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 Filosofia Italiana

Politicamente scorretto (Rubrica di politica attuale)

 

Political outsider 

di Clementina Gily

 

Giudicare Berlusconi un political outsider è ormai una considerazione che riguarda la storia di tempi già trascorsi. L’espressione indica i casi di illustri politici del tutto improvvisati, entrati con violenza nella scena politica, decisi a servirsi delle proprie capacità finanziarie, mediatiche ed organizzative, aggirando gli ostacoli posti dagli insider. Arma prima a loro disposizione, la capacità di servirsi dei new media per attuare una conquista del potere fuori dalle consuetudini. Invece del lungo apprendistato, del lento crescere nelle strutture partitiche, il political outsider (espressione che usa Enrico Caniglia nel volume Berlusconi, Perot e Collor come political outsider edito da Rubettino) lancia la sfida del nuovo contro la debolezza individuata in un avversario. Se la vittoria non è stata in tutti i casi l’esito della lotta, lo è sempre stato invece la capacità di ingaggiare una lotta di buona qualità, capace d’impensierire seriamente l’avversario. Ciò che spesso ha salvato gli insider è stata soltanto l’ultima fase del corso elettorale, dove è acclarata la tendenza al ritorno delle logiche di voto tradizionali: nell’imminenza delle elezioni, il cittadino si fa più prudente e rinuncia ad appoggiare l’uomo nuovo.

Il successo è stato ottenuto per l’incapacità degli insider di utilizzare convenientemente le risorse dei new media, messe invece in campo dagli sfidanti. Incapacità tanto più mirabile perché un’adeguata regolamentazione legislativa poteva impoverire considerevolmente queste risorse, e gli interventi legislativi erano nelle possibilità a disposizione degli insider.

Le nuove risorse sono rappresentate dal sapersi adeguatamente servire dell’orizzonte virtuale, informatico ma soprattutto televisivo, ricorrendo all’arma pubblicitaria degli spot, mettendo in campo una strategia di sondaggi guidati, atta a creare eventi, trasformando il ballon d’essai da parte del commissionante il sondaggio in azione politica concreta. Grazie a questi metodi l’outsider riesce ad entrare nella competizione ed inizia la sua azione strategica volta a rivoluzionare il modo ed il contenuto della scena politica.

Il modo: perché invece di presentarsi al pubblico televisivo come usava una volta, cioè attraverso colloqui politici serrati, retti da giornalisti competenti, in cui il politico esponeva ai suoi elettori i programmi e le soluzioni che contrappone agli avversari, dando modo a chi deve esercitare il diritto dovere del voto di avere un’opinione sulle intenzioni d’azione del politico; sceglie la strada delle comparsate nei talk show o in programmi di infotainment, dove l’intervista si riduce ad una presentazione senza contestazione né argomentazione in contraddittorio. Così il politico outsider semplicemente espone la sua opinione, saggiamente preparata da professionisti della comunicazione, del tutto priva di contenuti politici atti a garantire alla scelta una garanzia di ragionevolezza.

I contenuti: perché venendo meno i programmi e le soluzioni, le diverse politiche da attuare - difatti la differenza dei programmi contrapposti diventa sempre meno avvertibile - essi sono sostituiti da contenuti d’immagine e patti fiduciari, del tipo che il teleschermo tende a produrre per ogni dove, anche per gli attori o per i concorrenti di un quiz. Il personaggio capace di attirare e che si mostra carico di affidabilità diventa automaticamente il votabile, superando considerazioni più serie. Se si pensa che la prima classe politica di Forza Italia fu reclutata dalle industrie dell’oggi premier, industrie di marketing e di televisioni, che scelsero unicamente sulla base dell’appeal del candidato, si ha il senso dell’impari lotta degli insider, che ignari delle scienza dell’avvenire hanno consentito due successive vittorie a Forza Italia – dove già nella seconda però il tipico ruolo del political outsider e delle sue strategie di conquista dell’attenzione erano già tramontate di fronte a solide, per quanto discutibili, alleanze politiche con gli insider della politica, generando quel mix di avventura e di riconciliazione con la tradizione che caratterizza oggi il partito al governo.

Ciò non toglie che il mirabile risultato conseguito già dalla prima volta doveva rendere avveduti gli avversari, visto l’enorme successo di una macchina bellica forse poco gioiosa ma particolarmente efficace, che fu capace di sgominare gli avversari. Mentre costoro, tranne che per pochi sprazzi, spesso nel senso sbagliato dell’imitazione dell’outsider (che si stava convertendo di già a nuovi orizzonti), il sonno regnò sovrano, animato da sogni di gloria.

Ora che questa brillante conquista del potere è un fatto storico, trascorso come il ruolo di outsider  di Berlusconi, resta da vedere se nell’attuale situazione quelle origini abbiano lasciato traccia, oppure se siano trascorse, riconducendo la politica in un suo alveo di normalità, in un rapporto con l’elettore non basato sulla manipolazione ma sulla corretta informazione.

Anche oggi Forza Italia si qualifica per il suo aspetto preminente di essere un management  della politica, cioè per non cercare con gli elettori un rapporto di comunicazione e di informazione, visto che la proposta di Berlusconi passa senza contraddittorio senza nemmeno far più ricorso ai talk show ma direttamente ai telegiornali, dove si danno allocuzioni lunghe e dettagliate, mai contrastate da un’ombra in negativo. Continua del pari il ruolo del partito verticale, guidato dall’alto e presente in basso solo con parvenze di democrazia di base.

Ciò modifica radicalmente la concezione della politica liberale, se il liberalismo nasce con i tracts, con delle lettere cioè mandate in giro tra possibili simpatizzanti per spiegare adeguatamente una linea politica e convincere gli elettori della bontà di una decisione da prendere. Il liberalismo ritiene l’elettore un soggetto di diritti inalienabili, da esercitarsi nella piena coscienza e partecipazione.

Piuttosto la metodologia che si regola sul feedback di un cittadino mai invitato a ragionare, sempre blandito e accontentato con piccoli regali, televisivi o di potere, nasconde un semplice e puro assolutismo, con tanto di grida al popolo riunito. Un assolutismo gerarchico che ricorda molto da vicino il corporativismo, che AN quando era ancora MSI ha tante volte ripreso nel corpo della sua storia - dopo essere stato la politica sociale del fascismo. L’adesione ed il contributo teorico degli insider della politica di AN, quindi, si fa sentire in modo evidente. D’altronde anche Mussolini era un vero genio della comunicazione e l’Italia è stato il primo paese ad avere una legislazione in tema.

Ciò induce a due conclusioni

  1. che le affermazioni di liberalismo di Forza Italia e di Berlusconi sono destituite di valore
  2. che non cambia molto la situazione dallo ieri all’oggi per quel che riguarda l’idea della politica come conquista del potere d’ascolto - che Berlusconi aveva quando era solo un political outsider.

Non a caso questa politica si rivolge attraverso eventi falsi e manipolati non certo a coloro che si interessano di politica, ma soprattutto ai soggetti con basso livello di istruzione e scarso coinvolgimento politico. Essi si contentano di una sola fonte d’informazione, che oggi è per quasi tutti il telegiornale, ed il nostro capo del governo ha oramai in tutti i telegiornali posizione assolutamente privilegiata ed uomini a lui devoti.

Insomma, il political outsider è un pirata dell’orizzonte politico, bravo nell’attuare strategie innovative, a servirsi delle risorse messe a disposizione dal progresso tecnologico. E come tutti i pirati ha le sue doti di fascino.

Questo però non deve nascondere una reale e preoccupante corruzione della metodologia politica corretta, che chiede a ciascuno un voto non in forma plebiscitaria, in una democrazia. Il voto risponde ad un'opinione, elaborata rendendosi conto delle scelte degli eligendi, grazie ad una corretta informazione. Tutte le variazioni che rendono oggi il voto di tanti palesemente fuori di una scelta razionalmente pensata, fanno precipitare troppo in basso il livello dello scontro politico.