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Pietro
Metastasio L'isola
disabitata Fonti Pietro
Metastasio, Tutte le opere, a cura di B.Brunelli, Milano, Mondadori,
1943-1954. L'autore Pietro
Trapassi / Metastasio (Roma, 1698 - Vienna, 1782) è autore di poesie liriche e
numerosi melodrammi, fra cui: Didone abbandonata (1724), Olimpiade
(1731), La clemenza di Tito (1734) e Attilio Regolo (1740).
Biografia: G.Natali, La vita e le opere di Pietro Metastasio, Livorno,
Giusti, 1923. Il
testo Questo breve
pezzo teatrale (poi messo in musica, fra gli altri, da J.Haydn) può essere
considerato come una riformulazione galante del modello fiabesco e, per certi
versi, del mito di Orfeo ed Euridice. I motivi principali della fiaba ci sono
tutti: dal viaggio, alla morte simbolica, alla resurrezione, al trionfo finale
del bene. Così come si ritrovano alcuni nuclei narrativi del mito orfico: la
separazione dei giovani sposi, il viaggio dello sposo, il ritrovamento
dell'amata. Questa azione
teatrale fu scritta dall'autore in Vienna l'anno 1752, per la real corte
cattolica, dove venne magnificamente rappresentata la prima volta con musica del
Bonno, sotto la direzione del celebre cavalier Brioschi. ARGOMENTO Navigava il
giovane Gernando colla sua giovanetta sposa Costanza e con la piccola Silvia,
ancora infante, di lei sorella, per raggiungere nell'Indie Occidentali il suo
genitore, a cui era commesso il governo di una parte di quelle; quando da una
lunga e pericolosa tempesta fu costretto a discendere in un'isola disabitata per
dar agio alla bambina ed alla sposa di ristorarsi in terra delle agitazioni del
mare. Mentre queste placidamente riposavano in una nascosta grotta, che loro
offerse comodo ed opportuno ricetto, l'infelice Gernando con alcuni de' suoi
seguaci fu sorpreso, rapito e fatto schiavo da una numerosa schiera di pirati
barbari, che ivi sventuratamente capitarono. I suoi compagni, che videro dalla
nave confusamente il tumulto, e crederono rapite con Gernando la bambina e la
sposa, si diedero ad inseguire i predatori; ma, perduta in poco tempo la
traccia, ripresero sconsolati il loro interrotto cammino. Desta la sventurata
Costanza, dopo aver cercato lungamente in vano lo sposo e la nave, che l'avea
colà condotta, si credé, come Arianna, tradita ed abbandonata dal suo
Gernando. Quando i primi impeti del suo disperato dolore cominciarono a dar
luogo al naturale amor della vita, si rivolse ella, come saggia, a cercar le vie
di conservarsi in quella abbandonata segregazion de' viventi; ed ivi dell'erbe e
delle frutte, onde abbondava il terreno, si andò lunghissimo tempo sostenendo
con la picciola Silvia, ed inspirando l'odio e l'orrore da lei concepito contro
tutti gli uomini all'innocente, che non li conosceva. Dopo tredici anni di
schiavitù, riuscì a Gernando di liberarsi. La prima sua cura fu di tornare a
quell'isola, dove avea involontariamente abbandonata Costanza, benché
senz'alcuna speranza di ritrovarla in vita.
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