suo dolore che gli stessi signori 

degli inferi 

si commossero; le Erinni piansero; la ruota di Issione si fermò ed i perfidi avvoltoi che 

divoravano il fegato di Tizio non ebbero il coraggio di continuare nel loro macabro compito.

 Anche Tantalo dimenticò la sua sete e per la prima volta nell'oltretomba si conobbe la pietà 

come narra Ovidio nella Metamorfosi (X, 41-60).

Fu così che fu concesso ad Orfeo di

Tiziano Vecellio, "Orfeo ed Euridice", 1511, Bergamo, Accademia Carrara

ricondurre  Euridice nel regno dei vivi a

condizione che durante il viaggio verso la terra non si voltasse a guardarla in viso fino a orfeo-eur.JPG (36671 byte)quando non 

 

 

 

 

 

 

 

 

fossero giunti alla luce del sole.

Orfeo, presa così per mano la sua sposa iniziò il suo cammino verso la luce ma durante il viaggio, 

un sospetto cominciò a farsi strada nella sua mente pensando di condurre per mano un'ombra e

 non Euridice. Dimenticando così la  promessa fatta  si voltò a guardarla ma nello stesso istante 

in cui i suoi occhi si posarono sul suo volto Euridice svanì ed Orfeo  assistette impotente alla

sua morte per la seconda volta

 

Narra Ovidio nelle Metamoforsi (X, 61-63)

Ed Ella, morendo per la seconda volta, non si lamentò; e di che cosa avrebbe infatti dovuto

 lagnarsi se non  d'essere troppo amata? Porse la marito l'estremo addio, che Orfeo a stento

 riuscì ad afferrare, e ripiombò di   nuovo nel luogo donde s'era mossa"

Invano Orfeo per sette giorni cercò di convincere Caronte  a condurlo nuovamente alla presenza 

del signore degli inferi ma questi per tutta risposta lo ricacciò alla luce della vita.

 

Si rifugiò allora Orfeo sul monte Rodope, in Tracia trascorrendo il tempo in solitudine e 

nella disperazione. Riceveva solo uomini e ragazzi che istruiva all'astinenza e sull'origine del

 mondo e degli dei. Molte donne tentavano di catturare il suo cuore e tra queste alcune Baccanti

Quest'ultime, irate dalla sua indifferenza e istigate da Dioniso per la mancanza di devozione

 che Orfeo aveva nei suoi confronti, decisero di  ucciderlo durante un'orgia bacchica. 

Arrivato il momento stabilito, si scagliarono contro di lui con furia selvaggia, lo fecero a pezzi e 

sparsero le sue membra per la campagna gettando la testa nell' Ebro

Disse Virgilio (Georgiche, IV):  

"... anche allora, mentre il capo di Orfeo, spiccato dal collo bianco come marmo, veniva

 travolto dai flutti, <<Euridice!>>  ripeteva la voce da sola; e la sua lingua già fredda: 

<<Ah, misera Euridice!>> chiamava con la voce spirante; elungo le sponde del fiume 

l'eco ripeteva <<Euridice>>."

Le pietre, le selve, gli uccelli piansero la morte del meraviglioso cantore e tutte le ninfe

 indossarono una veste nera in segno di lutto. Le Muse piangenti raccolsero le membra 

di Orfeo e le seppellirono ai piedi del monte Olimpo, là dove ancor oggi il canto degli 

usignoli è più dolce che in qualunque parte del mondo.

 

Poichè il delitto delle Baccanti era rimasto impunito, gli dei colpirono la Tracia con 

una terribile pestilenza. L'oracolo, consultato dalla popolazione su come porre fine 

a tanta tragedia, rispose che per farla cessare, era necessario ricercare la testa di 

Orfeo e rendere al cantore gli onori funebri. Il suo capo reciso fu così trovato da 

un pescatore presso la foce del Melete e fu deposta nella grotta di Antissa. In quel luogo

 la testa di Orfeo iniziò a profetizzare finchè Apollo, vedendo che i suoi oracoli di Delfi,

 Grinio e Claro non erano più ascoltati, si recò alla grotta e gridò alla testa di Orfeo 

di smettere di interferire con il suo culto. Da quel giorno la testa tacque per sempre.

 

Apollo, per onorare Orfeo, decise di porre la sua immagine nel cielo che divenne la 

costellazione della Lira.   

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Baccanti
Deriva dalla voce "Bàkkai" femminile plurale di "Bàkkos", nome che veniva dato a 

chi era seguace di Dioniso-Bacco. Durante le feste che si svolgevano in onore del dio 

a Tebe o sui monti della Tracia, si abbandonavano ad ogni genere di sfrenatezza. 

Si rappresentavano coperte di pelli di belve o completamente nude. Erano conosciute 

anche con i seguenti nomi: Menadi, Tiadi, Bassaridi, Bistonidi, Mimalloni, Edonidi.