L'erbarioWolf Periodico di comunicazione, filosofia,politica

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Nuova Rivista Cimmeria

 Filosofia Italiana

 

 

Il cofanetto di tre volumi: Raffaele Picardi (a cura di) – C’era tre volte il principe Gianni – Eurocomp 2000 Graus Edizioni, Napoli 2002, comprendente

G. Strino, Nomi reali, storie virtuali, con pref. di A. Acerbi

L. Burgassi, I media spiegati dai bambini, con pref. di L. Toschi

A. Santoro, Il teatro della fantasia, con pref. di C. Gily

insegna modi di giocare coi bambini in stile rodariano, con giochi istruttivi ma divertenti, capaci di innescare la grammatica della fantasia. Consigliando la lettura del volume, ripubblichiamola prefazione al terzo volumetto, con il consenso dell’autore e dell’editore.

 

Il teatro a scuola, aspettando Rodari

 

Quanto può nella formazione di un giovane ragionare sul tragico, il piacere, il riso, le categorie più frequenti nel teatro? Più o meno quanto ha sempre giovato l’arte: a mettere in moto l’immaginario, ad educare la capacità di mettere in scena il tutto a modo proprio, per dire la nostra opinione sul mondo.

E’ l’aspetto più tipico dell’arte, lo dice già il mito della loro nascita. Ermes neonato incontra sul suo cammino una tartaruga e s’incanta per il guscio dorato e ricco, duro ma non estraneo. L’ama? Piuttosto se ne appropria, stacca quel permeabile rilucere di meravigliosi riflessi dalla vita, e nel vano così creato pone le corde di una lira. Un amore possessivo ed immediato, non rispettoso dell’essere della parte ma del solo del suo collegamento con il tutto, con la propria idea, questo fa dell’arte un momento di grande formazione. Che può iniziare nuove ere grazie alla liberazione di accordi nascosti, che sono nel vivere soffusi, meno evidenti di altri. Richiedono pazienza per essere appresi, scienza per essere esercitati: non sono semplici - ma schiudono le conquiste più alte, sinergiche, quelle che portano sopra la semplice nozione, il ricordo di qualcosa, verso la comprensione di un senso. E’ la formazione della capacità creativa, originale, l’educazione dell’immaginario.

Questo è quello cui mira l’educazione estetica, ed il teatro ne costituisce da sempre un terreno particolarmente fertile. Perciò nel lavoro dell’Osservatorio di Comunicazione è centrale. D’altronde il gioco, di cui ci interessiamo dal ’98, è in tedesco detto Spiele, in francese Jeu, in inglese Play, cioè, in tutte le principali lingue europee, lo stesso termine della rappresentazione teatrale. Cos’è l’antico ed universale gioco del facciamo-che-io-ero se non una vera e propria rappresentazione teatrale? Borges lo indicava come il modello stesso della rappresentazione teatrale in una storiellina di Finzioni: contrapponendo bambini, che giocano fuori della finestra al gioco del muezzin e dei fedeli in preghiera, al sapiente Averroé, intento a chiedersi senza sapersi rispondere cosa mai voglia dire Aristotele - quando in antichi libri, oramai purtroppo perduti, parlava di tragedia, di commedia.

 

Il gioco teatrale è lo spazio per esercitare la propria capacità di lettura nel mondo migliore, dando lo spazio adeguato allo svolgersi della grammatica della fantasia di Gianni Rodari.

E’ importante che le iniziative sul tema, come questa che qui si presenta, mostrino in modo esemplare e nella loro ricchezza, la molteplicità dei piani su cui bisogna lavorare. Questo poi è il motivo per cui la loro realizzazione meglio si imposta attraverso una rete di scuole ed una collaborazione, un coordinamento come nel nostro caso attraverso un Osservatorio, la messa  a punto di diverse strategie di comunicazione per rendere nota l’iniziativa e per discuterne a livello quanto più ampio e soddisfacente possibile.

Ma è nostro parere che tutte le esperienze di teatro con i ragazzi, anche le più naif che possiamo ricordare, siano comunque esperienze di arricchimento e di confronto. Il teatro ha in sé, indissolubilmente congiunti, gli elementi contrastanti che vanno pacificati per poter procedere, la memoria e l’originalità, il testo e il nuovo attore, la sceneggiatura e la necessità di modificare una parola o un gesto: e soprattutto la lettura stessa, cioè la capacità di attuare quella traduzione di un linguaggio in un altro, di giungere ad una lettura comune con altri, di far coordinare in questa il tecnico del suono, delle luci, della scena… sono tutti elementi che anche nei teatrini delle marionette occorre coordinare, è una vera e propria esperienza comunque di un ragionare pratico, cioè pensando insieme all’azione che bisogna fare ed agli altri che sono coinvolti con noi nello stesso momento sulla scena, per evitare cattivi effetti di scena.

E’ un ragionare, ed è per giunta un ragionare utilissimo per noi, uomini del tempo della socio prassi, della psicologia relazionale - un ragionare pratico – ma anche capace di cogliere il punto della compresnione, dell’incontro delle lingue, del comprendere a mio modo quel che l’autore voleva dire. Tutte le messe in scene teatrali si basano prima di tutto su questo lavoro sul testo. Quale insegnante mai può garantire un fascino tale da superare quello di una rappresentazione teatrale, per far capire ad uno studente una qualsiasi opera di teatro?

Poi il ragionare pratico è anche un ragionare con gli occhi, come facciamo tutti i giorni per farci capire in ogni situazione del vivere. Ma mettendo a punto la voce, l’espressione, il gesto. Imparando come comunicare adeguatamente, uscendo da quella improvvisazione che spesso relega i meno abili a rapporti d’interrelazione meno efficaci di altri. E’ il ragionare con i comportamenti d’ogni giorno, intendendo quanto si parli con il modo di fare, spiegando ad ognuno come mai la gente capisca spesso la nostra timidezza, o collera, anche se ci siamo ben guardati da dire una sola parola. Un esercizio razionale, ma non solo: come dirà ogni esperto di teatro. Come la parola è un getto dal cuore poche volte, tante altre è una facoltà educata e resa esperta: così anche il corpo. Duqneu, un nuovo importante elemento di formazione che stavolta introduce un vero e proprio nuovo elemento di formazione. La lettura e l’interpretazione, ad esempio, sono già esercitate nella scuola tradizionale e molti insegnanti sono abili esegeti. Più difficile invece vi sia questa forma di competenza, che pure fa parte del ragionare pratico del teatro, estetico, mentre non lo è dell’analisi riflessiva tipica delle materie scolastiche, o almeno del loro insegnamento ordinario.

Questo è il motivo per cui l’esperienza compiuta con la messa in scena de La fabbrica del cioccolato ha dato particolare peso all’esperienza di docenti che avevano nel loro bagaglio personale quello di essere sperimentatori teatrali, e ne ha ricavato grande giovamento. Lo stesso era già accaduto in altri similari esperimenti in cui l’Osservatorio ha potuto osservare un percorso di laboratorio teatrale. Di qui si avanza la proposta che per il ripetersi di simili esperienze entri nella discussione preparatoria del team d’organizzazione la valutazione del ruolo dell’esperto di recitazione teatrale, ricorrendo, ove non sia reperibile all’interno di una struttura educativa, anche all’esterno, per non lasciare all’improvvisazione una parte così centrale dell’educazione dell’immaginario che si compie attraverso la formazione del ragionare pratico, tipico dell’azione teatrale.

 

L’esperienza si è compiuta con l’intento di mettere in chiaro un modello didattico ripetibile. Perciò esso ha coinvolto realtà territoriali diverse, che discutendo tra loro hanno messo a punto convergenze e divergenze, giungendo a rappresentazioni diverse, il cui confronto dà la misura della ricchezza e della partecipazione interessata degli attori dell’esperienza. Tutto, tra l’altro, sarà riscontrabile nel tempo, per la messa a punto di un portale, che è documento del passato e, già in sé, progetto del futuro. Ma di tutto questo parla il testo, dunque lasciamo alla lettura la precisazione dei termini. Si faccia caso alla ripetitività didattica che si propone con questa esperienza, all’esplicitazione di criteri didattici costanti. Questa è una precisa impostazione dell’Osservatorio, cui il progetto ha risposto a pieno. Promovendo una Ludo-di-dattica, l’Osservatorio sin dalla prima volta ha precisato che il problema non è di formare attraverso il gioco, cosa che si fa sempre anche nelle scuole. Piuttosto è di trovare dei criteri didattici perfezionati, evitare gli spontaneismi, non certo per evitare le originalità (si vede dal percorso che invece il metodo di gioco le salvaguarda di natura) ma gli scadimenti, la mancata formatività delle esperienza. Un sentiero anche troppo facile, per la cattiva interpretazione che i più danno del gioco. Qui, l’effetto in discesa, viene subito evitato grazie alla rappresentazione finale: un momento della verità che ognuno ha in mente sin dall’inizio. Poi si è posta la registrazione, il portale, la definizione di momenti metodologici.

La precisazione della didattica tra l’altro è discorsiva. Costituisce il modo giusto per chiunque abbia fatto esperienza analoghe per segnalare ed intervenire sui temi e sui metodi, approtando modifiche e miglioramenti. Costituendo un’esperienza in progress e socializzata al massimo nell’interattività. Questa è la promessa del portale, che rende evidente in una sola immagine il senso costruttivo e complesso quel che si vuole andare a proprorre. 

 

Al gioco del teatro è stato riconosciuto tante volte un posto importante nella formazione e nella conoscenza del mondo, perché dà modo di esistere a questa compenetrazione dell’attore e dello spettatore nella topologia di un problema, descritto in ruoli determinati, dando modo, nell’imitare la mimica ed il gestire, di apprendere dall’interno di una situazione le passioni della storia e dell’animo umano. Esse allora non sono fatto libresco, date da ricordare, memoria da animare con difficoltà, ricognizione scientifica: diventano fatti di vita vissuta, consentono di vivere per un attimo una passione immaginata, di entrare con la fantasia nella storia, di sperimentare in prima persona il succedersi degli avvenimenti. Perciò la drammatizzazione è una forma didattica frequente, anche se non con la maturità di questa occasione presente, perché ha di per sé la magia del rivivere e del coinvolgimento, dell’assumere un ruolo gestendolo in modo partecipato, di cercare nel doppio teatrale una realtà che non è realtà, che non è fantasia, che è un luogo esplorabile della memoria, che si vive spendendosi completamente in una esperienza che è vita ed è sogno insieme. Senza drammi incancellabili, essa dona la ricchezza di una esperienza umana. Si disegna nell’arco della storia e della rammemorazione, si vive con la comunità.

Fare teatro a scuola, quindi, è una giusta esperienza di come le materie di studio possono essere tradotte dalla freddezza di un manuale da ricordare alienandosi, all’esperienza della partecipazione in prima persona. Approfondendo e ricostruendo, conoscendo il fatto ma insieme anche le passioni dei protagonisti degli eventi dell’uomo.

 

L’Osservatorio sta avviando la sua battaglia per la formazione dell’immaginario, per l’educazione estetica, soprattutto attraverso i media, ma questa esperienza mostra come i grandi risultati sempre conseguiti sul tema siano appunto stati realizzati con i media tradizionali. Esistono in questo campo metodologie sperimentate, competenze, modi d’intervento codificati. Le nuove strategie hanno ragione di essere privilegiate proprio per la loro attuale novità, carenza d’intenti, ma le tradizionali possono invece già dare risultati con poco sforzo, essendoci già sensibilità ed abilità atte a raccogliere il progetto.

Questo percorso perciò merita i complimenti, per l’opportunità dell’idea, per l’abilità della sua realizzazione. Anche perché conosciamo bene le difficoltà pratiche e teoriche che sicuramente l’iniziativa avrà dovuto superare per slegarsi dalla tradizione osando verso il nuovo. Non è facile andare oltre i vecchi schemi: ma il nuovo millennio lo esige. Non basta infatti parlare di computers per essere nel nuovo mondo. Occorre capire la mentalità utile per muoversi attraverso di essi verso la nuova cultura che essi formano. I procedimenti dell’immersione nella scena e della rappresentazione interattiva sono del computer come sono del teatro. Perciò la drammatizzazione è un più che valido mezzo per inerpicarsi, attraverso il passato, nell’avvenire. Che è una nuova storia, ma anche una nuova didattica, capace di preparare gli uomini nuovi, duttili ed appassionati, che sono necessari per avere la forza di fronteggiare le troppe novità cui siamo di fronte.

 

Clementina Gily

Direttore responsabile dell’Osservatorio di Comunicazione