di
Clementina
Gily
Il
favoloso mondo di Amélie
è una favola? Si direbbe, per il physique
du rôle della protagonista, grandi occhi neri sognanti ed un
faccino impegnato. Per larguzia dei montaggi, per il modo semplice
di presentare i personaggi attraverso le loro idiosincrasie. Il padre,
la madre, tutti, sono persone cui piace
non piace
, un modo
semplice di dire un carattere, attraverso quel che ha scelto di fare.
Ma
poi è una favola, perché è il mondo visto attraverso gli occhi di
una bambina che non sa crescere, molto sola, che seguita a vivere in
un sogno. Il che non le impedisce di avere contatti semplici con le
persone, di inserirsi fra di loro, di collaborare alle loro vite. Non
smette di essere curiosa, di cercare il lato divertente nelle cose, di
farsi domande inutili. Ci riporta lontano, a quando si perdeva il
tempo per chiederci sul serio cose inattuali. Tempo perso? Ma era la
felicità di trovare risposte sognanti, di usare il tempo per
coltivare le possibilità del mondo, gli altri
lati delle cose, sospesi tra veglia e sonno. Tutto devessere utile?
Il
sogno che continua ad un certo punto si svela ad Amélie una virtualità
della realtà una possibilità che non si è realizzata. Ad
esempio: e se questa persona qui, che perde il tempo a viversi addosso
senza sapersi, tutta un tratto ritrovasse i giocattoli della sua
infanzia perduta; se questaltra si accorgesse che un altro è
infelice e dividesse con lui il suo tempo;
se quello lì capisse che si può fare qualcosa se appena si
vuole
La bambina allora comincia a perdere tempo, con estrema
fantasia, per seguire i suoi sogni, e dimostra con astuti inganni a
quelle persone la via che era loro davanti e che non vedevano per via
di non guardar la luna, gli occhi pieni di pianto per il sole che se
nè andato: troppe lagne e manie di persecuzione.
Amélie,
così, singegna per dimostrare ad un borioso che non è poi tanto
bravo e tanto superiore ad altri come egli crede di essere, per
indicare ad un vecchio la strada di una nuova gioventù. E, visto che
è una fiaba, ci riesce e
alla fine trova anche lamore.
Ma
il racconto ti lascia addosso, comè delle fiabe scritte con
sentimento e capacità stilistica, qualche altra cosa. La sensazione
che non sia una favola, una perdita di tempo. Che davvero sarebbe
possibile, se solo non si considerasse utile solo il tempo speso per
inseguire un goal, un
temibile risultato conseguito nellazione situata. Se si desse un
po di spazio alla fantasia, si decostruisse il reale per
ricostruirlo un po più in là, con appena una linea distorta, non
si potrebbe, forse, migliorare la qualità della vita? Allora il mondo
di Amélie si svelerebbe non una fiaba, ma un gioco, quel che di più
serio cè nella vita. Lo spazio di tempo per coltivare il tempo e
reinventare il mondo.