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PERSONAL COMPUTER: ISTRUZIONI PER L’USO di Stefania Carbone, Edizioni Escuela, Napoli, 2002. di Livia Ladogana
Si deve al pedagogista cèco Amos Comenio il riconoscimento della figura come sussidio didattico indispensabile e necessario. Nell’opera “Orbis Pictus” egli ha descritto una tecnica d’osservazione dell’immagine ancora oggi valida affermando “il legame tra la cosa e la parola per la comprensione di quest’ultima, ogni volta che la parola stessa non può essere a pieno colta nella sua realtà”. Manuali illustrati riempiono gli zainetti degli alunni, cartelloni multicolorati tappezzano le pareti delle scuole non solo dell’infanzia mentre l’insegnante dispone di un sussidio indispensabile nel campo dell’illustrazione: la lavagna. Si dice comunemente che il miglior insegnante è quello che usa di più il gesso ma se per l’uso della lavagna il docente ha un potere singolare, è padrone assoluto, cioè, di quello che vuole esprimere nella realizzazione grafica della sua lezione, e se è vero anche che non sono pensabili lezioni che non siano accompagnate da esempi, da disegni, da schizzi tracciati per aiutare a meglio comprendere, accanto alla lavagna esiste oggi più che mai del materiale di insegnamento che offre nuove facilitazioni. Il suo uso in aula, però, per quanto interessante, sembra abbastanza limitato. Un sussidio didattico d’eccezione è oggi il computer. Non si può dire che esso non sia entrato nella scuola: quale scuola non ne possiede almeno uno! Ma possiamo coscienziosamente affermarne il suo uso in classe? Probabilmente no. Recentemente introdotto in massa nelle scuole, il computer è chiamato a rendere ancor più preziosi metodi d’insegnamento ma nella maggior parte dei casi rende solo servizi per così dire tecnici come quelli che già rende nella vita sociale, politica, culturale e scientifica, assicurando la trasmissione e la conservazione di dati, basta pensare che l’uso più assiduo è quello che ne fa la segreteria e non il docente… Il mezzo informatico, si dice, non ha come scopo di sostituirsi all’insegnate né tanto meno ai metodi classici d’insegnamento, ma di completarli. Una tale affermazione richiederebbe una precisazione affinché il computer non porti un ulteriore sovraccarico ai “piani di studio” già sufficientemente criticati. Bisogna sperare che i molteplici problemi metodologici posti dalla sua utilizzazione siano risolti prima che esso sia introdotto in classe dall’insegnante stesso. Un impegno educativo della multimedialità deve formare degli alunni attivi e attenti e quando si pensa al potere che questo mezzo esercita sulla maggioranza degli adulti, non sarebbe mai troppo presto per iniziare un’educazione ai new media in genere e al computer in particolare, con il compito di preparare dei buoni educatori. Una didattica supportata dal sussidio multimediale non deve essere confusa con la scelta del computer come mezzo di trasmissione passiva di informazioni e saperi ma si tratta di proporre una tecnica di apprendimento che crei nel fanciullo la capacità di comprendere e giudicare ciò che ascolta e ciò che vede con e senza uno schermo davanti tanto più che questo ha preso a poco a poco, nella vita di ognuno, il posto che prima occupava la conversazione, i rapporti umani, la lettura, nel loro manifestarsi più tradizionale per suggerire e creare un nuovo modo di conversare, comunicare, leggere, apprendere, confrontarsi con l’altro. Il manualetto “Personal Computer: istruzioni per l’uso” di Stefania Carbone, edito dalla casa editrice Escuela della provincia di Napoli, accanto al tentativo di trasmettere le più elementari nozioni di utilizzo tecnico del computer, comunque necessarie per chi volesse quanto meno “metterlo in funzione”, si prefigge come scopo principale quello di diffondere e sollecitare nell’ambiente scolastico innanzitutto un nuovo pensare la didattica, un nuovo modo di pensare la lezione nel suo realizzarsi sulla lavagna, un nuovo modo di pensare l’immagine, di far meglio gustare le nuove fonti di conoscenza, suscitare interesse per un mezzo che spesso, ancor prima di conoscerlo, lo si mette alla forca senza ragione.
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