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Conferenza sulla Magia
di Vincenzo Giarritiello
Ai
giorni nostri può parere anacronistico parlare di magia. Eppure, sfogliando
quotidiani e periodici; sintonizzando il televisore su una qualsiasi emittente,
pubblica o privata; digitando in un motore di ricerca d’internet il termine
magia, resteremmo sorpresi di quanto
sia vasto e attuale l’argomento benché l’uomo, dopo aver sondato ogni
remoto angolo della terra, aver raggiunto traguardi scientifici e tecnologici
impensabili fino a vent’anni fa, si appresti a colonizzare lo spazio.
Di
origine persiana, la parola mago significa “partecipe del dono” - il mago
è il mezzo attraverso cui il potere divino si manifesta in maniera che
l’opera creativa non abbia fine.
L’origine persiana del vocabolo magia è attestata, tra gli altri, da
Apuleio nella sua opera intitolata DELLA MAGIA, scritta per difendersi
dall’accusa mossagli contro di stregoneria, il poeta nel capitolo XXV
afferma: “Siccome io leggo
in numerosi autori, mago è nella lingua dei persiani quello che è da noi
il sacerdote; e allora qual delitto è dopo tutto essere sacerdote, avere
la scienza, la pratica delle ordinanze rituali, dei precetti della religione,
delle regole del culto?Questa è almeno la definizione che Platone dà della
magia quando ricorda con quali discipline i persiani educhino al regno
il giovane principe. Ho nella memoria le parole di quell’uomo divino:
<<All’età di quattordici anni lo ricevono quelli chiamati regi pedagoghi.
Sono scelti tra i persiani i quattro ritenuti migliori, di età matura:
il più saggio, il più giusto, il più temperante, il più coraggioso>>”.
Considerata
la funzione di mediatore tra il mondo degli uomini e quello divino che
il mago dovrebbe svolgere, è ovvio che un ruolo di tale responsabilità
non potrebbe che essere ricoperto da chi possiede un’elevata coscienza,
totalmente avulsa da meri fini materialistici, disinteressatamente tesa
al bene dell’umanità, in possesso di una profonda conoscenza delle leggi
naturali e fisiche, come afferma Eliphas Levi, un occultista francese
dell’ottocento, il quale a riguardo scrive “La
magia non potrebbe essere messa in pratica da chi non la conosce e del
resto non dipende da quelli che credono riconoscerla in questo o quello;
è quello che è di per se stessa come la matematica, perché è la scienza
esatta ed assoluta della natura e delle sue leggi. Essa dà allo spirito
umano uno strumento di certezza filosofica e religiosa come la matematica,
rendendo ragione dell’infallibilità della matematica stessa.”
Al vocabolo magia il Dizionario Della Lingua Italiana di Alessandro Niccoli attribuisce
la presente definizione: La
dottrina degli antichi magi persiani. La pretesa arte di compiere cose
meravigliose o con l’ausilio di potenze soprannaturali (magia nera), o
servendosi delle forze occulte della natura (magia Bianca). Una
spiegazione alquanto semplicistica e restrittiva, ma mai come quella utilizzata
comunemente da molti, che con il termine magia nera identificano tutti quei rituali e operazioni magiche
atte ad offendere il prossimo, mentre con magia bianca intendono riferirsi a tutto ciò che servirebbe a
difendersi dalla magia nera.
Eppure entrambe le definizioni evidenziano l’atteggiamento
di superficialità e sufficienza, tipico di coloro che si avvicinano alla
magia senza chiedersi se ciò che i suoi adepti designano arte regale, sia accessibile a tutti;
affascinati dal potere di suggestione esercitato dal mago sugli uomini;
attratti dalla possibilità di arricchirsi ai danni di chi, incapace di
affermare la propria personalità, riconosce nel presunto mago il mezzo
estremo per raggiungere l’agognato successo nella vita pagando fior di
quattrini. Oppure qualcosa di serio, da prendersi con le dovute precauzioni.
All’inizio della nostra discussione accennavo
a presunte pratiche che consentirebbero all’operatore di porsi in contatto
con le entità soprannaturali, e asservirle alla propria volontà. E’ ovvio
che le operazioni alle quali ci riferiamo sono quelle tecnicamente dette
rituali, la cui funzione consisterebbe
nel calamitare nel nostro mondo, attraverso una serie d’azioni utilizzanti
simboli di varia natura quali colori, suoni, profumi, parole, abiti particolari,
le presunte entità ultraterrene preposte alla realizzazione dell’oggetto
per il quale si è allestito il rito. Esse, riconoscendosi nell’allestimento
simbolico si manifesterebbero.
Sembra che per ogni azione compiuta dall’uomo,
esistano entità connesse alla realizzazione dell’azione che, se invocate
nel modo giusto, interverranno garantendo l’esito felice della questione.
Se davvero così fosse, basterebbe dunque munirsi di un testo per
le invocazioni magiche; purificare e allestire con simboli adeguati l’ambiente
in cui si opererà; pronunciare correttamente le formule di invocazione
e, voilà, il gioco è fatto.
Se tutto ciò fosse possibile, è pur vero che
vi sarebbe un prezzo da pagare; un prezzo tanto costoso che, se fosse
noto a coloro che si cimentano imprudentemente in queste pratiche, senza
preoccuparsi di studiare approfonditamente la teoria di ciò che Apuleio
definisce filosofia, si asterrebbero da tali esperienze la cui realizzazione
spesso prevede sacrifici animali o, peggio, umani. Tale prezzo consisterebbe
nella vita dell’operatore e delle persone a lui care…
Probabilmente qualcuno avrà sussultato udendo
ciò, viceversa altri avranno trattenuto l’ilarità, ritenendo che stiamo
parlando di semplici sciocchezze. A questi ultimi rispondo che, anche
se fossero davvero scempiaggini, gli argomenti in discussione, la realtà,
purtroppo, ci dimostra che tante, troppe persone, confidano in siffatte
<<sciocchezze>>, in tal senso si vedano gli ultimi sviluppi
sulle indagini relative ai delitti del mostro di Firenze - da cui sta
emergendo che i delitti del mostro, attribuiti a Pacciani e ai suoi <<compagni
di merenda>>, fossero loro commissionati da un gruppo di adepti
di Satana, appartenenti all’alta società, i quali utilizzavano i macabri
resti asportati ai cadaveri delle vittime per i loro squallidi riti. Oppure
si ricordi quanto avvenne a Napoli agli inizi della scorsa primavera,
dove al Vomero, nei pressi dello stadio “COLLANA”, fu scoperta e sgominata
una setta i cui appartenenti, tutti noti professionisti, per inscenare
le loro cerimonie, abusavano finanche dei figli di un loro adepto il quale
già da tempo ne approfittava tra le pareti domestiche. Dicevamo, tante,
troppe persone credono in siffatte questioni, giungendo a pagare somme
esorbitanti a truffatori e criminali della peggiore specie, i quali, se
soltanto possedessero un pizzico della tanta sbandierata spiritualità,
mai svilirebbero ciò che propriamente è definito un magistero, un insegnamento autorevole, in argomento insulso e
commerciabile, allo scopo di arricchirsi a danno di quanti, privi della
forza necessaria per affrontare le avversità esistenziali, confidano nelle
forze extraterrene invece che in se stessi. Non comprendendo che in questo
modo, anziché affermarsi sugli altri arrecano nocumento solo a sé stessi…
*
Gli occultisti sostengono che quando durante
un rito si invocano le entità, perché a manifestarsi siano davvero delle
entità di luce occorre che l’operatore possegga un’alta spiritualità,
poiché esisterebbe un intimo legame tra la coscienza dell’operatore e
la natura spirituale dell’entità che risponderebbe all’invocazione. Identificando
nell’uomo il microcosmo, riflesso del macrocosmo,
l’universo e le sue leggi, tale rapporto sarebbe regolato dalla legge delle
analogie, espressa dal famoso assioma della TAVOLA SMERAGDINA di Ermete
Trismegisto “Come è in basso,
così è in alto; come è in alto, così è in basso. Questa è la verità perché
si perpetui il miracolo della sacra unione”. Nel discorso Il Nous a Ermete, che
compone uno dei capitoli del CORPUS
HERMETICUM, raccolta di testi dell’antica tradizione egizia, ove
il Nous (in greco intelletto), l’anima di Dio, rivolgendosi ad Ermete
Trismegisto, afferma “Se dunque
non ti rendi uguale a Dio, non potrai concepire Dio; solo il simile, infatti,
è comprensibile per il simile”.
Nella Repubblica Platone afferma che “non
ha senso recarsi alla fonte per attingere acqua pura se prima non ci si
è preoccupati di purificare i vasi in cui raccoglierla”.
L’asserzione del grande filosofo deve fungere
da ammonimento per quanti presuntuosamente e pretestuosamente si dedicano
alle pratiche magiche.
Se fosse vero, come attestano i libri di magia,
che ogni operazione magica deve essere preceduta da un periodo di purificazione
corporea, in media quaranta giorni, in cui bisogna fare abluzioni più
volte il giorno, ci si deve astenere dal mangiare carni animali, bere
alcolici e avere rapporti carnali - è pur vero che, anche realizzando
tali precetti, se l’operatore, prima di tutto, non si preoccupa di purificare
la propria coscienza, può essere paragonato a chi si cura dell’aspetto,
trascurando la qualità del pensiero essenziale per la purezza dell’interiorità,
come afferma, tra gli altri, Platone, il quale in un passo del Fedone,
parlando dell’immortalità dell’anima, a un certo punto dice: “poiché è apparso chiaro che l’anima è immortale,
non vi potrebbe essere per essa nessuna fuga dai mali, né salvezza, eccetto
il fatto di divenire la
migliore e la più assennata possibile. Giacché nulla ha con sé l’anima
quando giunge nell’Ade, se non la propria educazione e condotta di vita”.
Se anteporre alla cura del pensiero quella dell’apparenza
è d’uso nella nostra società, lo stesso non accade in ambito magico laddove,
proponendosi di realizzare l’unione spirituale tra l’uomo e Dio, il vaso
cui Platone si riferisce è l’operatore, mentre l’acqua quell’energia creativa
che gli occultisti chiamano materia astrale, plasmabile dalla volontà
dell’operatore, di per sé neutra, ossia né buona né cattiva…
In tal senso immaginatevi di raccogliere dell’acqua
in un contenitore di vetro: essa assumerà il colore dell’ambiente che
vi si riflette. Inoltre, se prima di operare ci si preoccupasse di erudirsi
sul mondo ultrasensibile, senza lanciarsi in operazioni sconsiderate,
col rischio di farsi seriamente del male, si comprenderebbe che, una volta
superata l’esile barriera che separa il mondo fisico da quello ultrasensibile,
prima di giungere al piano di luce, residenza delle presunte entità più
prossime a Dio, esisterebbero piani intermedi la cui densità di costituzione
si assottiglia man mano che ci si avvicina a quello divino. A riguardo,
gli occultisti sostengono che ognuno di questi piani sarebbe abitato da
entità la cui natura spirituale rifletterebbe la densità del piano stesso,
ritrovando il corrispettivo analogico sul piano terrestre nella coscienza
degli uomini.
Presupponendo che davvero il rapporto tra le
entità dei piani ultrasensibili e gli uomini fosse regolato dalla qualità
della coscienza dell’operatore fungente da polo d'attrazione verso entità
della stessa natura, essendo invocate per la finalizzazione di una questione
attinente al piano materiale, le entità che rispondessero alle invocazioni
tacitamente attesterebbero di possedere un livello di spiritualità assolutamente
materialistico. Poiché qualunque religione o filosofia stabilisce, dogmaticamente,
il distacco dalla materia quale condizione indispensabile perché l’uomo
intraprenda il cammino verso la Verità, s’intuisce che le entità che si
manifesterebbero saranno loro stesse dotate di bassa spiritualità, lontanissime
dal piano divino.
Paradossalmente le presunte intercessioni di
entità ultraterrene nelle vicende umane, ritenute dagli uomini benefiche
perché appagherebbero il loro egoismo, devono considerarsi funeste giacché,
se offrissero davvero all’uomo la possibilità di realizzare i propri desideri
senza alcuno sforzo, lo allontanerebbero sempre più dalla verità, poiché
le presunte pratiche magiche tendono ad alterare l’equilibrio che governa
la creazione.
Se davvero agli occhi di Dio siamo tutti uguali,
non vi sembra che il presunto dio che rispondesse alle nostre invocazioni
e sacrifici sia un dio fittizio; un dio che fa distinzione tra le proprie
creature, favorendo gli uni a scapito degli altri? Quale dio agirebbe
così se non un dio che si pasci e nutra di egoismo; un dio che si diverte
ad alimentare le differenze e l’odio tra gli uomini; un dio che considera
l’apparenza superiore alla sostanza; quale dio approverebbe tutto ciò
se non un dio legato alla materia; un dio che non sia un vero dio bensì
un demone della peggiore specie?
*
Altro vocabolo simile per assonanza ad invocazione
è evocazione, utilizzato dallo spiritismo per indicare la chiamata
dell’anima di un trapassato dall’aldilà.
Tante sono le persone che si affidano a questa
pratica.
Evocare i defunti, premesso sia davvero possibile
ciò, non solo impedirebbe al trapassato di ritardare il suo incontro con
la luce, ma lo costringerebbe a patire una realtà che non gli appartiene.
Se la gente fosse davvero cosciente del danno che arreca ai morti evocandoli,
malgrado tante anime, interrogate in merito, asserirebbero il contrario,
non soltanto se ne asterrebbero, ma, seguendo quanto suggeriscono le religioni,
pregherebbero per loro affinché recidano l’esile cordone che ancora le
lega al mondo materiale, accettando serenamente la nuova realtà cui appartengono
incamminandosi verso di essa.
Tralasciando
l’eventualità che davvero si possano evocare i morti per dialogare con
loro, vi è un altro aspetto da ponderare, per non cadere vittime di quanti
approfitterebbero della disperazione della gente dovuta alla scomparsa
di una persona cara per plagiarla e defraudarla dei suoi averi ricambiandola
con un’illusione.
Nonostante le reticenze della scienza ufficiale
ad accettare la telepatia e la possibilità dell’uomo di poter spostare
gli oggetti con la sola forza del pensiero, aumentano sempre più studi
in merito ad attestare ciò.
In tal senso, per quanto concerne la probabile
apparizione di un’anima durante una seduta spiritica ci sono due aspetti
da considerare: il primo che chi si spaccia per medium abbia forti capacità
telepatiche.
E’ ovvio che a qualunque domanda poniamo alla
quale deve corrispondere una risposta specifica associamo mentalmente
la risposta possibile.
Partendo da tale premessa, supponiamo di rivolgerci
ad un medium per evocare un defunto: allorché il medium affermerà che
l’anima è tra noi, per essere certi che si tratti davvero di lei siamo
invitati a porre una domanda di riconoscimento. Ascoltando dalla voce
alterata del medium in trance;
leggendo su di un foglio coniato per tele-scrittura; osservando lo spostamento
di un oggetto sulle lettere dell’alfabeto disposte a cerchio sul tavolo
tracciare la risposta suggerita mentalmente allorché ponevamo la domanda,
siamo sicuri che l’anima presente è quella desiderata.
Siamo talmente schiavi dei nostri sentimentalismi
che ci sfugge l’eventualità concreta che la risposta da noi indotta col
pensiero allorché ponevamo la domanda– “se è lei, deve rispondere cosi…”
- sia stata captata da chi ci sta di fronte. Se avessimo la fermezza di
tenere a freno il cuore e ragionare in questi termini, non escluderemmo
che il presunto medium abbia <<semplicemente>> letto nella
nostra mente quanto desideravamo sentirci rispondere, trasmettendoci la
convinzione di essere in contatto con l’aldilà. Essendo tanto grande il
nostro egoismo, in lui riconosciamo il veicolo che ci permette di proseguire
un ideale rapporto con chi non è più, e senza esitazioni siamo disposti
a dilapidare delle vere e proprie fortune pur di legare a noi i morti!
*
Presumendo possibile la comunicazione con l’altro
mondo, l’altra possibilità da considerare è come si può essere certi che
l’anima che risponde all’evocazione sia davvero quella evocata e non una
diversa; uno spirito burlone o, peggio, una larva, come si definiscono
in gergo quelle entità che abiterebbero il mondo astrale, dotate di una
bassissima spiritualità, vaganti ai confini tra l’altro mondo e il nostro
confidando nell’apertura di un varco tra i due per catapultarsi in questo
mondo per appagare la loro natura materialista?
Gli occultisti
asseriscono che le anime disincarnate, libere dai vincoli corporali, per
comunicare tra loro non avrebbero bisogno della voce bensì di un veicolo
leggero rappresentato dal pensiero. Se davvero così fosse, dunque, al
momento che si materializzerebbero nell’ambito di una seduta, alla stregua
di un telepate esse sarebbero in grado di captare le risposte mentali
relative alle domande di riconoscimento e, servendosi del medium, inscenare
una vera e propria conversazione con i presenti…
Come abbiamo ripetuto più volte la coscienza
degli uomini attirerebbe in questo mondo le entità spirituali a seconda
del grado di spiritualità. Nel campo dello spiritismo il rapporto tra
il mondo reale e quello dell’aldilà sarebbe dunque regolato dal livello
di spiritualità del medium.
Ma chiunque si spacci per medium, anche animato
dalle migliori intenzioni, non sarà mai un’alta spiritualità; se cerca
di comunicare con i morti, consapevole che ciò contrasta l’equilibrio
naturale sancito dalla volontà divina, e che così facendo danneggia l’anima
del defunto, legandola a una realtà che non le appartiene, mettendo a
rischio se stessi e i convenuti alla seduta.
Allo stesso modo un’anima che rispondesse a
un’evocazione tacitamente attesterebbe di essere dotata di bassa spiritualità,
dimostrando in tal senso d'essere ancora legata alla materia. Essa sfrutta
il varco, creato dalla catena dei presenti sotto l’egida del medium, per
continuare a vivere una realtà che non le appartiene, ma alla quale si
sente fortemente attratta dall’istintività materiale di cui è schiava.
Allorché si producesse un varco tra il nostro
e l’altro mondo, bastasse il piattino
per far accadere un simile evento, molte sono le anime o entità che potrebbero
convergere in quel punto per cercare di immettersi nuovamente nel mondo
materiale.
L’anima che riuscisse a superare il varco, trovandosi
nuovamente nel mondo materiale, animata da un forte egoismo, rispondendo
come si conviene alle domande cui è sottoposta, captando telepaticamente
le risposte suggeritegli inconsciamente col pensiero dai partecipanti,
non trovando ostacoli che la ricaccino nuovamente nell’altro mondo, bensì
trattenuta dall’entusiasmo degli astanti, esultanti per l’avvenuto contatto,
si adopererebbe per trovare tra loro un individuo dalla coscienza debole
onde impossessarsi del suo corpo e ritornare a vivere attraverso esso
quella vita materiale a cui è tanto legata, causandogli gravi disturbi
psichici e fisici, generando un conflitto con l’anima del disgraziato,
che irrimediabilmente lo condurrà alla follia e alla morte.
Quante persone ignare, schiave dei propri sentimenti
e della propria prosopopea, pongono in serio pericolo se stesse e gli
altri, unicamente perché incapaci di accettare la morte quale realtà imprescindibile
della vita.
Fin dall’antichità iconograficamente la morte
è ritratta con una falce stretta nella mano, oppure con una clessidra,
entrambi oggetti connessi alla scansione del tempo. Attraverso il linguaggio
dei simboli tanto caro agli iniziati, associare questi due oggetti con
la morte significherebbe riconoscere la morte quale realtà regolata dal
tempo, a cui nulla e nessuno può sfuggire allorché è giunta la sua ora.
*
Secondo
quanto abbiamo fin qui detto, si evince che il motivo che spinge l’uomo
verso presunte realtà alternative è l’irrefrenabile bisogno di affermarsi
ad ogni costo nella vita; la necessità di trovare un appiglio alle proprie
speranze; il bisogno di scacciare le infinite incertezze esistenziali;
l’incapacità di accettare il bene e il male, la vita e la morte realtà
inseparabili come il bianco e il nero, il giorno e la notte, il cui alternarsi
è regolato dall’equilibrio naturale.
A riguardo, nel Fedone, Platone partendo dal presupposto che in natura ad ogni cosa
corrisponde un opposto che lo fuga, dichiara che “l’anima non potrà mai accogliere il contrario di quel che essa porta”:
“quando la morte sopraggiunge
all’uomo, quel che è mortale come pare di lui se ne muore, ma quel che
è immortale si allontana salvo e incorrotto, ritirandosi davanti alla
morte”. Concetto riconducibile al dialogo tra Nicodemo e Gesù
riproposto nel Vangelo di Giovanni 3, 3-6, dove, al dubbio di Nicodemo
che mai un uomo possa rinascere una seconda volta, Gesù afferma, “quel
che è nato da carne è carne, quel che è nato da Spirito è Spirito”.
*
Altro tipo di magia è quella bianca che molti considerano mera azione
di difesa dagli attacchi di chi opera in magia nera.
In realtà essa consisterebbe nell’operare affinché
l’equilibrio universale che regola il cosmo, e il rapporto tra le creature
che lo animano, non subisca squilibri. E, nel caso ve ne fossero, agire
per ripristinare l’equilibrio originario.
Infatti, Il raggiungimento e il mantenimento
dell’equilibrio naturale è il fondamento che regola il cosmo.
Considerando che il mago nero tende ad alterare
l’equilibrio universale per affermare il proprio egoismo, l’unica azione
difensiva dai suoi attacchi consiste nel raggiungimento di un forte equilibrio
interiore.
A riguardo, è importante riferire un passo della
vita del filosofo neoplatonico Plotino raccontata dal suo discepolo Porfirio,
riproposto da più di un autore di magia pratica per erudire i profani
su come difendersi dai praticanti presunti malefici: <<Tra coloro che praticavano la professione di
filosofi ce n’era uno di nome Olimpio di Alessandria; per un certo tempo
era stato discepolo di Ammonio, trattava Plotino con disprezzo perché
voleva avere più fama di lui e usò malefici per nuocergli; ma si accorse
che tali azioni gli ricadevano addosso e disse ad alcuni amici presenti
che l’anima di Plotino doveva essere tanto potente da ritorcere sui nemici
le loro cattive azioni.>>
L’equilibrio interiore è l’unica vera forza
di cui l’essere umano dispone per fronteggiare qualunque male. Del resto,
finanche la scienza conviene che l’approccio mentale <<positivo>>
da parte del malato nei confronti del proprio male è fondamentale per
agevolare la guarigione. Addirittura c’è chi sostiene che molte guarigioni
di mali incurabili, inspiegabili per la scienza ufficiale, riconosciute
come miracoli, più che attribuirsi a un intervento divino, siano conseguenza
di una forte suggestione mentale subita dal malato al punto da riattivare
in lui inconsciamente quelle forze sopite nell’uomo le quali, se attive,
gli consentirebbero di compiere dei veri e propri prodigi tanto da apparire
un dio.
Si valuti l’alta considerazione che gli antichi
riservavano alla magia.
Anticamente, gli iniziati si trasmettevano oralmente
le conoscenze assicurandosi l’inaccessibilità al sacro di chi, non possedendo
le necessarie qualità spirituali, messo a conoscenza dei sacri misteri,
n’avrebbe profanato la natura divina diffondendoli al volgo ignorante
e superstizioso.
Molte persone dedite alla magia apertamente
dimostrano una scarsa alfabetizzazione tanto da avere difficoltà a leggere,
interpretare e comunicare nel loro idioma.
Poiché i testi magici riportano trascritte quelle
frasi, parole, nomi e ideogrammi che gli iniziati si comunicavano a voce
per serbarne la purezza, risalenti a un passato più antico dell’epoca
evangelica; pur ammettendo che tali rituali non abbiano subito manomissioni
durante la trasposizione su carta, e che, a loro volta, tali testi non
siano stati oggetto di manipolazioni da parte degli amanuensi durante
le copie e traduzioni che subirono allorché furono trasposti dalla loro
lingua madre in greco, latino, fino ad essere convertite nei vari idiomi
nazionali che, nel corso del tempo, hanno subito varie modificazioni e
aggiornamenti, c’è da chiedersi come possono coloro con evidenti difficoltà
a comunicare nella loro lingua madre, arrogarsi il diritto di leggere,
interpretare e pronunciare correttamente quanto risale a un passato a
loro del tutto avulso? E, anche ammettendo che esistano davvero persone
capaci di comprendere correttamente testi di origine persiana, caldea,
egizia, ebraica, celtica, latina e altre antiche lingue, sorge il problema
inerente l’esatta modulazione con cui pronunciarli perché il rito volga
a buon fine. Tanti sanno leggere lo spartito, eppure a chi è pratico di
musica basta ascoltare poche note di un brano per valutare se lo spartito
è correttamente eseguito e quindi se chi suona è davvero un bravo musicista...
Nel discorso “Definizione di Asclepio al re
Ammone” che compone il capitolo XV del Corpus Hermeticum, Asclepio, discepolo di Ermete, afferma: “Ermete, mio maestro,
soleva dirmi che coloro che leggeranno i miei libri ne troveranno la composizione
semplicissima e chiara, mentre, al contrario, essa è oscura e nasconde
il senso delle parole. Inoltre diventerà totalmente oscura, quando i greci
vorranno tradurre la nostra lingua nella loro”, ciò produce un gravissimo
stravolgimento degli scritti e la loro reale oscurità. Espresso invece
nella lingua originale, il discorso mantiene chiaro il senso delle parole,
poiché la qualità sonora e l’intonazione delle parole egizie ha in sé
l’energia di ciò che viene detto.
E’ dunque chiaro che se pur fosse possibile,
attraverso la pronuncia e la realizzazione di segni magici, invocare forze
ultraterrene, storpiandone l’esatta pronuncia e trascrizione originaria
non si otterrebbe assolutamente nulla, o, peggio, si attirerebbero a sé
forze totalmente diverse da quelle che originariamente si volevano invocare,
ottenendo risultati ovviamente diversi da quelli intenzionali.
Vi apparirà pura retorica, ma, anziché adoperarci
nel fronteggiare le avversità della vita con l’ausilio di immagini, amuleti,
rituali, preghiere per chiedere l’aiuto di forze ultraterrene nelle nostre
vicende di uomini, sarebbe il caso cercassimo di capire quel che realmente
siamo, adoperandoci per lasciare un’impronta edificante ai posteri affinché,
seguendola, possano proseguire con passo fermo e deciso nel loro cammino
d’uomini.
Cosi
recita l’inizio del VII capitolo del CORPUS HERMETICUM.
“Dove
correte, o uomini, ubriachi per aver tracannato puro il vino dell’ignoranza,
sì che nemmeno potete sopportarlo, e già lo state vomitando? Tornate sobri,
smettetela! Alzate lo sguardo con gli occhi del cuore, e se non tutti
voi potete, lo facciano almeno quelli che possono. Giacché il male dell’ignoranza
sommerge tutta la terra e rovina l’anima imprigionata nel corpo, senza
lasciarla approdare al porto della salvezza”.
Reputo
sia questa l’unica, vera magia che compete all’uomo: impariamo a praticarla!
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