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Il lavoro dell’arte nell’epoca della riproduzione digitale Un’esposizione impossibile Dal 5 aprile al 1 giugno 2003 : Tutta l’opera del Caravaggio a Castel Sant’Elmo – Napoli Dalla presentazione: “Che cosa significasse per il Caravaggio l’incontro con la immensa capitale mediterranea, più classicamente antica di Roma stessa, e insieme spagnolesca e orientale, non è difficile intendere a chi abbia letto almeno qualche passo del Della Porta e del Basile; un’immersione entro una realtà quotidiana violenta e mimica, disperatamente popolare”. Motivo per cui soggiornò a Napoli diverse volte, componendovi diverse opere. Che ora tornano tutte insieme (Bologna dice i tre quarti delle opere sicuramente attribuite a Caravaggio, più quattro delle incerte; Parancandolo invece che tutti i 64 di sicura attribuzione sono presenti), naturalmente in formato digitale. Le opere in realtà sono una sorta di grande catalogo che le contiene tutte e le proietta su schermi con dei videoproiettori, così che esse risultano nella pienezza del loro colore e nella totalità della composizione – peccato perciò che manchi il catalogo in CdROM, che avrebbe potuto rendere immediatamente fruibile il percorso nel suo uso più evidente, la didattica dell’arte. Ma è facile ritenere che, passato il giusto tempo, esso sarà disponibile. Ferdinando Bologna, direttore scientifico della mostra, ricorda naturalmente la difficoltà che da Benjamin in poi denuncia la perdita dell’aura dell’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica, che la fa diventare facilmente disponibile mentre la mercifica, consumandone la magia che accompagna nelle stanze segrete in cui si ha difficile accesso all’opera (si ricordi Proust con Vermeil). Ma l’epoca è anche quella dell’esteticità diffusa, del mondo che dà meno importanza alla folgorazione dell’elite dinanzi alla diffusione della cultura. Oggi è esperienza semplice avere a disposizione immagini perfette: quando sono anche esteticamente eccellenti, l’esperienza che si fa, anche se priva del contatto immediato e della necessaria cultura, è sicuramente ed incomparabilmente superiore a quella dei privilegiati degli altri secoli. L’uomo comune conosce immagini dei massimi artisti del mondo, in riproduzione. Può fare raffronti ed approfondimenti con grande facilità: e spesso li fa, anche se, forse, ci si augurerebbe sempre che il mondo degli amanti dell’arte e della cultura fosse più numeroso di quel che è. Anche questo va ricordato, nel girare per le sale della mostra ed ammirare la possibilità di fare raffronti altrimenti impossibili, di far entrare in dialogo le opere, di approfondirle in modo inconsueto all’inesperto grazie alle innovazione tecnologiche. Ancora impensabili, ricorda giustamente Bologna, appena cinque anni fa. Fatta salva, quindi, la necessità del viaggio, dell’andare in presenza dell’opera con reverente attesa, del lasciare che il mistero del colore e del materiale pittorico si sveli all’attenzione coltivata del lettore: la mostra è rivoluzionaria, come rivoluzionario fu l’autore (Bologna ricorda il giudizio di Fry, 1905, Caravaggio fu “il primo a comporre non per evoluzione ma per rivoluzione”, componendo la tecnica appresa da Carracci con i moderni metodi di pittura e l’approfondito studio della natura (Laviron 1834). Renato Parascandolo, curatore della mostra, ricorda come l’esibizione impossibile offra non solo la possibilità di ripeterla in luoghi diversi e diversamente attrezzati, ma anche di essere flessibile, di consentire con facilità lo spostamento di opere per evidenziare ora questa ora quella influenza o caratteristica; inoltre essa contiene in modo contestuale le spiegazioni ed i legami storici, presentandosi come una vera e propria enciclopedia dell’Autore. Le prospettive che si aprono alla conoscenza degli autori con l’inserimento delle metodologie e delle tecnologie delle comunicazioni di massa nei saperi tradizionali sono incredibili. Basta non considerare i media come un’alternativa, un aut aut, considerando esaustiva l’enciclopedia o il libro o l’immagine o la televisione. I media sono una filiera, che svolge ogni frammento in modo completo, ma che si completa nell’arco della totalità dei media utili alla disanima di una tematica. Così anche il catalogo virtuale cui accennavamo sarebbe uno strumento utilissimo per la didattica dell’arte e per portare la mostra anche in luoghi remoti, ma non sostituirebbe il catalogo in cartaceo o il depliant o la spiegazione dello storico dell’arte. Ogni medium ha la sua specificità nel formare la comprensione dell’opera. Che naturalmente va poi vista al naturale, ma, dice giustamente Parancandolo, il catalogo, virtuale o no, è anche una forma di pubblicità, che riopera sulla frequenza dei luoghi d’arte, aumentando la competenza enciclopedica del lettore. La tecnologia è raffinata, esperti della RAI hanno non solo operato sulle immagini, proponendole senza cornice e in grandezza naturale (e qui si ha qualche sorpresa, vedendo fianco a fianco opere che la memoria riportava diversamente dal rapporto reale), ma anche lavorando al supporto, così che la slide abbia una perfetta riproduzione, uno schermo adeguato alla bellezza dell’opera, di cui fa risaltare anche strati sovrapposti, così che anche il competente può avere delle sorprese osservando le riproduzioni, nota Bologna – c’è da fidarsi. Insomma, l’esposizione impossibile è una forma interessante non solo per l’inesperto e per chi non ha modo di frequentare i molti musei necessari per visitare tutte le opere. Presenta possibilità anche nei confronti delle esibizioni museali, potendo rendere facilmente consultabile il repertorio nascosto nei depositi, proponendolo alternativamente così da rendere facilmente constatabile l’effettiva ricchezza di una fondazione artistica. Un nuovo medium di cultura, non sostitutivo di nessuno. Un’altra interessante forma di cultura da percorrere per proporsi itinerari alternativi nella cultura dell’immagine, ai massimi livelli. Il multimediale è una risorsa di cui stiamo gradatamente scoprendo le possibilità, anche in positivo. Bello che questa prova di bravura tecnologica abbia preso spunto proprio da Caravaggio, un autore molto amato da molti, che ha nel suo carattere elementi di particolare novità nei confronti delle immagini e della tradizione, che lo rendono adatto a prestarsi come esempio di nuovi discorsi.
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