L'erbarioWolf Periodico di comunicazione, filosofia, politica
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Nuova Rivista Cimmeria

 Filosofia Italiana

 

 

La voce della radio

di Viviana Reda

 

La radio mostra, da principio, di avere delle sue proprie caratteristiche che la terranno distinta dagli altri media, anche quelli di ultima generazione, continuando ad avere una posizione di riguardo. Apparentemente vicina alla televisione per la sua enorme diffusione popolare, la radio nel tempo ha mantenuto una sua profonda originalità che la vuole medium popolare di larghissima diffusione ma allo stesso tempo la rivolge ad un target trasversale che rende molto più variegato il mondo della programmazione radiofonica. La radio trasmette, senza imbarazzo o reticenze, teatro, discussioni letterarie o specificamente politiche, informazione specialistica dei diversi settori oltre ad una più ampia programmazione che include informazione, musica, giochi e talk show. La radio sussume su di sé la diversità sociale alla quale si rivolge seguendola in macchina, in treno, nei locali. Ovunque la comunicazione immediata della diretta radiofonica si può confondere con la nostra giornata, con i nostri vissuti, dando ad ognuno un tappeto sonoro diverso. Se la radio in questo modo risponde ad un bisogno sempre maggiore di mobilità (quasi ubiquità) della società contemporanea che deve essere perennemente informata sulle notizie, sui risultati di calcio e perché no, anche sull’ultimo successo del cantante del cuore. A questo bisogno continuo di informazione risponde una voce, una musica, una sonorità che si inserisce nel più ampio ritmo urbano, flusso sonoro in cui le onde radio si amalgamano ai rumori della città, in mezzo ai quali continuamente ci muoviamo e agiamo.

La radio non è solo il mezzo cui chiediamo un po’ di musica per tenerci compagnia in macchina, ma è anche l’unico mezzo che risponde in maniera non invasiva ala richiesta di una compagnia meno invasiva e generalista[1] della televisione che coinvolge l’udito ed il senno in una conversazione che ancora fa proprio il linguaggio tradizionale, alfabetico[2]. Le voci della radio hanno infatti aiutato la diffusione di una omogeneità linguistica ancora molto incerta nella prima metà del secolo. La radio ottimizza l’uso della lingua italiana, slegandola sempre più dallo scritto, dalla necessaria  dipendenza dalla scrittura e dalla stampa.

“La nuova radio sviluppa un propria cultura dell’oralità ma nient’affatto di ritorno o secondaria, perché quella dipendenza dalla scrittura e dalla stampa, ipotizzata da Ong, vale soltanto per l’epoca  pretelevisiva della radio e per quelle radio pubbliche che non hanno saputo o potuto emanciparsene.” Essa appare fondata “su un flusso e un ritmo che lasciano uno spazio primario alla ripetizione di frammenti parlati e sonori dedicati a quei particolari temi[3]” che vengono

costantemente ripresi e riduffusi tramite il mezzo radiofonico che diviene così luogo di cesura tra le diverse istantanee del reale[4].

Per raggiungere facilmente i fruitori dell’informazione radiofonica, ad esempio, si è fatta un’attenzione crescente alla

 

chiarezza espositiva, linguaggio (anche nel senso della lingua) sorvegliato e corretto, ritmo veloce ma non inutilmente frenetico, legami concettuali - senza "salti" contenutistici che disorientano l'ascoltatore - fra le varie notizie ma anche senza la tentazione (che spesso c'è) di utilizzare notizie come riempitivi, di fatto se non di volontà. Ogni notizia o servizio devono essere armonizzati con il resto del giornale: la brevità, l'alta cadenza, l'impaginazione, la scelta degli argomenti (e il modo di esporli) devono corrispondere ad una immaginaria linea continua che non deve avere brusche impennate così come altrettanto brusche cadute: le pause contenutistiche non meno che formali (e questo vale non solo per le trasmissioni giornalistiche) in radio sono mortali[5].”

 

Questo ci dice chiaramente come il linguaggio con cui la radio ci parla ottimizza le possibilità della nostra lingua utilizzandola sapientemente  e modulandola accortamente proprio perché possa al meglio valorizzare ed essere valorizzata dall’unico corpo presente nel linguaggio radiofonico: quello della voce. Nella comunicazione via radio infatti si annullano di colpo tutti quei segnali linguistici di natura diversa che ci aiutano a decrittare il mondo, a capirne facilmente i segnali. La comunicazione vocale in radio è assoluta e non si confonde con le informazioni (involontariamente recepite) dagli occhi che automaticamente decrittano messaggi di tipo mimico- gestuale, segnali della comunicazione di un linguaggio del corpo che coinvolge anche la moda e lo stile di ognuno. Un abito (es. un abito talare), un copricapo (es.un turbante orientale ), un segno di riconoscimento (una semplice paletta nelle mani di un vigile in borghese) ci comunica moltissime cose, così come un indumento banale come una minigonna dà messaggi contrastanti se a portarla è una ragazza molto giovane o una donna non più tale. La vista ci aiuta a collegare particolari visivi a comprenderli in un insieme significante (es. un abito talare portato da un ragazzo che sta entrando in un locale dove si festeggia Halloween mostra il mascheramento da parroco come gioco per una festa). Tutto questo costruisce generalmente ciò che potremmo definire un “teatro del mondo”, fatto di scenografie, costumi e personaggi che parlano e si muovono in un contesto animato. La vista ci aiuta d’altronde a decrittare il linguaggio corporeo- gestuale che accompagna ogni tipo di comunicazione talvolta sostituendosi addirittura alla parola. Ne Gli esami non finiscono mai di E. de Filippo, videroregistrata dalla RAI, il protagonista Gugliemo Speranza decide, dopo un percorso biografico lungo e tormentato, di non parlare più, di morire senza più proferire parola. Non si asterrà però dal mostrare, con il linguaggio mimico dell’espressione facciale, chiaramente la sua opinione sui pareri espressi dai medici accorsi al suo capezzale per diagnosticarne il male. Un meraviglioso monologo muto di un consumato professionista della scena che seppe valorizzare tutti gli elementi comunicativi che il teatro offre, come appare chiaro anche dalla sua ultima fatica teatrale[6].

Nonostante ciò, paradossalmente la radio ha accolto, diffondendolo ad un pubblico molto vasto, un “teatro della voce” particolarmente interessante perché se da un lato veicola esempi altissimi della cultura italiana e non solo, allo stesso tempo si offre come esempio generale delle potenzialità della voce e del suo sapiente utilizzo. Il caso delle Interviste impossibili è esemplare da questo punto di vista, "ideate da Vittorio Sermonti (storico della letteratura, narratore e uno dei migliori autori radiofonici) trasmesse dal 1973 al 1975, dialoghi fantasiosi, spiritosi e ironici con personaggi del passato, con copioni concepiti e interpretati, per la parte degli intervistatori (gli "intervistati" erano invece interpretati da attori molto noti, fra i quali, ad esempio Anna Maria Guarnieri, nel personaggio di Lucrezia Borgia, Romolo Valli in quello di Giosuè Carducci e così via) da intellettuali già allora famosi. La regia era di nomi altrettanto eccellenti: Nelo Risi per dirne uno[7].” Il caso di questo programma diviene esemplare se pensiamo alla straordinaria coincidenza di forma (quella vocale) e contenuto (tematiche e concetti) che sono svolti. La voce infatti si pone come corpo nuovo che attualizza significati che, sopiti nello scritto, ritornano alla presenza dell’hic et nunc, dello spazio e del tempo propri di ogni azione teatrale. Tramite la voce si recupera così la forte espressività di un linguaggio totale proprio della comunicazione teatrale che utilizza, nella sua forma più tradizionale, codici linguistici diversi (mimico-corporeo, linguistico, scenografico e di costumi). La comunicazione radiofonica offre quindi altissimi esempi di attualizzazione di messaggi altresì complessi come quelli letterari, attraverso un linguaggio vocale che si caratterizza per la sua immediatezza e per la sua facile fruizione. Immediatezza e fascino dell’ascolto non sono però sinonimo di mediocrità o semplificazione eccessiva dei contenuti o delle forme linguistiche che li esprimono. Come nota Merlino:

 

"[…] io credo che convenga porgere al "cittadino" un'immagine plausibile ma alta di sé, in una lingua familiare e ricca, così che l'artificiosa figura del cittadino (ma la stessa cosa potrebbe essere detta per l'uomo colto o "coltivabile") operi il prodigio di convertirsi in soggetto reale. È in questa opera che io scorgo la grande pedagogia della radio (e mi rincuora vedere usare oggi la parola "pedagogia" senza timidezza o vergogna), proprio perché essa è il luogo deputato per ricordare le forme antiche del discorrere, per affinare quelle in uso e per inventare le forme nuove, se forme saranno e non vagiti."[8]

 

Da questo punto di vista il medium radiofonico si offre come laboratorio più propriamente pedagogico e didattico di sperimentazioni possibili che partono proprio da esempi suddetti, chiaramente più complessi e sofisticati. Se riflettiamo sul materiale delle interviste impossibili comprendiamo bene che l’espressione vocale finisce con l’essere il prodotto artistico di ciò che, più semplicemente, si pone come uno sforzo di lettura espressiva. La trasposizione di un testo dalla sua forma scritta alla sua forma agita, resa presente e reale dalla lettura, è un’operazione complessa che consente però la socializzazione e la condivisione di un testo che viene vissuto collettivamente come una vera e propria esperienza[9].

La lettura si propone infatti come una di quelle quattro abilità fondamentali che, dalle proposte degli studi linguistici fatti dal GISCEL[10] fino ad oggi, rimane uno degli ambiti più importanti ma forse più trascurati della educazione linguistica in Italia. Insieme alla capacita di scrivere, parlare ed ascoltare, l’attività della lettura si offre come attività formativa che l’alunno svolge “sul campo” all’interno della classe guidato dall’insegnante e dall’ausilio dei compagni. Tramite l’attenzione e l’educazione ad una lettura attenta e meditata che sia prima silenziosa e poi ad alta voce, i discenti possono familiarizzare con un testo non solo al livello contenutistico, ma anche e soprattutto a livello stilistico-formale. Ecco perché la lettura si presenta come punto nodale tramite il quale partire per:

a)  la sperimentazione pratica dell’uso della lingua e dunque l’occasione per il miglioramento delle possibilità del parlare nei suoi diversi contesti

b)  la valorizzazione dell’attività dell’ascoltare: l’ascolto primario è quello rivolto al testo che si offre come spunto di riflessione e di comprensione delle possibilità implicite ed esplicite proposte dal testo stesso (ad esempio un testo può dire un contenuto in maniera seria o in maniera ironica volendo aprirsi a prospettive interpretative di diversa natura)

c)  la formazione di una più adeguata e completa capacità di scrivere che utilizza una molteplicità di esempi afferenti a generi di natura diversa (sia nel campo letterario che nell’ambito della scrittura mediatica, dai copioni della radio alle sceneggiature delle fictions).

 

Le potenzialità della voce si sperimentano in maniera particolare nella comunicazione radiofonica, come segnalò già Gadda negli anni ’50:

 

"[…] Notiamo che le regole fondamentali del parlato radiofonico esprimono una esigenza tecnica - intrinseca adattabilità dello scritto al mezzo che lo diffonde - oltreché un diritto economico e mentale del radioascoltatore abbonato, il quale, pagando un "servigio", chiede che questo "servigio" venga reso nei termini dovuti.

Per il radioascolto i termini sono: accessibilità fisica, cioè acustica, e intellettiva della radiotrasmissione, chiarezza, limpidità del dettato, gradevole ritmo."[11]

 

Dunque “chiarezza, limpidità del dettato, gradevole ritmo” sono i dettami intimi del parlare radiofonico cui si aggiunge un altro elemento di cruciale importanza: la sapiente gestione delle pause. Se in una conversazione frontale il silenzio, corredato da una sapiente mimica, può essere ancor più espressivo, il silenzio radiofonico può invece essere un involontario mancamento che zittisce inopportunamente la comunicazione.

Questi moniti sono le linee guida con le quali si può gestire un percorso di insegnamento-apprendimento tramite alcuni esempi di esercitazioni da svolgere in classe e da rivolgere idealmente alla stesura di un copione radiofonico, che verrà, in un secondo momento, letto espressivamente in classe. In questo modo si potrà contemporaneamente svolgere un duplice esercizio: quello di ideazione e scrittura di un testo radiofonico e quello della resa vocale. Ecco perché sembra più facile partire (soprattutto per alunni compresi tra i 6 e i 13 anni) da soggetti semplici che i bambini e gli insegnanti già conoscono. Per realizzare una intervista impossibile bisogna infatti selezionare un soggetto  e dei personaggi di ambito fantastico o storico, ai quali porre domande diverse riguardanti le loro caratteristiche ma anche argomenti nuovi e originali.

Per consentire al gioco di svolgersi nella maniera più ampia possibile una volta selezionato un soggetto, ad esempio le avventure di Pinocchio, occorre che vengano selezionati dei brani da leggere in classe in modo tale che quei materiali servano a diversi scopi:

  1. i materiali selezionati (es. la nascita di Pinocchio, l’episodio di Mangia Fuoco, quello del grillo parlante, quello dell’incontro con la fata, l’episodio del gatto e la volpe, quello del Paese dei balocchi e quello della balena) possono essere letti in classe per ricordare e discutere insieme i segmenti principali dell’opera collodiana;
  2. i materiali possono essere altresì il banco di prova per fare esercizio sulle possibilità della lettura. Ogni personaggio può essere infatti caratterizzato da un timbro particolare di voce e una particolare caratteristica di dizione (es. Mangiafuoco ha una voce profonda e grossa mentre il gatto parla balbettando con una voce impastata)[12];
  3. da questi materiali sarà facile evincere le caratteristiche dominanti di ogni singolo personaggio (utili per ideare le domande dell’intervista) da discutere  e problematizzare in classe per redigere la prima parte del questionario dell’intervistatore, quello “informativo” che illustrerà le caratteristiche generali del personaggio che si intervista;
  4. i materiali servono altresì a offrire uno spunto di riflessione su ciò che il testo non dice, su idee di svolgimenti possibili della storia che si sviluppano dal testo o da una sua assenza (ad esempio: chi sono il gatto e la volpe? potrebbero essere emissari della fatina che cercano di corrompere e di imbrogliare Pinocchio per fargli imparare che i casi della vita sono tanti e non bisogna essere troppo ingenui e creduloni).

In questo modo il testo non si configura più come un’opera chiusa all’interno della quale tutto è già deciso e preordinato, ma si giunge, tramite una formula ludica e laboratoriale, alla fucina creativa dell’autore ed ai materiali con cui esso lavora. Ogni opera può configurarsi come un’opera aperta sulla quale intervenire per una possibile riscrittura. Ogni lettura avrà dunque questo senso: ascoltare il testo ed il messaggio proposto e , contemporaneamente, riscrivere secondo le proprie suggestioni l’opera stessa. In questo modo il lavoro in classe sarà sempre un lavoro che coinvolge sia l’aspetto più propriamente analitico e razionale dell’intelligenza sia quello più propriamente creativo ed esperienziale [13]che non esclude l’intelligenza emotiva del discente[14].

Coinvolti in maniera attiva, gli alunni si sentiranno sempre più vicini ai personaggi ed alle storie narrate, cosicché sarà poi facile ideare un questionario diviso appunto in due parti: una prima che vorrà dare notizie informative sulle qualità e le peculiarità dei personaggi e delle situazioni una seconda all’interno della quale le vicende dei personaggi potranno animarsi in maniera anche diversa dal soggetto originale. Chiaramente le domande dovranno riguardare i diversi personaggi che parleranno con voci differenti gli uni dagli altri. Il Laboratorio, a questo punto, sarà incentrato sulla scrittura di un testo in cui compaiano domande dell’intervistatore e risposte degli intervistati che potranno anche dare spiegazioni diverse dei singoli avvenimenti. Questa fase laboratoriale e di discussione è simile a quella del Role Playing anche se qui il prodotto finale sarà un testo scritto che non trasgredisca le caratteristiche del parlato radiofonico di cui si è discusso in precedenza. Lo sforzo principale sarà dunque, a questo punto, quello di creare una scrittura funzionale ad uno scopo  particolare che rispetti le regole del genere in cui si inserisce.

Dopo la fase di elaborazione del testo si è pronti alla sua messa in onda. In quest’ultima fase gli alunni dovranno, memori della sperimentazione fatta sui testi, dare vita ai personaggi tramite la caratterizzazione vocale e, se è necessario, tramite l’uso di rumori, fruscii, brusii o quant’altro sia necessario a rendere gli effetti ricercati dalla drammatizzazione. La registrazione finale della sperimentazione sarà il momento conclusivo del lavoro svolto, un saggio dell’elaborazione delle tematiche e dei soggetti. questo lavoro finale sarà quindi utile a scopi diversi: testimoniare , tramite un prodotto finale, la complessità della sperimentazione ed offrire un momento di verifica agli stessi attori partecipanti al progetto sulla qualità del lavoro svolto[15].

La sperimentazione, in questo complesso percorso che va dalla lettura alla esposizione, alla messa in scena vocale chiaramente può essere più complessa a seconda dell’età dell’utenza. La voce infatti da sola può offrirsi come strumento di riscrittura del testo che - alterando l’intonazione, le sfumature, dosando attentamente le pause e i silenzi – diviene canovaccio sul quale ricostruire, attualizzandolo, il senso dell’opera. Esempi teatrali non mancano: materiali utili sono non solo le opere di Carmelo Bene (ad esempio la sua riscrittura dell’Amleto) ma anche ad esempio la riscrittura del La tempesta ad opera di Eduardo de Filippo pensata per essere realizzata da marionette animate dalla sola voce di Eduardo che avrebbe dovuto dare la voce a tutti i personaggi[16]. In questo senso il lavoro sulla voce si profila come un percorso aperto e complesso tanto più elaborato quanto più le condizioni consentano una problematizzazione ulteriore adatta a classi si età più mature.

 

Altri giochi con la radio

Nonostante l’invenzione nel 1948 del transistor che rende il medium radiofonico di facile utilizzo grazie alla miniaturizzazione delle radioline portatili, la radio viene presto soppiantata nel suo utilizzo domestico dalla televisione che diviene il vero nuovo focolare mediatico. Se la televisione assume presto questo ruolo di luogo di raccolta dell’unità della famiglia, la radio si indirizza al singolo individuo che in ogni momento può avere le informazioni che cerca dalla radio, piccola e tascabile, utilizzabile ovunque e in qualsiasi momento. Questo medium si presta infatti all’utilizzo personale sempre più frequente: oltre ad essere senza fili, il medium radiofonico è infatti gratuito, ed è inoltre mezzo che trasmette un’enorme quantità di programmi, dalla musica ai radiodrammi, dai talk show all’informazione. Per questi motivi la radio è riuscita, nonostante la concorrenza di nuovi media sempre più complessi ed evoluti, a mantenere una sua specificità contenutistica e formale che informa modificandola anche l’oralità dell’uso della parola che assume connotati differenti a seconda delle necessità comunicative. La nuova oralità condivisa è caratterizzata dal suo essere , come nota Menduni: 1.Intenzionale (a differenza della vista che generalmente si limita a registrare i dati del reale, l’ascolto invece presuppone l’intenzionalità dell’utente) 2. evocativa ed espressiva (perché non può contare sulla interconnessione di segnali linguistici diversi come quelli mimico-gestuali); 3. ubiqua perché mobile; 4. attuale ovvero non sempre riferisce uno scritto; acusmatica (ovvero un suono che si sente senza capire da dove viene tipico dell’urbanità rumorosa secondo Kant); inoltre  5. essa si inserisce all’interno di un ritmo urbano (che comprende i rumori e i suoni della città e degli ambienti circostanti) più essere generalista , come nota Menduni:

Questi elementi mostrano come la radio sia un medium di largo utilizzo che consente la piena libertà d’uso ad ognuno, sia per quanto riguarda i luoghi e i tempi della fruizione sia per quello che riguarda la tipologia di programmi cui si fa riferimento. Per questo la comunicazione radiofonica deve essere chiara, definita e rispettare la cadenza oraria tipica di una radio che non vuole"Questo ascoltatore non vuole adeguarsi agli orari, vuole un flusso al quale collegarsi quando può, o quando ne ha voglia. Spesso l'ascolto è puramente casuale, e sempre condiviso con altre attività. La radio di flusso è la risposta a questo tipo di attesa. Negli Stati Uniti da almeno trent'anni sono stati selezionati, e continuamente aggiornati, del "formati" comunicativi; delle tipologie di emittente fondate sulla necessità di corrispondere ad un proprio pubblico, ad un proprio target, identificato secondo parametri di età, di sesso, di reddito, etnici, indispensabili per accede alla pubblicità. Si tratta di formati parlati e musicali, informativi, sportivi, etnici, per chi guida, per il giorno e per la notte."[17]

 

Ecco per quale motivo risulta centrale comprendere la struttura dell’organizzazione del palinsesto radiofonico che si adatta a questo tipo di fruizione lungo un clock orario sequenziale che offre anche la struttura basilare all’interno di una sperimentazione didattica.

Il carattere basilare per la gran parte delle trasmissioni radiofoniche (dalle previsioni metereologiche, bollettini sul traffico, curiosità, dati di borsa, informazioni varie) è la brevità e la chiarezza in modo tale che le notizie giungano complete all’utente che in ogni momento potrà scegliere di accendere la sua radio e di fruire delle informazioni ricercate:

 

 

Il concetto fondamentale per la radio di flusso è la rotation. Non è il pubblico ad adattarsi a orari precisi ma l’emittente gli viene incontro (con modifiche dovute soltanto al “clima ”dei diversi momenti della giornata) in cicli periodici. In questo tempo circolare l’intervallo tra due successivi inizi della programmazione, il clock, è generalmente di un’ora (….).Ogni clock ha i suoi isoritmi (…) lo stesso ripetitivo andamento circolare si estende alla pubblicità, che proprio alle ripetizioni ricorrenti del messaggio affida la sua efficacia. Del resto questo andamento rotatorio è analogo a quello della musica leggera intesa come formato e come microtesto: essa si basa sulla ripetizione di una stessa strofa, con varianti tonali e testuali, con diversi accompagnamenti , con improvvisazioni, assolo  suoni fuori campo che si rincorrono tra loro (simile ai videoclips) [18].

 

Per consentire la comprensione della complessità del mezzo radiofonico sopradescritto l’insegnante potrà in classe lavorare in maniera interattiva con in propri alunni cercando anche di capire, in un dibattito, quale sia l’effettivo uso della radio da parte degli allievi. Molti ascoltano la radio sin da piccoli per sentire gratuitamente i loro cantanti preferiti oppure , insieme ai genitori, per seguire ad esempio le notizie sportive. Così conoscono, anche se inconsapevolmente la ciclicità del palinsesto radiofonico. Tramite il momento del dibattito si potrà comprendere anche se qualcuno dei ragazzi ha mai pensato di lavorare in una radio o ha mai visitato uno studio radiofonico. La complessità della comunicazione mediata è frutto anche della potenzialità data dall’uso di mezzi sempre più complessi che offrono una perfetta trasmissione dei segnali sonori (musica, suoni, voci). La discussione preliminare sarà anche rivolta a spiegare il progetto pratico complessivo che la classe andrà a realizzare. Questo passaggio è tanto più utile se si considera che la classe verrà suddivisa in gruppi distinti[19] che si occuperanno delle diverse trasmissioni che la radio di classe dovrà mandare in onda, e dunque gli alunni verranno separati fino all’ultima fase, ovvero quella che prevede il laboratorio di registrazione vera e propria.

Se una conversazione guidata dal docente può offrire un primo approccio al percorso di sperimentazione e facilitare la familiarizzazione con la radio, l’attività si svolgerà su un piano privilegiatamene pratico. Lo scopo finale sarà quello di realizzare un’ora di trasmissione radiofonica cercando di potenziare le capacità di espressione degli alunni coinvolti. Il lavoro cooperativo svolto da una classe nel suo complesso offre la possibilità di lavorare in gruppi distinti sviluppando diversi programmi da inserire all’interno del palinsesto. Questa modalità di lavoro si potrà svolgere anche secondo il modello del team teaching[20], già sperimentato nella scuola elementare e nella scuola media. Questo modello di lavoro consente infatti di poter agire contemporaneamente sulla preparazione dei diversi gruppi che, qualora non fosse possibile applicare questa tipologia metodologica, dovrebbero lavorare in fasi successive le une alle altre.

Poiché il palinsesto radiofonico è estremamente nutrito e si svolge su un clock orario la registrazione di ogni programma, a conclusione del percorso, non potrà durare più di 10/15 minuti. L’attività dei diversi gruppi si svolgerà diversamente a seconda delle diverse finalità e dei diversi programmi che si andranno a realizzare (l’enumerazione che segue è ovviamente esemplificativa e suscettibile di modifiche a discrezione del docente). Per ogni programma vi dovrà essere un lavoro preparatorio che consentirà agli alunni di svolgere un percorso in cui raggiungere obiettivi diversi e perfezionare abilità, conoscenze e competenze specifiche. La classe lavorerà divisa in gruppi che potranno essere seguiti da docenti diversi, e svilupperanno percorsi paralleli. a questo scopo il docente dovrà tener conto delle diverse attitudini degli alunni per poterli valorizzare al meglio nel percorso di sperimentazione. I diversi gruppi potranno elaborare differenti programmi che tutti , infine, confluiranno nella registrazione finale per la messa in onda del palinsesto. Il clock finale potrà comprendere programmi svariati, tra cui quelli indicati di seguito.

 

a.  Il radiogiornale

Il lavoro preparatorio per l’elaborazione di un breve radiogiornale sarà quello di lettura in classe di articoli di quotidiani o riviste. Nel lavoro di lettura sarà significativo comprendere l’importante caratteristica informativa dei testi in questione che tutti rispondono alle cinque domande fondamentali che ci consentono di comprendere dove, quando, chi, cosa, e perché si dà una notizia. Questo lavoro preliminare consentirà di saper leggere una notizia ma anche di saper produrre un articolo di giornale. Le esigenze della comunicazione radiofonica impongono inoltre la necessità, qualora sia necessario di trasferire in un linguaggio verbale i contenuti grafici e iconici del testo a stampa. Fondamentali per questo tipo di comunicazione sono anche brevità e chiarezza dell’elaborazione dei testi. Il radiogiornale è una parte molto importante della strutturazione del palinsesto: è infatti una tipologia di programma tra i più seguiti della programmazione.

Al lavoro preliminare potrà seguire una fase esecutiva di materiali finalizzati alla messa in onda di un vero e proprio radiogiornale ideato e realizzato dagli alunni, considerando: 1. la necessità di organizzare una piccola redazione nella quale alcuni cureranno le notizie ed altri si dedicheranno a realizzare delle interviste (i servizi) da inserire sulle notizie principali. tra  gli alunni si dovrà inoltre sceglierne uno che, avendo una voce più chiara e una dizione migliore, potrà fare lo speaker al momento della registrazione; 2. la necessità selezionare le notizie in base al tempo della durata del tg. Dopo una prima carrellata di notizie lette dallo speaker pochi minuti potranno essere dedicati all’approfondimento di una di esse; 3. la necessità di organizzare il materiale delle notizie con un criterio di importanza, creando una gerarchia ragionata in base a cui le notizie si susseguono.

 Il parlato tipico della cronaca è di tipo descrittivo poiché con le sole parole vuole costruire un’azione o un fatto e renderlo immediatamente comprensibile. Si tenga quindi conto nel caso di interviste condotte in esterni che il rumore di fondo non intacchi la qualità della registrazione e la sua fruibilità.

 

b.  L’intervista radiofonica

Il lavoro preliminare alla realizzazione dell’intervista verterà sulla lettura in classe di interviste di diversa natura tratta da giornali o riviste. Questo consentirà di comprendere nuclei concettuali o tematiche principali sulla base delle quali vengono strutturate le domande da rivolgere agli intervistati. In questo modo si può stimolare l’attenzione sulla difficoltà di articolare un questionario in maniera corretta, ovvero in modo tale che esso si focalizzi sulle problematiche da prendere in esame.

L’intervista è uno strumento comunicativo di facile fruizione e di accattivante piacevolezza che coinvolge un vasto pubblico che preferisce la discreta compagnia della radio a quella della televisione. E’ quindi possibile che alcuni alunni ne abbiano già esperienza e che possano fornire utili spunti per la scelta del tema e del soggetto da scegliere. Nella fase esecutiva il gruppo potrà organizzarsi come una piccola redazione che elaborerà diversi questionari relativi a differenti rubriche. Si tenga presente l’importanza, nel redigere i questionari, delle risposte criterio che gli alunni dovranno segnalare, ovvero risposte orientative dalle quali si coglie il senso e la specificità di ogni domanda. Per la messa in onda sarà poi selezionata l’intervista che verrà ritenuta più appropriata tra le differenti proposte che ogni membro della redazione avrà offerto.

 

c.   lo spot

Il lavoro preliminare consiste nella analisi di pubblicità presenti anche nelle riviste o nei giornali, specificando che la pubblicità radiofonica è più discorsiva perché deve supplire la mancanza di immagini. Il lavoro successivo sarà quello di aggiungere alla formulazione pubblicitaria, la definizione di uno slogan conclusivo che sia sintetico ed efficace. Grande effetto nella pubblicità radiofonica ha anche la costruzione di piccoli sketch in cui si drammatizza la tematica o il soggetto pubblicitario prescelto (ad esempio per invogliare all’iscrizione presso la loro scuola).

Per la realizzazione dello spot non risarà bisogno di grandi mezzi tecnici, alla radio infatti tutta la tecnologia virtuale può essere superflua. Utile è invece capire quale messaggio trasmettere e a quale interlocutore il messaggio deve essere rivolto. Se il messaggio è quello promozionale della scuola esso sarà rivolto ai bambini (quindi può essere giusto inserire nello spot le attività ricreative della scuola, le gite organizzate l’anno prima, le attività parascolastiche, il buon rapporto con docenti e paradocenti) ma anche ai loro genitori, ovvero ad un pubblico adulto (nello spot confluiranno anche i profitti che si è conseguito grazie all’impegno comune di insegnanti ed allievi con l’uso di metodologie innovative, anche grazie alle sperimentazioni, e mezzi tecnologici e non messi a disposizione della scuola)

Appare inoltre importante riflettere sul modo in cui trasmettere questo messaggio (Ad es. creare una pubblicità comparativa) e sulla conclusione ad effetto di esso tramite la creazione di uno slogan efficace.

 

d.  il talk-show

Il talk show sviluppa la possibilità di drammatizzare una vicenda reale o inventata tramite la metodologia del role playing su soggetti che possono essere preesistenti (racconti o novelle ad esempio, ma anche soggetti teatrali). Il lavoro preliminare potrà concentrarsi sulla possibilità di inventare un soggetto  semplice (fabula) cui dare uno svolgimento non seguendo le linee del suo logico sviluppo.

Nella fase esecutiva il gruppo prescelto potrà quindi inventare una storia che ne coinvolga tutti i membri. La storia dovrà essere una storia comune come se essa fosse realmente avvenuta. Per questo essa deve sembrare realistica e verisimile.

A questo scopo non serve un vero e proprio testo scritto, bensì un canovaccio, ovvero un testo abbozzato che non segua tutte le segmentazioni narrative della conversazione. Il canovaccio veniva infatti utilizzato nel teatro della commedia dell’arte, ovvero un teatro di strada che procedeva “a soggetto”, ovvero improvvisando. Lo sforzo è quello dunque non di scrivere dettagliatamente le parti dialogate ma di delineare quanto meglio è possibile:

    •  chi sono i personaggi
    • il carattere dei personaggi
    •  il modo in cui i personaggi si relazionano tra di loro
    • la vicenda centrale
    • conclusione della vicenda a lieto fine (o meno).

Si dovrà inoltre decidere chi reciterà quale parte, e scegliere qualcuno che presenti la vicenda e il tema, e ponga delle semplici domande in modo da stimolare la discussione sul tema che si vuole evidenziare

 

e.  il radiodramma

Il lavoro preparatorio per la realizzazione di un piccolo radiodramma da mandare in onda si potrà strutturare in una serie di esercizi sulla scrittura e sulla lettura espressiva sull’esempio delle interviste impossibili di cui si parla nel paragrafo precedente.

Il gruppo prescelto potrà lavorare per la messa in onda di una novella o di un racconto breve (ad esempio una novella tratta dalle Fiabe italiane a cura di Italo Calvino, o dai racconti di Gianni Rodari). Questo gioco mette alla prova le potenzialità espressive della lettura che nel mezzo radiofonico vengono ad essere esaltate. Il gioco della lettura di fiabe o altri testi sarà molto stimolante per gli allievi perché si prefigge di esaltare le possibilità della voce tramite che, tramite l’intonazione e l’uso di timbri e registri vocali, renderà i diversi stati d’animo e le caratterizzazioni dei singoli personaggi. In questo senso sarà utile una collaborazione attiva del docente che cercherà di mostrare come dare una intonazione particolare ad ogni personaggio (ad esempio: la nonna anziana avrà una voce tremula e incerta, il narratore avrà una voce neutra tipica di chi racconta;  personaggi fantastici: voci strane molto grosse -es. l’orco- o molto sottili -es. uno gnomo-). Sarà inoltre utile prestare attenzione alla presenza nel testo di versi animaleschi che gli alunni potranno tentare di ricreare in classe.

Per la selezione del materiale più adatto alla lettura si proporranno testi dalle seguenti caratteristiche

  • testi in lingua italiana estremamente semplici e comprensibili
  • testi brevi che si adattino ad un contenitore radiofonico
  • testi narrativi con significative parti dialogate
  • testi teatrali molto brevi (es. atti unici)

La realizzazione finale dei programmi di un palinsesto adatto ad un clock sarà il momento di efficace verifica del lavoro svolto, tramite una messa in onda (o anche una semplice registrazione) degli esperimenti realizzati dai gruppi. Il momento finale è di grande importanza non solo perché offre il concreto prodotto del lavoro ma anche perché testimonia le enormi potenzialità del lavoro di gruppo e dell’apprendimento cooperativo all’interno del quale, pur nella specificità del lavoro svolto da ogni parte in causa, si usufruisce dell’esperienza fatta dalla classe nel suo complesso. I materiali raccolti e utilizzati possono essere strumento efficace di prova per un lavoro che si snoda lungo l’arco di una intera annualità e che può continuare, a livelli sempre più complessi, anche negli anni successivi. L’esperienza conclusiva, su un piano strettamente operativo, andrà a verificare infatti, al di là degli obiettivi specifici, obiettivi generali quali le abilità sociali[21] fondamentali nello sviluppo psico-affettivo degli allievi senza tralasciare un’esigenza, di matrice propriamente estetica, di educare tramite percorsi di gioco[22].

 



[1] E. Menduni sottolinea il passaggio dalla radio generalista ad una radio a flusso che riesce ad andare incontro agli utenti in maniera molto più efficace e dettagliata. Vedi E. Menduni, Il mondo della radio, Il Mulino, Bologna, 2001.

[2] La differenza tra il linguaggio alfabetico e linguaggio iconico va considerata nella consapevolezza che se il primo stimola un’ intelligenza analitica sequenziale e gerarchica, il secondo invece è un tipo di apprendimento simultaneo e non gerarchico, in cui le immagini non vengono recepite in ordine di importanza ma a seconda della distanza dal fuoco, ovvero dal centro.

[3] Menduni, cit., p.75.

[4] Come nota Levi Strauss, in Il pensiero selvaggio, “La caratteristica del pensiero mitico, come del bricolage sul piano pratico, è di elaborare insiemi strutturati, ma utilizzando residui e frammenti di eventi.(…)il pensiero mitico, da vero bricoleur, elabora strutture combinando insieme eventi, o piuttosto frammenti di eventi, e cammina in quanto si instaura, crea, sotto forma di eventi, i suoi strumenti e i suoi risultati, grazie alle strutture che fabbrica senza posa e che sono le sue ipotesi e le sue  teorie. ”

[5] Mugnai, Seminario sul linguaggio radiofonico di parola pubblicato in dispensa sul sito dell’Università degli Studi di Siena

[6] La riscrittura de La tempesta di W. Shakespeare fu l’ultima avventura teatrale di Eduardo de Filippo che vide la pubblicazione nel 1984.  Benché nascesse come progetto editoriale, La tempesta ebbe una sua ulteriore traduzione nel 1985 quando andò in scena inaugurando la trentatreesima edizione del Festival Internazionale del teatro, a Venezia. Essa rappresenta un unicum nel corpus eduardiano, non solo in quanto unico esempio di traduzione–riscrittura di un testo straniero, ma perché con essa Eduardo sperimenta una assoluta novità drammatica. La collaborazione con i fratelli Colla porterà sulla scena personaggi–marionette che parlano tutti con una sola voce, quella di Eduardo, il demiurgo che li ha riportati in vita, rievocandoli e ricollocandoli in una nuova isola prima di tutto linguistica e di sperimentazione vocale.

[7] Mugnai, Seminario sul linguaggio radiofonico di parola, cit.

[8] G. Merlino, Pensieri inattuali su radio e conversazione, in Cento anni di radio, Venezia, Marsilio, 1995., p. 61.

[9] Non si dimentichi a questo proposito la prospettiva epistemologica di un approccio culturalista e costruttivista a livello pedagogico e didattico che insiste proprio sulla necessità di abbandonare uno stile direttivo di insegnamento in cui l’insegnante si propone come depositario della verità a favore di uno stile partecipativo e cooperativo in cui il sapere viene continuamente discusso e vissuto sul piano esperienziale come frutto dell’interazione positiva dei membri del gruppo, insegnanti ed alunni  (in questa prospettiva si inseriscono le tecniche e le metodologie del circle time, del brain storming e del role playing). Sull’apprendimento cooperativo si vedano: M. Comoglio, Educare insegnando. Apprendere e applicare il cooperative learning, LAS, Roma, 1998 o dello stesso autore Il cooperative learning. Strategie di sperimentazione, Gruppo Editoriale Abele, 1999, o ancora F. Toriello, Scuola e percorsi trasversali di formazione, ESI, Napoli, 2003.

[10] Il Giscel è il Gruppo di Intervento e Studio nel campo dell’Educazione Linguistica, fondato nel 1975.

[11] Carlo Emilio Gadda, Norme per la redazione di un testo radiofonico, Roma, 1953, edizione fuori commercio (ma poi pubblicato nel 3° volume delle Opere di Gadda, Garzanti, Milano, 1991), p. 5. Il testo, comparso anonimo, era destinato ad uso interno della RAI, e veniva allegato ai contratti di collaborazione.

[12] A questo scopo gli insegnanti non dimentichino l’importanza dell’uso di materiali diversi qualora li ritengano adeguati e significativi. A proposito di Pinocchio ad esempio, il materiale è davvero tantissimo. Al di là dell’adattamento cinematografico della Disney e di quello, più caro a noi italiani, di Comencini, non va tralasciato il Pinocchio di Carmelo Bene che, a differenza delle altre riscritture beniane, segue abbastanza da vicino la scrittura di Collodi. La caratterizzazione vocale dei personaggi e il sapiente uso degli strumenti tecnologici di amplificazione vocale offrono un alto esempio dei risultati cui si può fare riferimento, traendo anche spunto da essi. L’utilizzazione di questi materiali è tanto più facile se si pensa che il Pinocchio di Carmelo Bene è stato pubblicato in CD ed è di facile reperimento.

[13] Per quanto riguarda la problematica relativa alla pluralità delle intelligenze si segnala: H. Gardner, La nuova scienza cognitiva. Storia della rivoluzione cognitiva, Feltrinelli, Milano,1983 o dello stesso autore Forma mentis. Saggio sulla pluralità dell’ intelligenza, Feltrinelli Milano, 1987.

[14] A questo proposito si rimanda a D.Goleman, L’intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1996; D. Goleman, Lavorare con l’intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1998; C. Variale, Cervello, Emozioni, Prosocialità, Liguori, 2002. La bibliografia relativa a questa problematica è chiaramente molto più vasta, ma le linee essenziali  e le principali indicazioni bibliografiche sono rintracciabili nei testi già segnalati cui si aggiunge: A. R. Damasio, L’errore di Cartesio. Emozioni e ragione. Adelphi, Milano, 1995 o dello stesso autore Emozione e coscienza, Adelphi, Milano, 2000.

[15] Il progetto del laboratorio può essere articolato e presentato in questo modo anche al Collegio dei Docenti in modo da essere inserito nel POF, proprio perché sviluppa non solo gli obiettivi specifici inerenti all’insegnamento della lingua italiana, ma anche obiettivi generali come 1. favorire la socializzazione; 2. creare le condizioni perché emergano le potenzialità di ciascun allievo, valorizzandone le doti e gli interessi; in questo senso sembra utile segnalare gli strumenti di una possibile autoverifica del lavoro svolto.

[16] Vedi V. Reda, La tempesta di Eduardo, Atti dell’Accademia Pontaniana, Napoli, N.S., Vol. L (2001), pp.283-308.

[17] E. Menduni, La radio nell'era della TV, Bologna, Il Mulino, 1994, p.98-99.

[18] E. Menduni, Il mondo della radio, Il Mulino, Bologna, 2001, p.123.

[19] Per quanto riguarda la composizione dei gruppi “è possibile formare gruppi omogenei o eterogenei: nel suo complesso, comunque, è opportuno  che i gruppi siano formati per insiemi eterogenei, perché una composizione di questo tipo può determinare un vantaggio per i più deboli, come per quelli più abili.” R. Pititto, La comunicazione difficile, La scuola, Brescia, 2000, p145.

[20] Sul modello del team- teaching si veda: J. T. Shaplin- H.F. Holds, Team-Teaching. una nuova organizzazione del processo educativo, Loescher, Torino, 1973; M. Bair –R Woodward, La pratica del Team Teaching, , Loescher, Torino, 1974.

[21] Le abilità sociali sono fondamentali nel più ampio discorso di educazione alla cittadinanza, nel quale l’attività formativa viene inserita in un contesto più vasto che è quello del sistema mondo. A questo proposito sembra infatti riduttivo ogni discorso formativo di tipo specialistico e segmentale, in quanto “l’oggetto dell’educazione non è dare all’allievo una quantità sempre maggiore di conoscenze, ma è costruire uno stato interiore profondo, una sorta di polarità dell’anima che l’orienti in senso definito, non solamente durante l’infanzia, ma per tutta la vita.” E. Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina Edizioni, Milano, 2000, p.45

[22] Si veda anche, a questo proposito, G. Annunziata (a cura di), Il diritto al gioco intelligente, Eurocomp2000, Napoli, 2002; C. Gily, In-Lusio. Il gioco come formazione estetica, Graus edizioni, Napoli, 2002.