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Nuova Rivista Cimmeria

 Filosofia Italiana

 

 

Conferenza sulla Magia

di Vincenzo Giarritiello

 

Ai giorni nostri può parere anacronistico parlare di magia. Eppure, sfogliando quotidiani e periodici; sintonizzando il televisore su una qualsiasi emittente, pubblica o privata; digitando in un motore di ricerca d’internet il termine magia, resteremmo sorpresi di quanto sia vasto e attuale l’argomento benché l’uomo, dopo aver sondato ogni remoto angolo della terra, aver raggiunto traguardi scientifici e tecnologici impensabili fino a vent’anni fa, si appresti a colonizzare lo spazio.

Di origine persiana, la parola mago significa “partecipe del dono” - il mago è il mezzo attraverso cui il potere divino si manifesta in maniera che l’opera creativa non abbia fine.

L’origine persiana del vocabolo magia è attestata, tra gli altri, da Apuleio nella sua opera intitolata DELLA MAGIA, scritta per difendersi dall’accusa mossagli contro di stregoneria, il poeta nel capitolo XXV afferma: “Siccome io leggo in numerosi autori, mago è nella lingua dei persiani quello che è da noi il sacerdote; e allora qual delitto è dopo tutto essere sacerdote, avere la scienza, la pratica delle ordinanze rituali, dei precetti della religione, delle regole del culto?Questa è almeno la definizione che Platone dà della magia quando ricorda con quali discipline i persiani educhino al regno il giovane principe. Ho nella memoria le parole di quell’uomo divino: <<All’età di quattordici anni lo ricevono quelli chiamati regi pedagoghi. Sono scelti tra i persiani i quattro ritenuti migliori, di età matura: il più saggio, il più giusto, il più temperante, il più coraggioso>>”.

Considerata la funzione di mediatore tra il mondo degli uomini e quello divino che il mago dovrebbe svolgere, è ovvio che un ruolo di tale responsabilità non potrebbe che essere ricoperto da chi possiede un’elevata coscienza, totalmente avulsa da meri fini materialistici, disinteressatamente tesa al bene dell’umanità, in possesso di una profonda conoscenza delle leggi naturali e fisiche, come afferma Eliphas Levi, un occultista francese dell’ottocento, il quale a riguardo scrive “La magia non potrebbe essere messa in pratica da chi non la conosce e del resto non dipende da quelli che credono riconoscerla in questo o quello; è quello che è di per se stessa come la matematica, perché è la scienza esatta ed assoluta della natura e delle sue leggi. Essa dà allo spirito umano uno strumento di certezza filosofica e religiosa come la matematica, rendendo ragione dell’infallibilità della matematica stessa.”

Al vocabolo magia il Dizionario Della Lingua Italiana di Alessandro Niccoli attribuisce la presente definizione: La dottrina degli antichi magi persiani. La pretesa arte di compiere cose meravigliose o con l’ausilio di potenze soprannaturali (magia nera), o servendosi delle forze occulte della natura (magia Bianca). Una spiegazione alquanto semplicistica e restrittiva, ma mai come quella utilizzata comunemente da molti, che con il termine magia nera identificano tutti quei rituali e operazioni magiche atte ad offendere il prossimo, mentre con magia bianca intendono riferirsi a tutto ciò che servirebbe a difendersi dalla magia nera.

Eppure entrambe le definizioni evidenziano l’atteggiamento di superficialità e sufficienza, tipico di coloro che si avvicinano alla magia senza chiedersi se ciò che i suoi adepti designano arte regale, sia accessibile a tutti; affascinati dal potere di suggestione esercitato dal mago sugli uomini; attratti dalla possibilità di arricchirsi ai danni di chi, incapace di affermare la propria personalità, riconosce nel presunto mago il mezzo estremo per raggiungere l’agognato successo nella vita pagando fior di quattrini. Oppure qualcosa di serio, da prendersi con le dovute precauzioni.

All’inizio della nostra discussione accennavo a presunte pratiche che consentirebbero all’operatore di porsi in contatto con le entità soprannaturali, e asservirle alla propria volontà. E’ ovvio che le operazioni alle quali ci riferiamo sono quelle tecnicamente dette rituali, la cui funzione consisterebbe nel calamitare nel nostro mondo, attraverso una serie d’azioni utilizzanti simboli di varia natura quali colori, suoni, profumi, parole, abiti particolari, le presunte entità ultraterrene preposte alla realizzazione dell’oggetto per il quale si è allestito il rito. Esse, riconoscendosi nell’allestimento simbolico si manifesterebbero.

Sembra che per ogni azione compiuta dall’uomo, esistano entità connesse alla realizzazione dell’azione che, se invocate nel modo giusto, interverranno garantendo l’esito felice della questione.  Se davvero così fosse, basterebbe dunque munirsi di un testo per le invocazioni magiche; purificare e allestire con simboli adeguati l’ambiente in cui si opererà; pronunciare correttamente le formule di invocazione e, voilà, il gioco è fatto.

Se tutto ciò fosse possibile, è pur vero che vi sarebbe un prezzo da pagare; un prezzo tanto costoso che, se fosse noto a coloro che si cimentano imprudentemente in queste pratiche, senza preoccuparsi di studiare approfonditamente la teoria di ciò che Apuleio definisce filosofia, si asterrebbero da tali esperienze la cui realizzazione spesso prevede sacrifici animali o, peggio, umani. Tale prezzo consisterebbe nella vita dell’operatore e delle persone a lui care…

Probabilmente qualcuno avrà sussultato udendo ciò, viceversa altri avranno trattenuto l’ilarità, ritenendo che stiamo parlando di semplici sciocchezze. A questi ultimi rispondo che, anche se fossero davvero scempiaggini, gli argomenti in discussione, la realtà, purtroppo, ci dimostra che tante, troppe persone, confidano in siffatte <<sciocchezze>>, in tal senso si vedano gli ultimi sviluppi sulle indagini relative ai delitti del mostro di Firenze - da cui sta emergendo che i delitti del mostro, attribuiti a Pacciani e ai suoi <<compagni di merenda>>, fossero loro commissionati da un gruppo di adepti di Satana, appartenenti all’alta società, i quali utilizzavano i macabri resti asportati ai cadaveri delle vittime per i loro squallidi riti. Oppure si ricordi quanto avvenne a Napoli agli inizi della scorsa primavera, dove al Vomero, nei pressi dello stadio “COLLANA”, fu scoperta e sgominata una setta i cui appartenenti, tutti noti professionisti, per inscenare le loro cerimonie, abusavano finanche dei figli di un loro adepto il quale già da tempo ne approfittava tra le pareti domestiche. Dicevamo, tante, troppe persone credono in siffatte questioni, giungendo a pagare somme esorbitanti a truffatori e criminali della peggiore specie, i quali, se soltanto possedessero un pizzico della tanta sbandierata spiritualità, mai svilirebbero ciò che propriamente è definito un magistero, un insegnamento autorevole, in argomento insulso e commerciabile, allo scopo di arricchirsi a danno di quanti, privi della forza necessaria per affrontare le avversità esistenziali, confidano nelle forze extraterrene invece che in se stessi. Non comprendendo che in questo modo, anziché affermarsi sugli altri arrecano nocumento solo a sé stessi…

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Gli occultisti sostengono che quando durante un rito si invocano le entità, perché a manifestarsi siano davvero delle entità di luce occorre che l’operatore possegga un’alta spiritualità, poiché esisterebbe un intimo legame tra la coscienza dell’operatore e la natura spirituale dell’entità che risponderebbe all’invocazione. Identificando nell’uomo il microcosmo, riflesso  del macrocosmo, l’universo e le sue leggi,  tale rapporto sarebbe regolato dalla legge delle analogie, espressa dal famoso assioma della TAVOLA SMERAGDINA di Ermete Trismegisto “Come è in basso, così è in alto; come è in alto, così è in basso. Questa è la verità perché si perpetui il miracolo della sacra unione”. Nel discorso Il Nous a Ermete, che compone uno dei capitoli del CORPUS HERMETICUM, raccolta di testi dell’antica tradizione egizia, ove il Nous (in greco intelletto), l’anima di Dio, rivolgendosi ad Ermete Trismegisto, afferma “Se dunque non ti rendi uguale a Dio, non potrai concepire Dio; solo il simile, infatti, è comprensibile per il simile”.

 

 

Nella Repubblica Platone afferma che “non ha senso recarsi alla fonte per attingere acqua pura se prima non ci si è preoccupati di purificare i vasi in cui raccoglierla”.

L’asserzione del grande filosofo deve fungere da ammonimento per quanti presuntuosamente e pretestuosamente si dedicano alle pratiche magiche.

Se fosse vero, come attestano i libri di magia, che ogni operazione magica deve essere preceduta da un periodo di purificazione corporea, in media quaranta giorni, in cui bisogna fare abluzioni più volte il giorno, ci si deve astenere dal mangiare carni animali, bere alcolici e avere rapporti carnali - è pur vero che, anche realizzando tali precetti, se l’operatore, prima di tutto, non si preoccupa di purificare la propria coscienza, può essere paragonato a chi si cura dell’aspetto, trascurando la qualità del pensiero essenziale per la purezza dell’interiorità, come afferma, tra gli altri, Platone, il quale in un passo del Fedone, parlando dell’immortalità dell’anima, a un certo punto dice: “poiché è apparso chiaro che l’anima è immortale, non vi potrebbe essere per essa nessuna fuga dai mali, né salvezza, eccetto il fatto di divenire          la migliore e la più assennata possibile. Giacché nulla ha con sé l’anima quando giunge nell’Ade, se non la propria educazione e condotta di vita”.

Se anteporre alla cura del pensiero quella dell’apparenza è d’uso nella nostra società, lo stesso non accade in ambito magico laddove, proponendosi di realizzare l’unione spirituale tra l’uomo e Dio, il vaso cui Platone si riferisce è l’operatore, mentre l’acqua quell’energia creativa che gli occultisti chiamano materia astrale, plasmabile dalla volontà dell’operatore, di per sé neutra, ossia né buona né cattiva…

In tal senso immaginatevi di raccogliere dell’acqua in un contenitore di vetro: essa assumerà il colore dell’ambiente che vi si riflette. Inoltre, se prima di operare ci si preoccupasse di erudirsi sul mondo ultrasensibile, senza lanciarsi in operazioni sconsiderate, col rischio di farsi seriamente del male, si comprenderebbe che, una volta superata l’esile barriera che separa il mondo fisico da quello ultrasensibile, prima di giungere al piano di luce, residenza delle presunte entità più prossime a Dio, esisterebbero piani intermedi la cui densità di costituzione si assottiglia man mano che ci si avvicina a quello divino. A riguardo, gli occultisti sostengono che ognuno di questi piani sarebbe abitato da entità la cui natura spirituale rifletterebbe la densità del piano stesso, ritrovando il corrispettivo analogico sul piano terrestre nella coscienza degli uomini.

Presupponendo che davvero il rapporto tra le entità dei piani ultrasensibili e gli uomini fosse regolato dalla qualità della coscienza dell’operatore fungente da polo d'attrazione verso entità della stessa natura, essendo invocate per la finalizzazione di una questione attinente al piano materiale, le entità che rispondessero alle invocazioni tacitamente attesterebbero di possedere un livello di spiritualità assolutamente materialistico. Poiché qualunque religione o filosofia stabilisce, dogmaticamente, il distacco dalla materia quale condizione indispensabile perché l’uomo intraprenda il cammino verso la Verità, s’intuisce che le entità che si manifesterebbero saranno loro stesse dotate di bassa spiritualità, lontanissime dal piano divino. 

Paradossalmente le presunte intercessioni di entità ultraterrene nelle vicende umane, ritenute dagli uomini benefiche perché appagherebbero il loro egoismo, devono considerarsi funeste giacché, se offrissero davvero all’uomo la possibilità di realizzare i propri desideri senza alcuno sforzo, lo allontanerebbero sempre più dalla verità, poiché le presunte pratiche magiche tendono ad alterare l’equilibrio che governa la creazione.

Se davvero agli occhi di Dio siamo tutti uguali, non vi sembra che il presunto dio che rispondesse alle nostre invocazioni e sacrifici sia un dio fittizio; un dio che fa distinzione tra le proprie creature, favorendo gli uni a scapito degli altri? Quale dio agirebbe così se non un dio che si pasci e nutra di egoismo; un dio che si diverte ad alimentare le differenze e l’odio tra gli uomini; un dio che considera l’apparenza superiore alla sostanza; quale dio approverebbe tutto ciò se non un dio legato alla materia; un dio che non sia un vero dio bensì un demone della peggiore specie?

 

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Altro vocabolo simile per assonanza ad invocazione è evocazione, utilizzato dallo spiritismo per indicare la chiamata dell’anima di un trapassato dall’aldilà.

Tante sono le persone che si affidano a questa pratica.

Evocare i defunti, premesso sia davvero possibile ciò, non solo impedirebbe al trapassato di ritardare il suo incontro con la luce, ma lo costringerebbe a patire una realtà che non gli appartiene. Se la gente fosse davvero cosciente del danno che arreca ai morti evocandoli, malgrado tante anime, interrogate in merito, asserirebbero il contrario, non soltanto se ne asterrebbero, ma, seguendo quanto suggeriscono le religioni, pregherebbero per loro affinché recidano l’esile cordone che ancora le lega al mondo materiale, accettando serenamente la nuova realtà cui appartengono incamminandosi verso di essa.

Tralasciando l’eventualità che davvero si possano evocare i morti per dialogare con loro, vi è un altro aspetto da ponderare, per non cadere vittime di quanti approfitterebbero della disperazione della gente dovuta alla scomparsa di una persona cara per plagiarla e defraudarla dei suoi averi ricambiandola con un’illusione.

Nonostante le reticenze della scienza ufficiale ad accettare la telepatia e la possibilità dell’uomo di poter spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero, aumentano sempre più studi in merito ad attestare ciò.

In tal senso, per quanto concerne la probabile apparizione di un’anima durante una seduta spiritica ci sono due aspetti da considerare: il primo che chi si spaccia per medium abbia forti capacità telepatiche.

E’ ovvio che a qualunque domanda poniamo alla quale deve corrispondere una risposta specifica associamo mentalmente la risposta possibile.

Partendo da tale premessa, supponiamo di rivolgerci ad un medium per evocare un defunto: allorché il medium affermerà che l’anima è tra noi, per essere certi che si tratti davvero di lei siamo invitati a porre una domanda di riconoscimento. Ascoltando dalla voce alterata del medium in trance; leggendo su di un foglio coniato per tele-scrittura; osservando lo spostamento di un oggetto sulle lettere dell’alfabeto disposte a cerchio sul tavolo tracciare la risposta suggerita mentalmente allorché ponevamo la domanda, siamo sicuri che l’anima presente è quella desiderata.

Siamo talmente schiavi dei nostri sentimentalismi che ci sfugge l’eventualità concreta che la risposta da noi indotta col pensiero allorché ponevamo la domanda– “se è lei, deve rispondere cosi…” - sia stata captata da chi ci sta di fronte. Se avessimo la fermezza di tenere a freno il cuore e ragionare in questi termini, non escluderemmo che il presunto medium abbia <<semplicemente>> letto nella nostra mente quanto desideravamo sentirci rispondere, trasmettendoci la convinzione di essere in contatto con l’aldilà. Essendo tanto grande il nostro egoismo, in lui riconosciamo il veicolo che ci permette di proseguire un ideale rapporto con chi non è più, e senza esitazioni siamo disposti a dilapidare delle vere e proprie fortune pur di legare a noi i morti!

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Presumendo possibile la comunicazione con l’altro mondo, l’altra possibilità da considerare è come si può essere certi che l’anima che risponde all’evocazione sia davvero quella evocata e non una diversa; uno spirito burlone o, peggio, una larva, come si definiscono in gergo quelle entità che abiterebbero il mondo astrale, dotate di una bassissima spiritualità, vaganti ai confini tra l’altro mondo e il nostro confidando nell’apertura di un varco tra i due per catapultarsi in questo mondo per appagare la loro natura materialista?

Gli occultisti asseriscono che le anime disincarnate, libere dai vincoli corporali, per comunicare tra loro non avrebbero bisogno della voce bensì di un veicolo leggero rappresentato dal pensiero. Se davvero così fosse, dunque, al momento che si materializzerebbero nell’ambito di una seduta, alla stregua di un telepate esse sarebbero in grado di captare le risposte mentali relative alle domande di riconoscimento e, servendosi del medium, inscenare una vera e propria conversazione con i presenti…

Come abbiamo ripetuto più volte la coscienza degli uomini attirerebbe in questo mondo le entità spirituali a seconda del grado di spiritualità. Nel campo dello spiritismo il rapporto tra il mondo reale e quello dell’aldilà sarebbe dunque regolato dal livello di spiritualità del medium.

Ma chiunque si spacci per medium, anche animato dalle migliori intenzioni, non sarà mai un’alta spiritualità; se cerca di comunicare con i morti, consapevole che ciò contrasta l’equilibrio naturale sancito dalla volontà divina, e che così facendo danneggia l’anima del defunto, legandola a una realtà che non le appartiene, mettendo a rischio se stessi e i convenuti alla seduta.

Allo stesso modo un’anima che rispondesse a un’evocazione tacitamente attesterebbe di essere dotata di bassa spiritualità, dimostrando in tal senso d'essere ancora legata alla materia. Essa sfrutta il varco, creato dalla catena dei presenti sotto l’egida del medium, per continuare a vivere una realtà che non le appartiene, ma alla quale si sente fortemente attratta dall’istintività materiale di cui è schiava.

Allorché si producesse un varco tra il nostro e l’altro mondo, bastasse il  piattino per far accadere un simile evento, molte sono le anime o entità che potrebbero convergere in quel punto per cercare di immettersi nuovamente nel mondo materiale.

L’anima che riuscisse a superare il varco, trovandosi nuovamente nel mondo materiale, animata da un forte egoismo, rispondendo come si conviene alle domande cui è sottoposta, captando telepaticamente le risposte suggeritegli inconsciamente col pensiero dai partecipanti, non trovando ostacoli che la ricaccino nuovamente nell’altro mondo, bensì trattenuta dall’entusiasmo degli astanti, esultanti per l’avvenuto contatto, si adopererebbe per trovare tra loro un individuo dalla coscienza debole onde impossessarsi del suo corpo e ritornare a vivere attraverso esso quella vita materiale a cui è tanto legata, causandogli gravi disturbi psichici e fisici, generando un conflitto con l’anima del disgraziato, che irrimediabilmente lo condurrà alla follia e alla morte.

Quante persone ignare, schiave dei propri sentimenti e della propria prosopopea, pongono in serio pericolo se stesse e gli altri, unicamente perché incapaci di accettare la morte quale realtà imprescindibile della vita.

Fin dall’antichità iconograficamente la morte è ritratta con una falce stretta nella mano, oppure con una clessidra, entrambi oggetti connessi alla scansione del tempo. Attraverso il linguaggio dei simboli tanto caro agli iniziati, associare questi due oggetti con la morte significherebbe riconoscere la morte quale realtà regolata dal tempo, a cui nulla e nessuno può sfuggire allorché è giunta la sua ora.

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Secondo quanto abbiamo fin qui detto, si evince che il motivo che spinge l’uomo verso presunte realtà alternative è l’irrefrenabile bisogno di affermarsi ad ogni costo nella vita; la necessità di trovare un appiglio alle proprie speranze; il bisogno di scacciare le infinite incertezze esistenziali; l’incapacità di accettare il bene e il male, la vita e la morte realtà inseparabili come il bianco e il nero, il giorno e la notte, il cui alternarsi è regolato dall’equilibrio naturale.

A riguardo, nel Fedone, Platone partendo dal presupposto che in natura ad ogni cosa corrisponde un opposto che lo fuga, dichiara che “l’anima non potrà mai accogliere il contrario di quel che essa porta”: “quando la morte sopraggiunge all’uomo, quel che è mortale come pare di lui se ne muore, ma quel che è immortale si allontana salvo e incorrotto, ritirandosi davanti alla morte”. Concetto riconducibile al dialogo tra Nicodemo e Gesù riproposto nel Vangelo di Giovanni 3, 3-6, dove, al dubbio di Nicodemo che mai un uomo possa rinascere una seconda volta, Gesù afferma, “quel che è nato da carne è carne, quel che è nato da Spirito è Spirito”.

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Altro tipo di magia è quella bianca che molti considerano mera azione di difesa dagli attacchi di chi opera in magia nera.

In realtà essa consisterebbe nell’operare affinché l’equilibrio universale che regola il cosmo, e il rapporto tra le creature che lo animano, non subisca squilibri. E, nel caso ve ne fossero, agire per ripristinare l’equilibrio originario.

Infatti, Il raggiungimento e il mantenimento dell’equilibrio naturale è il fondamento che regola il cosmo.

Considerando che il mago nero tende ad alterare l’equilibrio universale per affermare il proprio egoismo, l’unica azione difensiva dai suoi attacchi consiste nel raggiungimento di un forte equilibrio interiore.

A riguardo, è importante riferire un passo della vita del filosofo neoplatonico Plotino raccontata dal suo discepolo Porfirio, riproposto da più di un autore di magia pratica per erudire i profani su come difendersi dai praticanti presunti malefici: <<Tra coloro che praticavano la professione di filosofi ce n’era uno di nome Olimpio di Alessandria; per un certo tempo era stato discepolo di Ammonio, trattava Plotino con disprezzo perché voleva avere più fama di lui e usò malefici per nuocergli; ma si accorse che tali azioni gli ricadevano addosso e disse ad alcuni amici presenti che l’anima di Plotino doveva essere tanto potente da ritorcere sui nemici le loro cattive azioni.>> 

L’equilibrio interiore è l’unica vera forza di cui l’essere umano dispone per fronteggiare qualunque male. Del resto, finanche la scienza conviene che l’approccio mentale <<positivo>> da parte del malato nei confronti del proprio male è fondamentale per agevolare la guarigione. Addirittura c’è chi sostiene che molte guarigioni di mali incurabili, inspiegabili per la scienza ufficiale, riconosciute come miracoli, più che attribuirsi a un intervento divino, siano conseguenza di una forte suggestione mentale subita dal malato al punto da riattivare in lui inconsciamente quelle forze sopite nell’uomo le quali, se attive, gli consentirebbero di compiere dei veri e propri prodigi tanto da apparire un dio.

Si valuti l’alta considerazione che gli antichi riservavano alla magia.

Anticamente, gli iniziati si trasmettevano oralmente le conoscenze assicurandosi l’inaccessibilità al sacro di chi, non possedendo le necessarie qualità spirituali, messo a conoscenza dei sacri misteri, n’avrebbe profanato la natura divina diffondendoli al volgo ignorante e superstizioso.

Molte persone dedite alla magia apertamente dimostrano una scarsa alfabetizzazione tanto da avere difficoltà a leggere, interpretare e comunicare nel loro idioma.

Poiché i testi magici riportano trascritte quelle frasi, parole, nomi e ideogrammi che gli iniziati si comunicavano a voce per serbarne la purezza, risalenti a un passato più antico dell’epoca evangelica; pur ammettendo che tali rituali non abbiano subito manomissioni durante la trasposizione su carta, e che, a loro volta, tali testi non siano stati oggetto di manipolazioni da parte degli amanuensi durante le copie e traduzioni che subirono allorché furono trasposti dalla loro lingua madre in greco, latino, fino ad essere convertite nei vari idiomi nazionali che, nel corso del tempo, hanno subito varie modificazioni e aggiornamenti, c’è da chiedersi come possono coloro con evidenti difficoltà a comunicare nella loro lingua madre, arrogarsi il diritto di leggere, interpretare e pronunciare correttamente quanto risale a un passato a loro del tutto avulso? E, anche ammettendo che esistano davvero persone capaci di comprendere correttamente testi di origine persiana, caldea, egizia, ebraica, celtica, latina e altre antiche lingue, sorge il problema inerente l’esatta modulazione con cui pronunciarli perché il rito volga a buon fine. Tanti sanno leggere lo spartito, eppure a chi è pratico di musica basta ascoltare poche note di un brano per valutare se lo spartito è correttamente eseguito e quindi se chi suona è davvero un bravo musicista...

Nel discorso “Definizione di Asclepio al re Ammone” che compone il capitolo XV del Corpus Hermeticum, Asclepio, discepolo di Ermete, afferma: “Ermete, mio maestro, soleva dirmi che coloro che leggeranno i miei libri ne troveranno la composizione semplicissima e chiara, mentre, al contrario, essa è oscura e nasconde il senso delle parole. Inoltre diventerà totalmente oscura, quando i greci vorranno tradurre la nostra lingua nella loro”, ciò produce un gravissimo stravolgimento degli scritti e la loro reale oscurità. Espresso invece nella lingua originale, il discorso mantiene chiaro il senso delle parole, poiché la qualità sonora e l’intonazione delle parole egizie ha in sé l’energia di ciò che viene detto.

E’ dunque chiaro che se pur fosse possibile, attraverso la pronuncia e la realizzazione di segni magici, invocare forze ultraterrene, storpiandone l’esatta pronuncia e trascrizione originaria non si otterrebbe assolutamente nulla, o, peggio, si attirerebbero a sé forze totalmente diverse da quelle che originariamente si volevano invocare, ottenendo risultati ovviamente diversi da quelli intenzionali.

Vi apparirà pura retorica, ma, anziché adoperarci nel fronteggiare le avversità della vita con l’ausilio di immagini, amuleti, rituali, preghiere per chiedere l’aiuto di forze ultraterrene nelle nostre vicende di uomini, sarebbe il caso cercassimo di capire quel che realmente siamo, adoperandoci per lasciare un’impronta edificante ai posteri affinché, seguendola, possano proseguire con passo fermo e deciso nel loro cammino d’uomini.

 

Cosi recita l’inizio del VII capitolo del CORPUS HERMETICUM.

Dove correte, o uomini, ubriachi per aver tracannato puro il vino dell’ignoranza, sì che nemmeno potete sopportarlo, e già lo state vomitando? Tornate sobri, smettetela! Alzate lo sguardo con gli occhi del cuore, e se non tutti voi potete, lo facciano almeno quelli che possono. Giacché il male dell’ignoranza sommerge tutta la terra e rovina l’anima imprigionata nel corpo, senza lasciarla approdare al porto della salvezza”.

Reputo sia questa l’unica, vera magia che compete all’uomo: impariamo a praticarla!