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O tuono e marzo
di Anna Maria
Abbamonte
La passata stagione teatrale ha visto
Mario Scarpetta portare in giro per lItalia un altro cavallo di battaglia
della sua illustrissima famiglia, O tuono e marzo.
La commedia, in tre atti, fu messa in
scena per la prima volta nel 1917, al Teatro Quirino di Roma, da Vincenzo
Scarpetta che laveva scritta nel 1912, riservando per sè il ruolo di Felice
Sciosciammocca.
Il personaggio
principale di questa commedia è in realtà Turillo Scarola, omonnezzaro, e
Vincenzo Scarpetta volle tenere in vita Felice Sciosciammocca vestendone i
panni soprattutto per ossequio al padre Eduardo Scarpetta, che ne era stato
lideatore, pur consapevole del fatto che il mamo borghese stesse
trasformandosi in un personaggio privato di ogni particolarità, che non era
più il perno dell'azione ma uno dei personaggi, coinvolto anche lui nel
meccanismo comico e nei pasticci messi su da un altro protagonista.
Altra novità rispetto alle altre
creazioni scarpettiane, era lo sfondo della storia, non più caratterizzato
da una società borghese sciocca e arrivista ma da una classe matura nelle
sue posizioni, come segno tangibile di un cambiamento radicale della società
di inizio '900.
La trama è caratterizzata dal tema
classico dellinganno e dello scambio dei ruoli proprio della tradizione
alta del teatro napoletano dialettale dell800 e linizio del 900. A
muovere i fili della storia il cavaliere Teodoro Morzetta, moderno
azzeccagarbugli, interpretato da Francesco Mastandrea, che riesce nella
quasi impossibile impresa di dare lavori che non comportano alcun sforzo,
mariti alle zitelle e padri ai figli non riconosciuti.
Siamo nel 1922: Turillo Scarola salva
la vita a Don Felice Sciosciammocca aiutandolo a ricongiungersi con il padre
Don Alfonso Trocoli, attraverso un continuo alternarsi di ruoli e
travestimenti che molto lo avvicinano al personaggio del pulcinella/servus
di classica memoria: il cameriere irriverente, il falso padre e dopo il
perdono del padrone ingannato, nuovamente il cameriere.
Le trovate e i sotterfugi di Turillo
Scarola che fa di tutto per non perdere la condizione sociale migliorata
grazie ai favori del suo padrone, si accompagnano ai singoli personaggi che
alternano il racconto delle loro vicende tutte caratterizzate dalla continua
ricerca di una buona posizione sociale da raggiungere, mentre il racconto
del famoso "tuono e marzo" di una notte di tempesta di venticinque anni
prima, li tiene fortemente ancorati, loro malgrado, alla cultura popolare
rinnegata.
Turillo Scarola è dunque un parente
stretto di Pulcinella povero e furbo, ignorante e bugiardo, vittima e
carnefice, (
)un personaggio sempre pronto nell'adattarsi in qualsiasi
frangente, sempre disponibile all'imbroglio e all'inganno, servile e
meschino, sempre pronto a immischiarsi in faccende che non lo riguardano.
Questi i motivi che hanno spinto
Mario Scarpetta ad abbandonare le vesti di Felice Sciosciammocca per
indossare quelle di Turillo Scarola, gli stessi, oltre a quelli già
elencati, che spinsero Eduardo De Filippo a vestirne i panni negli
allestimenti della commedia da lui diretti a assegnando al figlio Luca il
ruolo di Felice Sciosciammocca, a partire dal libero adattamento andato in
scena al Teatro San Ferdinando nel ciclo scarpettiano del 1975, insieme a
Lu curaggio de nu pompiere napulitano, Li nepute de lu sinneco,
Na santarella.
Mario Scarpetta nipote di Vincenzo
Scarpetta, da oltre venticinque anni porta avanti la tradizione di famiglia.
Dopo la gavetta alla scuola di
Eduardo, iniziata proprio in quel 1975 sopra citato, nei panni di
Pasquale Guerra ne' Li nepute de lu sinneco (registrata in
televisione con Eduardo), e continuata poi con lo stesso Tuono di Marzo,
Uomo e galantuomo e altri capolavori, al fianco di attori del
calibro di Isa Danieli, Nino Formicola, Nunzia Fumo, Luca De Filippo,
Gennarino Palumbo fonda sua compagnia teatrale, legata al repertorio
scarpettiano, da lui rivisto abilmente nel linguaggio ormai non più
proponibile ad uno spettatore d'oggi che non comprenderebbe appieno il
significato di taluni termini e ambientazioni dell'800.
In questo ennesimo allestimento del
capolavoro scarpettiano non possiamo non riconoscere la coerenza da lui
mantenuta nelle scelte sceniche, sia nellinterpretazione che nella regia,
con le posizioni assunte allinizio della sua carriera di capocomico e
cogliere appieno lattualità che i lavori scarpettiani possono assumere
grazie a riletture compiute nel pieno ossequio alla tradizione.
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