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CONDANNA A MORTE
Di Vincenzo Giarritiello
Mentre nella sala
congressi del lussuoso albergo di Davos, in Svizzera, era in corso la
conferenza sulla globalizzazione mondiale del lavoro e sul preoccupante
aumento demografico nei paesi sottosviluppati, in un remoto casolare di
montagna, al confine tra Svizzera e Italia, visi sconosciuti al pubblico
discutevano, con apparente calma, intorno ad un tavolo rotondo. Il
lampadario sospeso a mezz’aria proiettava sulle pareti, in maniera
grottesca, le ombre dei presenti mentre il focolare riscaldava l’ambiente.
La discussione durò tutta la notte. All’alba, quando i primi raggi di un
tiepido sole scoprivano le cime innevate delle alpi, i partecipanti
all’assise, soddisfatti, si alzarono dalle sedie stringendosi
calorosamente le mani. Ognuno fissava compiaciuto il proprio segretario
riporre nella ventiquattrore le copie del documento messo a punto.
Il manifesto
pubblicitario ritraeva l’uomo nel lettino d’ospedale, il volto pallido e
scarno, lo sguardo anemico, la maschera dell’ossigeno sul viso, la flebo
nel braccio. La scheletrica mano stringeva quella della donna ritta al
fianco. Entrambi fissavano con dolore l’obiettivo fotografico. In basso,
la didascalia recitava: CONDANNATO A VIVERE. Di lato alla foto:
Philip J… nato il 23.06.1980; affetto da tumore linfatico. MALATO
TERMINALE. Alcune centinaia di metri più avanti, un altro cartello
pubblicitario ritraeva il bambino dall’aspetto cadaverico, gli occhi
cerchiati e senza capelli, tra le braccia della mamma. Un velo di morte
gli accarezzava il viso. Gli occhi, una lampadina fulminata, fissavano il
fotografo. Le labbra secche e sbiadite accennavano un pallido sorriso.
Sotto l’immagine, la solita scritta: CONDANNATO A VIVERE. Leonardo
C…, nato il 12.04. 1994: affetto da leucemia MALATO TERMINALE.
Luca non si avvide
subito dei manifesti pubblicitari, commissionati da una nota industria
tessile all’irriverente fotografo che amava colpire il pubblico con
immagini stressanti. Per puro caso posò lo sguardo sul viso mummificato
della ragazza distesa nel letto d’ospedale, gli occhi deserti fissi al
soffitto, raffigurata nel cartellone pubblicitario, attaccato proprio
davanti alla fermata del bus. CONDANNATA A VIVERE! Margareth B…,
nata il 10/02/1980: affetta da tumore osseo. MALATA TERMINALE.
Leggendo la data di nascita, Luca restò di ghiaccio. Lui e Margareth
avrebbero compiuto venti anni nello stesso giorno. Istintivamente si
domandò quando fosse stata scattata la foto. Non era da escludere che lei
fosse già morta…L’autobus giunse in orario. Luca vi salì, osservando dal
finestrino la mesta immagine di Margareth. Nell’attimo in cui il mezzo
pubblico partì sussultò: era pronto a giurare che la ragazza della foto
implorasse il suo aiuto. Giunto a casa, salutò i genitori. Si recò nella
sua stanza, si spogliò ed entrò in bagno per fare la doccia. Il vetro
della toilette, anziché riflettere il suo volto dai lineamenti decisi e le
labbra carnose, rimandò quello esangue di Margareth. <<Luca
aiutami!>> supplicava la condannata a vivere. <<Che posso fare per
te!>> balbettò atterrito, indietreggiando alla parete. <<Aiutami!>>
<<Ma come?>> Qualcuno bussò alla porta. <<Tutto bene, Luca?>> <<Tutto bene
mamma>> rispose per rassicurarla. <<Con chi stai parlando?>> <<Sto
recitando il dialogo di un film>> <<Benedetto figliolo>> sussurrò la donna
allontanandosi. <<Luca aiutami!>> riprese Margareth. <<Se
non so nemmeno dove ti trovi?>> <<Rintraccia quel
maledetto fotografo.Lui è la chiave del
mio male!>>
<<Problemi
figliolo?>> domandò il padre, bevendo un bicchiere di vino. Svogliatamente
Luca avvolse gli spaghetti fumanti intorno alla forchetta Il televisore
sul ripiano della credenza trasmetteva le immagini colorate di un varietà.
<<Papà, ti senti ancora con quel tuo amico ingegnere di Milano?>> chiese
lasciando cadere la posata nel piatto. <<Ogni tanto, perché?>> fece
l’uomo, aggrottando la fronte. <<Ho intenzione di incontrare delle persone
per allacciare nuovi contatti di lavoro.>> <<Vuoi cambiare attività?>> si
preoccupò la madre, afferrando la caraffa dell’acqua. <<Assolutamente no!
Ho un’idea per lanciare sul mercato nazionale l’azienda dove lavoro. Se
riuscissi a realizzarla non avrei problemi per il resto della vita!>>
mentì riprendendo a mangiare con appetito. Dopo cena, il padre telefonò a
Milano al suo amico. Costui fissò l’appuntamento due giorni prima del
compleanno di Luca.
Il taxi avanzava a
rilento nel traffico milanese esasperatamente ordinato, fermandosi davanti
all’ingresso del grattacielo. Luca pagò ed entrò nell’atrio. Il pavimento
di marmo, appena lucidato, scintillava come un enorme lingotto di
cristallo. <<Prego?>> chiese il portiere in divisa, col berretto
d’ordinanza sul capo. Sembrava un ufficiale in alta uniforme. La guardiola
pareva la cabina di un’astronave. <<Il dottor M…>> fece Luca timoroso.
<<Ha appuntamento?>> chiese l’uomo scrutandolo con attenzione. <<Sì!>>
balbettò. Il custode citofonò per accertarsi che Luca dicesse il vero.
<<Scala F, 18° piano>> fece quindi, riponendo la cornetta con un’aria
distratta.
<<Caro Luca>> lo
abbracciò con entusiasmo Alfonso M… <<Da quanto tempo…Madonna come sei
cresciuto>> aggiunse, conducendolo nel suo ufficio. <<Cosa bevi?>>
domandò, premendo l’interfono, accomodandosi nella poltrona dietro la
scrivania. <<Una coca>> fece Luca, sedendo a sua volta. <<Giovanna, una
coca e un doppio wisky>> ordinò Alfonso all’apparecchio sul tavolo.
Nell’attesa delle bevande, Alfonso tempestò di domande Luca. La porta
dell’ufficio si aprì e la segretaria apparve nello studio recando il
vassoio con le bibite poggiandolo sul ripiano. <<Cosa ti ha spinto qui?>>
chiese Alfonso versando da bere. <<Vorrei conoscere l’autore della
campagna pubblicitaria della…..>> <<Perché?>> <<Mi interessa il suo
lavoro!>> <<Hai visto gli orrori che ha ritratto stavolta?>> domandò
Alfonso, tormentandosi le labbra tra le dita. Luca accennò di sì col capo.
Dopo un giro di
telefonate, Alfonso fissò per l’indomani un appuntamento tra Luca e il
fotografo.
L’aria truce
dell’uomo grasso, stempiato, la barba incolta, aspirando un sigaro
puzzolente, seduto dietro la scrivania in mogano, mise Luca in soggezione.
<<Che vuoi?>> <<Vorrei conoscere Margareth!>> rispose Luca. <<E chi è?>>
trasalì l’incubo, tossendo una densa nuvola di fumo sul volto dell’ospite.
<<Uno dei soggetti di cui si è servito nell’ultima campagna pubblicitaria
della …>> <<Non la conosco>> ringhiò il demone, rigirandosi nervosamente
nella poltrona di pelle nera. <<La ragazza affetta da tumore osseo, nata
il 10 febbraio di vent’anni fa!>> insistette Luca, sporgendosi sulla
scrivania. <<Ah, quella! Perché vuoi incontrarla?>> chiese l’orco,
rilassando le membra flaccide nella poltrona. <<Domani compiamo entrambi
venti anni …Vorrei augurarle buon compleanno!>> <<E’ impossibile!>> fece
gelidamente il mostro, raddrizzandosi a sedere. <<Perché?>> <<Margareth è
in coma!>>. Luca, in crisi emetica, si recò nel bagno. <<Luca, non è
vero che sono moribonda>> Udendo la voce improvvisa, sobbalzò.
Istintivamente levò lo guardò allo specchio sul lavabo. Il volto di
Margareth, riflesso nella caminiera, insolitamente colorito, lo fissava
con dolcezza. <<Grazie d’essere venuto…Sei ancora in tempo per
salvarmi!>> <<Ma come?>> domandò, afferrandosi con entrambe le mani al
lavandino. << Chiedi l’indirizzo della clinica dove sono ricoverata e
vienimi a trovare!>> Luca si dette una rinfrescata e uscì dal bagno.
<<Hai bisogno d’aiuto, ragazzo?>> chiese il fotografo, fissandolo con gli
occhi socchiusi. <<Può dirmi dove è ricoverata Margareth?>> <Che
intenzioni hai?>> chiese, aspirando l’ennesima boccata <<Voglio andare a
trovarla>> rispose risoluto. <<Se vuoi!>> sospirò l’essere. Aprì un
cassetto e trasse l’agenda dove annotava gli indirizzi delle sue vittime.
Il giorno dopo, in
compagnia d’Alfonso, Luca si recò alla clinica.
All’infermiera della
reception chiese <<Vorrei notizie di Margareth B…>>
La donna lo fissò
con attenzione. Alzò il telefono e parlò a voce bassa. <<Lei chi è?>>
domandò poi, senza staccare la cornetta dall’orecchio. <<Un amico!>>
rispose Luca, abbozzando un sorriso.
<<Chi di voi è
l’amico di Margareth?>> domandò la dottoressa avvicinandosi alle
poltroncine dove i due erano ad aspettare. <<Io>> scattò Luca dalla sedia.
<Mi segua…Da solo!>> aggiunse.
Luca nell’ascensore
chiese con apprensione alla dottoressa <<Come sta Margareth?>>. Il medico
levò gli occhi al soffitto in maniera eloquente, senza fiatare. Le porte
dell’ascensore s’aprirono. Luca e la donna s’incamminarono lungo il tetro
corridoio rischiarato da fievoli lampade al neon. <<S’accomodi>> fece la
dottoressa, aprendo la porta dell’ultima stanza. Margareth giaceva nel
lettino, circondata da un nugolo di persone. <<Lei chi è?>> domandò un
uomo dall’aria stanca, somigliante in maniera impressionante alla ragazza.
<<Un amico!>> mentì Luca. <<Vi lasciamo soli!>> fece il padre di Margareth,
e affranto uscì, seguito dai presenti. Le membra della giovane, divorate
dal male, parevano di cartapesta. Il respiro pneumatico del polmone
artificiale, che ostinatamente la teneva in vita, riempiva la stanzetta.
La ragazza per un istante aprì gli occhi. Sembrava sorridere. Luca si
avvicinò al letto. Prese l’ossuta mano di lei nella sua. Percependo amore,
lentamente Margareth volse il capo verso l’apparecchio che l’alimentava.
Tremando, Luca s’appressò alla macchina. Lanciò un ultimo sguardo alla
sciagurata che volgeva gli occhi al cielo come nella foto pubblicitaria.
Esitante, Luca pigiò
il bottone rosso sul pannello dei comandi. La macchina si arrestò in un
sordo ronzio, soffiando nell’aria come un pallone che si sgonfia! <Buon
compleanno!>> sussurrò, fissando Margareth esalare l’ultimo respiro.
Franco da rimorsi, con un sospiro di sollievo abbandonò la stanza
La porta del bagno
nella cameretta s’aprì. Il demone grasso, con l’eterno sigaro puzzolente
tra le labbra, entrò nella stanza, seguito da una schiera di persone, tra
cui la dottoressa che aveva condotto Luca da Margareth. <<Smontate tutto!>
ordinò. <<Fate attenzione al robot, costa l’ira di dio!>> avvertì i due
operai, travestiti da infermieri, che si apprestavano a sollevare
Margareth dal letto dopo avere staccato i contatti elettronici che la
facevano apparire viva. <<Devo ammettere, dottoressa, che l’idea di
indicare la data di nascita dei malati, sui manifesti, è davvero
geniale!>> <<La data è un input
per l’inconscio>>
cominciò lei. <<Chiunque sia nato nello stesso giorno, leggendo la
pubblicità, au-tomaticamente s’identificherà nell’ammalato e, fin quando
non si sarà accertato che le sofferenze del disgraziato siano terminate,
soffre a sua volta, come se affetto dal male. In tal modo la morte, oltre
a cancellare le pene del paziente e di chi gli sta accanto, determina la
fine dei patemi del il suggestionato per il tempo che leggerà la data!>>
Il fotografo aspirò con soddisfazione una profonda boccata dal sigaro. Il
fumo velò la felicità disegnarsi sul suo volto sardonico. <<Quei
misteriosi signori che mi hanno commissionato questa campagna>> fece
<<saranno molto soddisfatti!>> Quindi, con fervore, si rivolse nuovamente
alla dottoressa <<Dottore, quanto ci vorrà all’opinione pubblica per
abboccare al messaggio subliminale, tanto da scendere in piazza invocando
l’eutanasia come un diritto umano?>> <<Tre anni…Forse anche meno!>>
<<Meraviglioso>> sussurrò, soffiando nell’aria una densa nuvola di fumo
acre.
FINE
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