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Publio Ovidio
Nasone è il più importante personaggio di Sulmona. Nato nel 43
a.C in una famiglia benestante erede di un'antica gens equestre, Ovidio
e il fratello Lucio furono mandati a Roma per studiare grammatica e retorica
alla scuola di Arellio Fusco e Porcio Latrone.
Lucio, che morirà prematuramente, avrebbe voluto esercitare l'attività
forense, mentre Ovidio eccelleva nello scrivere d'istinto versi ingegnosi e
brillanti, che ne rispecchiavano il carattere passionale. Così, dopo un lungo
viaggio in Grecia, Asia Minore, Egitto e Sicilia
,
d'obbligo a quei tempi per perfezionare gli studi, tornò a Roma come poeta,
entrando a far parte del circolo letterario di Valerio Messalla,
in cui conobbe anche Tibullo e la cui morte lo commosse
profondamente. In poco tempo diventò il poeta preferito dai giovani e dagli
ambienti eleganti. Scrisse, come prima opera, una raccolta di elegie amorose
intitolata Amores a cui seguì le Heroides,
lettere d'amore in versi ad eroi degli antichi miti, scritte dalle loro amanti.
Ma il libro che lo rende in poco tempo famoso e chiacchierato è la scandalosa,
per l'epoca, Ars Amatoria, scritta in distici elegiaci. Nei
primi due libri Ovidio suggerisce agli uomini come conquistare le donne,
nell'ultimo insegna alle donne come sedurre gli uomini. Insieme ai Remedia
Amores, ossia i consigli per guarire dall'ossessione
dell'innamoramento, e ai Medicamina Faciei, consigli al gentil
sesso su come truccarsi, si chiude il primo periodo della produzione poetica di
Ovidio. La seconda parte,
invece, è quella più impegnata e più aderente ai motivi cari all'imperatore
Augusto, ossia la moralizzazione della società, l'idealizzazione della storia
romana e la salvaguardia degli antichi costumi. Nascerà così il poema
capolavoro della produzione ovidiana: le Metamorfosi. Composto da ben 15 libri
scritti in esametro, raccoglie la gran parte dei miti di tradizione greco-romana
attraverso un susseguirsi di racconti e vicende tutte intrecciate tra loro. Si
tratta di un'opera che ha influenzato gran parte della nostra letteratura, da Dante
a D'Annunzio. L'altra opera
dedicata alla valorizzazione dei costumi romani si intitola I Fasti.
In sei libri di distici elegiaci, Ovidio voleva illustrare il calendario romano,
con tutte le feste e i riti religiosi che venivano svolti nel corso dell'anno a
Roma. I libri dovevano essere dodici, uno per ogni mese, ma al sesto libro
Ovidio decise di non continuare l'opera lasciandola interrotta. Nel 8 d.C.,
infatti, l'imperatore emanò un editto col quale gli veniva ingiunto di lasciare
l'Italia per Tomi, l'odierna Costanza, alle foci del Danubio.
Le cause dell'esilio verranno accennate in un'elegia dallo stesso Ovidio: le due
ipotesi riguardano un Carmen, forse l'Ars Amatoria che non era
opera gradita all'imperatore, e un Error, ossia un episodio
imprudente o riprovevole di cui fu protagonista. L'editto, nonostante le
numerose richieste da parte del poeta, non verrà mai ritirato, neanche da
Tiberio. Dal 9 al 18 d.C.
Ovidio rimarrà a Costanza scrivendo elegie sulla nostalgia per Sulmona e sulla
tristezza dell'esilio: saranno raccolte nei Tristia, in cinque
libri, e nelle Epistulae ex Ponto, in quattro libri. Altre
opere minori sono l'Ibis, poemetto di invettive contro un amico
che lo abbandonò in occasione dell'editto, e Halieutica,
poemetto sui pesci del Mar Nero, di cui sono rimasti solo 135 esametri. La morte
lo colse a Tomi nel 18 d.C. e lì venne sepolto. |