|
Livia
Ladogana[1]
Come si giocaI giochi didattici dell’Osservatorio Educare alla comunicazione ed alle nuove tecnologie
è una necessità urgente, perciò l’ ”Osservatorio di comunicazione
Federico secondo” ha istituito fin dall’inizio una Commissione per
avviare sperimentazioni nella didattica ordinaria, formata da
professionisti del settore, diretta da Maria Cannada Bartoli e Daniela
Esposito. I modelli d’intervento si sono subito orientati nella
direzione del gioco didattico sia per la necessità logistica di non
gravare sulle ore curricolari, non essendo la media
education prevista nei programmi; sia per la convinzione dell’efficacia
del gioco nell’opera formativa in genere e nel campo in specie.
Televisione e videogiochi cattivano l’interesse dei ragazzi,
istituiscono un modello di comportamento anche prima che inizi
l’educazione scolastica – per stabilire un patto comunicativo di
successo anche per il futuro, per il tempo dopo la scuola, la scuola
deve dimostrare di sapere parlare un linguaggio adeguato all’uomo
d’oggi. La metodologia del gioco è già stata usata con
successo in tanti campi dell’educazione. L’Osservatorio ha deciso di
proporre dei kit di sperimentazione, modelli di gioco, partendo
da quello che nel ’96 era stato messo a punto nella Dieta
Televisiva elaborata dal prof. Menduni e Bagnara dell’Università
di Siena - adattato alle proprie esigenze nella Teledieta
- ed elaborando proprie proposte di gioco. Si è avvalso per la
realizzazione delle sperimentazioni di docenti volontari e della
collaborazione di due Associazioni ssl, “Enzo Infante” e “Bloomsbury”,
curando la direzione della ricerca così da ottenere dati di
monitoraggio del territorio della Campania. Ai progetti di Media
Education, si sono affiancati altri sulla differenza di genere e
sull’educazione alla filosofia nella scuola dell’obbligo. La sperimentazione attuata ha riguardato due settori
in numeri rilevanti (800 bambini di Napoli Periferia Orientale -
Posillipo), la Teledieta ed i Videogiochi. Partecipando ad
entrambe le iniziative, ho personalmente sperimentato il come
si gioca da cui eravamo partiti nelle classi, e così ho registrato,
come tutti gli altri sperimentatori, nei diari di bordo le mie
osservazioni sul comportamento dei ragazzi coinvolti nelle attività;
insieme ai colleghi ed ai membri della Commissione Scuola ho poi
elaborato le osservazioni comuni, corroborando queste dirette casistiche
con le analisi dei dati raccolti statisticamente. Le seguenti
osservazioni sono il frutto di tali considerazioni. I
test distribuiti a docenti, genitori, ragazzi
Il
questionario ai docenti, introdotto con la Teledieta, mostra un
generale interesse per la media education, ma la coscienza del difetto
dei necessari strumenti di valutazione e di intervento. Più che
discutere le abitudini e le preferenze televisive con i bambini, sono
inclini a consigliare la limitazione del tempo televisivo: solo il 20%
contestualizza il vissuto televisivo, casi sporadici mostrano impegno
nell’educazione all’immagine digitale. Le
schede compilate dai ragazzi per otto settimane danno
un quadro completo delle preferenze dei ragazzi, da cui sono stati
ricavati grafici, abbastanza conformi nonostante la varietà dei tessuti
sociali dei territori delle scuole. Il punteggio giornaliero era fissato
a 100 punti. In proposito va rilevato il dato, confermato da
sperimentazioni nella provincia di Salerno, che la Campania tende a dare
risultati nelle schede largamente inferiori al punteggio massimo,
esperienze precedenti in ambienti ad inferiore urbanizzazione davano
punteggi superiori. Le motivazioni sono da individuarsi da un lato nella
maggiore consistenza e povertà della struttura familiare che porta di
necessità alla non proliferazione dei televisori; dall’altro nella
frenetica partecipazione ad attività extrascolastiche, dalla
ginnastica, al catechismo, alle parentele, ai corsi di lingue, a seconda
delle classi di appartenenza. C’è da valutare anche, in tutti gli
ambienti, la scarsità del tempo libero dei familiari, spesso di
famiglie mononucleari, che allontana per molto tempo i ragazzi dalla
casa, anche con il coinvolgimento in attività collaterali. L’introduzione
nel 1999 dei punteggi zero e negativi si è rivelata uno stimolo positivo per orientare le
scelte dei ragazzi. L’ascolto dell’informazione, gratificato di
punteggi zero e negativi (TG, Quark e simili), è aumentato sino a porre
questo genere prima più che negletto in un posto che oscilla dal 3° al
5°, tra i 10 prescelti: 3-4 telegiornali al giorno, caso mai brevi,
sono utili per far scendere il punteggio generale. La
preferenza dei ragazzi va a
1. Varietà (Carramba) – 2. Telefilm (Beverly Hills, La Tata,
Baywatch, Rex) – 3. Cartoni Animati – 4. Programmi Contenitore (Bim
bum bam) – 5. Informazione. La preferenza così distribuita dimostra
chiaramente il consumo familiare prevalente nel campione testato. La
rete preferita è al 90% Italia 1. Il
tempo di ascolto è massimo ai pasti e nel primo pomeriggio, ma
non sono pochi i bambini che guardano la televisione dopo le 23. L’atteggiamento
di fronte alla pubblicità è maturo, tendono a cambiare canale o a fare altro: dai test
del ’97 risulta nell’arco dagli 8 anni ai 13 una graduale tendenza
che porta dalla quasi totale visione della pubblicità alla quasi totale
tendenza a cambiare canale: quest’anno solo un 20% mediamente la
guarda. Su un piccolo campione è stata testata la
differenza tra maschi e femmine, dando subito risultati notevoli:
le femmine guardano il 20% di TV in meno e sono più condizionate nella
scelta (preferiscono talvolta Rai1 e Retequattro); meno
del 30% gioca al computer, i maschi
l’80%. Dai
questionari rivolti ai genitori, il primo dato è la scarsa partecipazione degli stessi. I presenti
sono per il 70% - 90% mamme, che spesso parlano e guardano la
televisione coi figli; il dato risulta confermato dai questionari ai
ragazzi, che - pur dichiarando a Ponticelli (non a Posillipo) in media
dai 3 TV in su (fino a 6) – poi danno poche adesioni all’ascolto
solitario. Nonostante questa cordialità apparente con la televisione,
però, l’affermazione prevalente dei genitori di considerarla uno
strumento: la tendenza è nella quasi totalità a proibire i consumi
televisivi. Anche perciò accolgono con interesse, loro e i figli, la
Teledieta, ma credono che lascerà tutto come prima e che non si
sforzeranno di incrementare una visione critica stando più tempo coi
figli. I
questionari rivolti ai ragazzi
contrariamente
a quelli degli anni scorsi hanno mostrato un certo entusiasmo per la
Dieta (prima definita interessante ma anche poco piacevole), forse
perché contestuale all’esperienza dei videogiochi. Alla domanda sulla
volontà di cambiare abitudini televisive, però, la disponibilità
resta scarsa: molti bambini dovendo fare la dieta televisiva gli anni
scorsi incrementavano l’uso di videogiochi – meno penalizzati di
molti programmi tv. Dal
questionario sui videogiochi, sperimentazione pilota nel 1998-9, risulta
che il 90 % ha
esperienze precedenti di gioco, anche se non tutti a casa propria, ma
c’è grande facilità nell’apprendimento in chi non aveva esperienza
precedente. E’ stata generale la disciplina che si instaurava tra i
gruppi di giocatori senza le prepotenze talvolta presenti negli stessi
gruppi alla Teledieta, tranne quando le postazioni erano troppo poche. I ragazzi
si alternavano guardando il giocatore e poi giocando, impadronendosi
facilmente delle tecniche di gioco. La preferenza va alle console
più che ai PC; ai giochi con trama dove l’eroe è impegnato in una
impresa, meglio se generosa come il salvare vite altrui; la violenza è
interessante per i suoi fini, anche se è presente in tutti i giochi. La
differenza di genere si fa sentire molto: non solo per la nota
preferenza nel gioco dei maschi, per cui i giochi stessi sono creati,
lasciando predominanti i giochi di guerra o di lotta; ma anche nel
contesto particolare della periferia orientale, dove le bambine non
frequentano mai sale giochi e spesso non hanno il computer a casa. L’efficacia educativa del gioco è dimostrata.
Viste le biblioteche di soft educativi già presenti nelle scuole, la
sperimentazione porta il gioco ad educare la destrezza nell’uso della
tastiera e del mouse, educa all’immagine e al linguaggio del computer.
Inoltre la fruizione collettiva slegata dalle compagnie delle Sale Gioco
diviene stimolo di discussione di giudizio critico comune. La presenza
di educatori consente di osservare le reazioni dei ragazzi e di valutare
l’offerta del mercato. L’utilizzo di videogiochi simili a quelli delle
Sale Gioco fa della scuola un luogo d’incontro pomeridiano, sottraendo
i ragazzi alla strada; un fine già di per sé auspicabile, che si
completa nell’assistenza guidata e nel confronto regolato coi
coetanei, che la scuola offre. Nel caso di ragazzi segnalati per il loro
comportamento difficile, si è potuto osservare che il videogioco
operava un benefico effetto, per la concentrazione e l’azzeramento
delle competenze tradizionali, annullando il gap linguistico e
culturale. La letteratura sull’argomento afferma che la parità di
competenze che il gioco crea consente a ragazzi emarginati di acquistare
fiducia nelle proprie possibilità. Sia dunque con l’utilizzo di
progammi educational che con i videogiochi, il computer può dare un
valido supporto nel sostegno di ragazzi con problemi caratteriali e
cognitivi. Soft specializzati offrono valide opportunità poi per gli
handicap fisici. L’osservazione dei videogiochi consente a docenti e volontari di sperimentare l’effetto delle novità del mercato, da offrire a genitori ed insegnanti, per una scelta dei videogiochi più attenta alla qualità dei prodotti. Il lavoro di analisi dei videogiochi gode già di una buona letteratura, ma l’ampiezza della produzione (si producono due videogiochi al giorno, il mercato fattura il triplo dell’industria cinematografica) disorienta gli educatori. Una rassegna e guida didattica è uno degli scopi della nostra iniziativa. Che già in queste prime nostre sperimentazioni ha dato non solo esperienze alle scuole, ma anche contribuito a selezionare ed a formare esperti per le successive attività. |