L'erbarioWolf Periodico di comunicazione, filosofia,politica

Rubriche
 

Nuova Rivista Cimmeria

 Filosofia Italiana

 

 

Il mondo nuovo delle Immagini e della  Pubblicità

di Livia Ladogana

  1. Chiara Giaccardi, I luoghi del quotidiano, FrancoAngeli, Milano 1995
  2. Simona De Iulio (a cura di ), L’età del manifesto, FrancoAngeli, Milano 1996

 Chiara Giaccardi, I luoghi del quotidiano, FrancoAngeli, Milano 1995

Indice

 Prefazione, di Francesco Cassetti

 

Introduzione

 La pubblicità televisiva: alcuni nodi teorici.

 Testo, contesto, interpretazione: ragioni e metodo dell’analisi comparata.

 I beni e il mondo: categorie merceologiche e forme di rappresentazione sociale.

 La sposa meccanica: l’auto nella pubblicità televisiva.

 L’universale e lo specifico: le campagne transnazionali

 Conclusioni

 

Riferimenti bibliografici.

 

 

Argomento

 

Il libro affronta il tema della pubblicità e del suo ruolo nella costruzione della realtà sociale; la trattazione mira a superare approcci di studio alla pubblicità che l’avevano relegata per anni ai margini della cultura. In effetti anche quando gli studi sulle comunicazioni di massa hanno cominciato ad interessarsene, essa costituiva un argomento imbarazzante, la cui analisi puntava l’accento, pressoché in modo esclusivo, sulla sua forza persuasiva.

Il testo, invece, in tempi ormai maturi, rappresenta  un approccio del tutto diverso all’argomento, si tratta di un’analisi socio – semiotica della pubblicità, che utilizza la strategia della comparazione della pubblicità televisiva italiana e di quella inglese. I risultati della ricerca, che l’Autrice offre nel testo, sono dunque ben fondati, sia dal punto di vista del metodo, sia da quello del contenuto analizzato.

 

Segnalazioni

 

La lettura del testo di Chiara Giaccardi risulta estremamente interessante per i modi in cui la ricerca sulla pubblicità è effettuata. Il metodo della comparazione, usato come conferma della teoria del rapporto osmotico esistente tra pubblicità e realtà sociale, risulta molto convincente.

La metodologia utilizzata potrebbe essere applicata, con successo, all’esplorazione di comportamenti sociali relativi ad altri Paesi.

Si segnala, in particolare, la lettura delle pagine del capitolo intitolato L’universale e lo specifico: le campagne transnazionali in cui sono esposti i risultati della comparazione di pubblicità di auto, di detersivi per l’igiene della casa, di cibo per gatti, di rasoi e di apparecchi televisivi; in tale capitolo si possono particolarmente assaporare l’incisività e la novità dell’analisi effettuata.

Riassunto

 

Chiara Giaccardi esamina la pubblicità con approcci diversi al fine di connotare al meglio le sue caratteristiche. Infatti, nel testo in esame, si considerano i temi, il linguaggio, lo stile della pubblicità; nonché i suoi effetti cognitivi e sociali. La pubblicità è inoltre analizzata come aspetto della realtà quotidiana, come facente parte, a pieno titolo, del vissuto degli individui. La novità del testo è poi nella presentazione dei risultati dell’analisi fatti emergere dalla comparazione di spot televisivi trasmessi, nello stesso periodo, in Italia ed in Inghilterra. Ciò che emerge è l’interessante rapporto tra analogie e differenze, laddove si palesa il radicamento degli spot nella differente cultura dei due Paesi.

Il materiale della ricerca è costituito da 5500 spot italiani ed inglesi trasmessi tra ottobre 1988 e marzo 1989 in peak time,  prima e dopo le news; sono stati videoregistrati gli spot della fascia di peak time trasmessi in una settimana – campione per ogni mese, la stessa per i due paesi.

Lo studio sulla pubblicità è stato sempre insidiato dalla presunzione che essa fosse uno strumento persuasivo e non un genere televisivo valido di per sé, pertanto, la ricerca avveniva attraverso l’applicazione di strumenti presi in prestito dagli studi sulla propaganda. La pubblicità era, infatti, già tra il 1950 ed il 1970, inserita negli studi sociologici, ma accanto a temi quali la manipolazione, la persuasione, i messaggi subliminali; tale approccio vietava la possibilità di conoscere a fondo la pubblicità, scopo che Chiara Giaccardi ha perseguito con successo grazie al diverso approccio teorico scelto per affrontare il tema.

La pubblicità è inserita nell’ambito delle esperienze di vita quotidiana, anche come veicolo di sogni e di immaginazione, nonché come sublimazione dei desideri spesso irrealizzabili.

Il testo nelle prime pagine illustra l’insieme dei possibili approcci teorici al mondo della pubblicità; l’autrice, però, sottolinea che proprio la peculiarità dell’oggetto analizzato non consente la serena applicazione di modelli di analisi tipici di altri ambiti. In particolare è affrontato il discorso del linguaggio in pubblicità e cioè l’interazione tra linguaggio verbale e linguaggio iconico, interazione che risulta essere qualcosa di più della loro somma.

Nel paragrafo Approcci teorici ed empirici ai testi pubblicitari, Chiara Giaccardi ricorda i diversi approcci disciplinari succedutisi nello studio della pubblicità; vi sono, infatti, illustrati i diversi punti di vista dell’approccio (micro) economico delle teorie del mercato, secondo cui la pubblicità è esclusivamente strumento di influenza delle vendite; quello psicologico degli anni ’60 – ’70 che puntava l’attenzione sui messaggi subliminali e sui poteri persuasivi esercitati sull’individuo; quello socio – antropologico; quello semiotico, l’approccio massmediologico ed infine l’approccio pubblicitario.

L’autrice sceglie, però, come punto di partenza per la sua ricerca l’approccio socio – antropologico e quello semiotico. Lo studio effettuato è condotto da una prospettiva sosiosemiotica a partire da un tipo di analisi comparativa. Per la componente sociosemiotica si fa riferimento soprattutto al lavoro di Halliday (1978), con particolare attenzione al modo in cui aspetti semantici, pragmatici e testuali si influenzano e si definiscono reciprocamente. (p.71)

La ricerca si colloca nell’ambito della pragmatica testuale, poiché l’attenzione è soprattutto incentrata sulle possibilità di interpretazione aperte ( e chiuse) dal testo, e sull’attività richiesta allo spettatore per la produzione di significato. (p.71)

L’analisi comparativa, condotta dall’autrice, consente di cogliere differenti comportamenti in relazione ad alcuni topoi relativi a temi sociali di importanza fondamentale. L’analisi è svolta, dunque, seguendo una prospettiva pragmatica che punta l’attenzione su due aspetti: l’attività del ricettore e il contesto di ricezione.

Quale rapporto intercorre, allora, tra pubblicità e realtà sociale? La pubblicità non desidera porsi come specchio fedele della realtà, essa dice qualcosa della realtà in cui inserita, ma nel contempo la modifica, enfatizzandola, ingrandendola, selezionandola. Essa sfrutta appieno le potenzialità della novità e dei topoi ; attraverso la presentazione del “nuovo” cattura l’attenzione dello spettatore, ma, poiché la comunicazione deve avvenire in pochi secondi, i topoi le consentono di risultare immediatamente comprensibile e riconoscibile. Ecco perché in essa si ravvisano elementi ricorrenti,  ma non fedelmente rappresentati.

Gli spot pubblicitari sono altresì influenzati dal codice delle normative del Paese in cui sono trasmessi; in tal senso risulta eloquente la comparazione tra spot italiani e spot inglesi in materia di bevande: in Gran Bretagna si trova una varietà molto maggiore di bevande analcoliche e calde che…costituiscono una componente essenziale di almeno uno dei pasti quotidiani in questo paese (p.106). Negli spot italiani, di contro, è maggiore la presenza di bevande alcoliche, tale differenza non rispecchia, però, la realtà sociale e le abitudini dei cittadini, piuttosto ha a che fare con un rigido controllo istituzionale effettuato sui cittadini inglesi.

L’autrice afferma in conclusione che le bevande alcoliche più di altre categorie di bevande sono demarcatori di contesto, cioè associate con insiemi ricorrenti, prevedibili, positivi, di elementi sociali, situazionali, culturali (p.112).

Il metodo comparativo ha evidenziato l’esistenza di tabù all’interno dei rapporti sociali; infatti la comparazione di spot in cui è presentata la coppia uomo – donna ha dimostrato che in Inghilterra c’è una gamma di rapporti diversi rispetto al tradizionale legame tra sessi opposti, mentre in Italia la coppia uomo – donna è pressoché l’unica presente, il resto è sapientemente taciuto. Inoltre negli spot televisivi italiani la donna è nutrice, soddisfatta nel procurare piacere e benessere alla famiglia; mentre negli spot inglesi sono presenti gruppi parentali diversi e, di conseguenza,  diverse immagini attribuite all’uomo ed alla donna.

La pubblicità, dunque, pur non rispettando fedelmente la realtà sociale, non prescinde da topoi fondamentali di essa affinché la comunicazione, il messaggio giunga allo spettatore in maniera chiara ed efficace.

Il rapporto tra pubblicità e realtà sociale è profondamente osmotico, se è infatti vero che gli spot pubblicitari rappresentano la realtà sociale, è ancor più vero che essi esercitano su di essa una forte influenza ed agiscono, se non sulla realtà stessa, certamente sulla percezione che di essa hanno gli individui.

La pubblicità è dunque a pieno titolo parte della realtà sociale che non rispecchia, bensì rappresenta; essa, come appare dalla ricerca illustrata nel testo, trae nutrimento dall’intertestualità, in effetti poiché la durata degli spot è limitatissima, essi si servono di un’infinità di rimandi ad altri ben noti topoi, ciò conferma che ciascun testo pubblicitario non può essere analizzato di per sé, cioè avulso dal contesto, ma deve essere visto come elemento della realtà sociale, parte integrante di quell’immaginario collettivo fatto di elementi diversi che vengono ritualizzati in un unico e variegato flusso pubblicitario.

 

 

 

 

 

 

Simona De Iulio (a cura di ), L’età del manifesto, Franco Angeli, Milano 1996

 

Indice

 

Prefazione di Alberto Abruzzese

 

Introduzione di Simona De Iulio

 

Louis Sébastien Mercier, Paris – Affiche

 

Jacques Barthélemy Salgues, El Dorado ovvero i manifesti

 

Victor Fournel, Cosa si vede nelle strade di Parigi

 

Champfleury, Un museo di manifesti illustrati

 

Lucine Descaves, Il rimedio proibito

 

Joris Charles Huyamans, L’inebriante gioia satanica dei manifesti di Jules Chéret

 

Frantz Jourdain, Jules Chéret ovvero una requisitoria contro la tradizione

 

Victor Champier, Verso una nuova cultura visiva

 

Roger Marx, Les Maîtres de l’affiche

 

Maurice Talmeyr, L’età del manifesto

 

Gustave Kahn, L’estetica della strada

 

G. D’Avenel, La pubblicità, meccanismo della vita moderna

 

Argomento

 

Simona De Iulio offre una raccolta di testi sulla pubblicità diffusisi in Francia in un periodo compreso tra la fine del XVIII e l’inizio del XX secolo. Si tratta di un’antologia di brani dei primi commentatori dell’arte del manifesto pubblicitario, tradotti e raccolti con l’intento di indagare l’impatto sociale del messaggio pubblicitario sin dal principio dell’affermazione di tale genere. I testi presentati mostrano che il processo di spettacolarizzazione e di massificazione del consumo è stato molto più rapido ed ha preceduto l’avvento del cinema e della televisione; in effetti ancor prima che la televisione ed il cinema si affermassero come schermi del linguaggio pubblicitario, i manifesti pubblicitari erano parte della vita metropolitana.

Simona De Iulio, nel suo volume, tenta di svolgere un’indagine archeologica del fenomeno pubblicitario, al fine di rispondere ad un’esigenza di chiarezza rispetto ad esso. Si tratta di ricercare le origini per comprendere in modo esaustivo il presente; risulta, infatti, molto utile conoscere ciò che è stato prodotto dall’introduzione della réclame non solo per studiare le origini della comunicazione pubblicitaria, ma anche per comprendere in maniera chiara la situazione attuale. L’analisi della pubblicità si presenta, però, molto impervia per il carattere stesso del suo oggetto; non potrebbe essere esaustiva un’analisi che tenti la sintesi sull’argomento, in caso contrario ci sarebbe il rischio di rimanere disorientati dalla ricchezza di implicazioni insite nella comunicazione pubblicitaria, pertanto, un’antologia che chiarisca i segmenti maggiormente significativi è sembrata all’autrice il miglior approccio all’argomento.

 

Segnalazioni

 

La lettura dei testi tradotti da Simona De Iulio è molto interessante in quanto offre l’opportunità di conoscere l’evoluzione del fenomeno del Manifesto attraverso le testimonianze di scrittori e letterati dell’epoca. Il testo consente di contestualizzare la diffusione del Manifesto, di comprendere il suo rapporto con la città e con i cittadini; è pertanto interessante per coloro che intendano rintracciare il percorso storico del fenomeno pubblicitario.

 

Riassunto

 

I dodici testi tradotti da Simona De Iulio sono inediti in Italia e pubblicati in Francia tra la fine del Settecento e l’inizio del Novecento, più precisamente nel periodo che va dalla Rivoluzione francese all’âge d’or del manifesto.

In Francia l’affissione ebbe un grande sviluppo, essa fu supportata dalla scoperta di dispositivi tecnici, quali la litografia (1789) e la cromolitografia (1838 ) e costituì la risposta adeguata ad un rapido sviluppo industriale che richiedeva strategie di comunicazione atte  a promuovere le vendite. Si diffusero, in quel periodo, in Francia, Passages, grandi magazzini, vetrine, esposizioni universali. Fin dal principio, negli scritti dell’epoca, si affermò la convinzione circa l’esistenza di un forte legame tra l’affiche e la società. Risultò, cioè, da subito lampante che i contenuti del discorso pubblicitario fossero specchio della società e che, contemporaneamente, proprio la comunicazione pubblicitaria influenzasse l’immaginario collettivo. Specchio del Nuovo, del progresso, della società dei consumi, il manifesto pubblicitario, però, conservava un forte legame con la tradizione; ancora oggi la pubblicità si serve, per essere maggiormente incisiva e convincente, di una particolare commistione tra passato e presente. Grazie alle sue caratteristiche la pubblicità entrò a far parte della vita delle metropoli, essa si infiltrò nella vita quotidiana di ciascun individuo, che più o meno consapevolmente ne era attratto; la letteratura si occupò presto del fenomeno assumendo un atteggiamento repressivo ed anti – pubblicitario. La pubblicità stava cambiando non solo il volto delle città, ma soprattutto il paesaggio culturale; si trattava di una svolta epocale che non poteva non suscitare tante remore e perplessità.

Paris – Affiche
Louis Sébastien Mercier

 

I manifesti apparvero a Parigi in concomitanza con gli eventi della Rivoluzione, essi furono utilizzati come valido strumento di lotta politica. Si diffusero rapidamente e divennero parte importante dell’arredo urbano; in seguito, all’indomani della caduta della monarchia, essi furono adottati per la diffusione delle merci. I manifesti pubblicitari erano costituiti da lunghi testi argomentativi ancora poveri di immagini. La diffusione dei manifesti nelle strade parigine è testimoniata dagli scritti dell’epoca e la testimonianza più precoce è proprio quella di Mercier, che, in un saggio del 1796 dal titolo “Le nouveau Paris”, afferma che il manifesto poteva ormai costituire il tratto distintivo della città, l’elemento che la rendeva differente dalle altre: Paris – Affiche appunto. Il manifesto è considerato una biblioteca istruttiva, permanente e continuamente aggiornata, con una evidente nota di sarcasmo Mercier afferma che se il popolo si abituasse a leggere le affiches, imparerebbe almeno a non storpiare l’ortografia francese. L’atteggiamento che Mercier ostenta nei confronti del manifesto oscilla tra l’ammirazione ed il sarcasmo; da una parte, infatti, l’Autore riconosce il successo del manifesto pubblicitario in quanto veicolo velocissimo di comunicazione, dall’altro Mercier analizza la situazione con una punta di sarcasmo soprattutto per gli effetti prodotti sulla popolazione.

 

El Dorado ovvero i manifesti. Lettera di un provinciale.

Jacques Barthélemy Salgues

 

Il testo è tratto da una raccolta del 1813 dal titolo “De Paris, des moeurs, de la littérature et de la philosophie”, l’autore analizza il fenomeno pubblicitario in seno ad una più generale analisi del moderno effettuandone una dura condanna. Il testo tradotto è il racconto di un uomo che, insoddisfatto, abbandona la provincia prima e la piccola città poi, per dirigersi a Parigi con la speranza di trovarvi un ambiente culturalmente stimolante. La metropoli però gli offre il triste spettacolo di una grande menzogna raccontata sui manifesti pubblicitari. La pubblicità è vissuta come enorme finzione, come espressione del falso. Salgues, alla stessa stregua dei suoi contemporanei, mostra un atteggiamento critico ed ostile e smentisce quanti hanno prestato fede alla convinzione che le affiches fossero l’esempio di una buona convivenza tra i mezzi pubblicitari ed il territorio.

 

Cosa si vede nelle strade di Parigi

Victor Fournel

 

Il testo è un capitolo del volume “ Ce qu’on voit dans les rues de Paris” pubblicato nel 1856. Fournel muove una forte critica alle affiches che ricoprivano i muri della metropoli francese, esse, attraverso una sorta di gioco di prestigio linguistico, catturavano l’attenzione dei passanti esercitando su di loro una forte attrazione grazie all’eloquenza tipografica che le caratterizzava.

 

Un museo di manifesti illustrati

Champfleury

Passato quasi un secolo dalla comparsa del saggio di Louis Sébastien Mercier, l’autore di questo racconto mostra di apprezzare le potenzialità educative e didattiche delle affiches pubblicitarie. Il racconto è la storia dello straccivendolo Topino che fa della sua casa un piccolo museo dei manifesti pubblicitari raccolti per le strade della città. Topino abitava al pianterreno e aveva preso in affitto una grande stanza, il cui arredamento originario consisteva in tre finestre, dalle quali entrava una luce chiara. Topino aveva trasformato questa monocamera in un appartamento completo, dividendola in quattro parti uguali con dei manifesti, staccati abilmente dai muri di Parigi (…). Amava le affiches per le immagini coloratissime che erano la gioia dei bambini del quartiere, formando un museo unico nel suo genere. Champfleury apprezza le qualità comunicative delle affiches più di quelle estetiche; il linguaggio accessibile, l’immediatezza comunicativa, le illustrazioni a colori (nel 1836 era nata la cromolitografia ), ne facevano uno strumento educativo di sicuro successo.

 

Il rimedio proibito

Lucien Descaves

 

Simona De Iulio presenta la traduzione di un articolo, intitolato “Le remède interdit”, pubblicato nel luglio del 1886 sul quotidiano “L’Écho de Paris”. L’autore, Lucien Descaves, denuncia il carattere menzognero del messaggio pubblicitario; tale posizione critica era peraltro condivisa dagli altri letterati naturalisti dell’epoca. L’articolo sottolinea l’impatto che le affiches pubblicitarie esercitano sulle masse dei diseredati, tagliate fuori, per ovvi motivi, dal circuito consumistico. L’autore, per dimostrare la veridicità della sua tesi, propone un’analisi del fenomeno prodotto dalla diffusione dei manifesti turistici: essi sembrano invitare a vacanze gioiose, a sieste distensive, a passeggiate felici, che solo l’agiatezza, il tempo libero e la buona salute possono consentire; ma, in realtà, alcuni manifesti, benché esprimano allegria e serenità, si rivolgono ad una malattia, ad una vecchiaia, ad un’infermità privilegiate (…) I poveri sanno che questi rimedi sono loro proibiti, che le loro stazioni balneari, le loro città termali sono l’ospizio e l’ospedale, dei quali nessun manifesto vanta l’ambiente e maschera la funzione.

 

L’inebriante gioia satanica dei manifesti di Jules Chéret

Jules Charles Huysmans

 

Huysmans muove una critica serrata ai manifesti di Jules Chéret; nel suo articolo, pubblicato nel maggio del 1879, egli afferma che Chéret ha innanzitutto il senso della gioia, (…) una gioia che il suo stesso eccesso esaspera, avvicinandola quasi al dolore. Huysmans richiama alla memoria, attraverso descrizioni dettagliate, alcuni dei manifesti più noti di Chéret per dimostrare come egli abbia tentato nei suoi manifesti di raccogliere soltanto l’effervescenza gassosa, le bollicine frizzanti in superficie.

 

 

Jules Chéret ovvero una requisitoria contro la tradizione

Frantz Jourdain

 

Il testo è la traduzione di un articolo di  Frantz Jourdain pubblicato sulla “Revue illustrée” il 15 febbraio 1889. In esso l’Autore afferma il valore straordinario delle affiches nell’educazione delle masse, che, refrattarie e sonnolente verso itinerari educativi tradizionali, sono, invece, attratte dalla comunicazione pubblicitaria. In particolar modo Jourdain apprezza le opere di Jules Chéret, che ha saputo cogliere l’essenza dell’epoca in cui è vissuto.

 

 

Verso una nuova cultura visiva

Victor Champier

 

L’articolo di Victor Champier fu pubblicato nel 1890 su “La Revue des Arts Décoratifs, in esso il critico sottolinea l’evoluzione avvenuta alla fine del secolo nel linguaggio del manifesto pubblicitario. Con l’evolversi della città e l’accelerazione dei ritmi di vita, il manifesto muta le sue caratteristiche e cattura l’attenzione del cittadino che, frettolosamente, percorre le strade della città. L’Autore rivaluta l’opera di Jules Chéret, riconosciuto, per il suo talento, senza più indugi, come artista.

 

Les Maîtres de l’Affiche

Roger Marx

 

Les Maîtres de l’Affiche è una raccolta di riproduzioni ridotte di duecentoquaranta manifesti pubblicitari, fu pubblicata tra il 1895 ed il 1900 e ciascuno dei cinque libri da cui è composta è preceduto da una prefazione di Roger Marx. Verso la fine del secolo in Europa scoppiò la affichomanie; il manifesto entrò nelle case come “elemento decorativo” e “trofeo culturale”, esso perde, sotto certi aspetti, la sua finalità principale e diviene a tutti gli effetti documento, reperto storico di un’epoca.

 

L’età del manifesto

Maurice Talmeyr

 

Il manifesto è segno di un’epoca, esso è specchio della vita febbrile della Francia di fine 800 inizio 900. La vita attuale è la vita febbrile e frammentata, scintillante, multicolore, che si riassume nel manifesto, affisso la mattina e strappato la sera, destinato all’immondezzaio municipale e nel quale tuttavia è impressa un’arte concentrata; con queste parole si esprimeva Maurice Talmeyr  in un articolo apparso nel 1904. Per il letterato francese il manifesto pubblicitario è una vera e propria forma d’arte, l’unica arte possibile in un’epoca frenetica; ciò a causa della sua espressività immediata e della sua capacità di entrare velocemente negli occhi e nella mente dei passanti distratti.

 

L’estetica della strada

Gustave Kahn

 

Critico d’arte, romanziere e poeta simbolista, Gustave Kahn si occupò del manifesto pubblicitario in un saggio intitolato “L’esthétique de la rue” In esso l’autore sostiene che le affiches svolgono una funzione decorativa del territorio urbano ed è pertanto necessaria l’elevazione del loro livello qualitativo.

 

I meccanismi della vita moderna: la pubblicità.

G. D’Avenel

Les mécanismes de la vie moderne: la publicité è un articolo pubblicato nel 1901 su La Revue des deux Mondes, con esso si chiude l’antologia di testimonianze sulla pubblicità curata da Simona De Iulio ed in esso si legge una nuova interpretazione del messaggio pubblicitario.

Il successo della pubblicità, che ha raggiunto il suo apice tra fine ‘800 e inizio ’90, è motivato dalla volontà dell’uomo di proiettare la vita e le esperienze verso l’esterno; la volontà cioè di pubblicizzare il privato. La pubblicità è ormai divenuta il motore degli affari e D’Avenel ritiene sia ormai impossibile scegliere di farne a meno.