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Nuova Rivista Cimmeria

 Filosofia Italiana

di Clementina Gily

 

Incontri Guida, 6 Giugno:

Una vivace discussione, occasionata dal recente libro di Antonio Alosco sul Partito d’Azione

 

La presentazione del volume di A. Alosco Il Partito d’Azione nel “Regno del Sud” (pref. di F. De Martino, Guida 2002) alla Saletta Rossa di Mario Guida ha visto rinascere la polemica consueta. I presentatori, uomini come Craveri, Alinovi, Caria, erano di per sé adatti ad esprimere le diverse valutazioni sul tema, vicini, per storia e formazione, alle diverse anime che furono conflittuali nel Pd’A conducendolo alla dissoluzione. Le anime liberali, socialcomuniste, socialdemocratiche, erano infatti rappresentate: la fine della meteora azionista s’è ragionata sulle figure di Croce, Togliatti, Lussu. Confermando valutazioni contrastanti che hanno confermato la classica tesi che la tenaglia rappresentata dalla convergenza del centro e dell’estrema per la politica della Svolta di Salerno e lo scontro sul problema istituzionale furono la causa scatenante di quella fine; che essa invece ebbe la sua ragione di fondo nella scarsa maturazione politica di un tema come l’incontro tra liberalismo, democrazia e socialismo in una situazione dominata dal formarsi dei due blocchi contrapposti che si apprestavano ad animare gli anni della guerra fredda. La novità di questo libro di Alosco è più relativa alla storiografia sul tema che all’interpretazione propria di questo autore, che da almeno trent’anni percorre con costanza la ricostruzione dell’argomento, illuminando con articoli e libri su singoli personaggi e sul movimento in sé la storia che ora ripropone in forma nuova, dando equilibrio alla visione in una trattazione unitaria. Scrivendo su Dino Gentili, su Grobert, sul Sindacalismo del Regno del Sud, infatti, Alosco aveva già ingrossato la numerosissima schiera di figure azioniste (si ricorderà che De Martino, Ciampi, La Malfa, Compagna, Lussu, Ragghianti, Elena Croce, Lombardi, Valiani, Omodeo, De Ruggiero, Canfora, Fiore e tanti altri furono tra gli animatori di quel partito, una vera fucina degli uomini della Repubblica del dopoguerra). Dimostrando che il Pd’A fu forte nel Sud, contro le tesi che valutano consistente solo l’anima torinese del Partito; dotato di natura né astratta né elitaria. Vi erano le menti politiche del domani, ma poi vi erano sindacalisti, politici legati al territorio, intellettuali, le forze intere della nazione. Mentre spesso si taglia corto parlando di partito d’intellettuali senza corpo, il che poteva essere per Gobetti, primo lontano ispiratore del movimento, per gli esuli fratelli Rosselli che con Giustizia e libertà ne formarono il primo nucleo. Nient’affatto poco radicato né debole per organizzazione politica sul territorio, il partito aveva, pur nella consistenza magmatica del tempo, tutta la possibilità di una solida ossatura. Non a caso gli stessi uomini continuarono, dopo la fine, mostrando il loro valore in altre formazioni politiche. I motivi della crisi, dunque, non vanno legati a debolezza intrinseca, vanno interpretati storicamente. Questo infatti è il contenuto del testo: che con acribia non tira conclusioni, ragiona e scrive con metodo di storico, reperisce documenti e li collega, fondando su di essi l’interpretazione. Non a caso Alosco viene dalla scuola di Renzo De Felice, con cui ha collaborato a lungo, assorbendone il metodo di revisionismo filologico: considerare prima delle valutazioni possibili i fatti reperiti e documentati, di accettare da loro le nuove versioni e l’accertamento delle reali consistenze storiche. Anche in questo volume infatti si illustrano documenti nuovi, figure poco note, si ricostruiscono ambienti. Che danno l’immagine nella sua ricchezza e forza del Partito d’Azione meridionale, ricco di figure intermedie e di uomini appassionati, dimostrando la ricchezza di un mondo politico in cui gli ideali erano forti e l’approfondimento diffuso – il che può suscitare anche un moto di rimpianto. L’unica battuta da politico e non da storico, o forse da storico appassionato, è in premessa, dove si cita il nuovo interesse per il Pd’A da parte della politica e della cultura nazionale (e si deve dire che alla serata è intervenuta Ekaterina Naumova – storica russa dell’azionismo italiano - , che ha letto una lettera di Gorbaciov: anche lui mostra apprezzamento per lo studio di questi temi) per lanciare la speranza che di questi temi si possa parlare di più e meglio. In fondo, con tutte le discussioni dagli anni ’70 sulla Terza Via, ripercorrerne questa storia aurorale è un momento importante della costruzione della storia delle idee della politica. A patto di fare storia così, senza tesi da dimostrare che non siano nei fatti.