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Avendo grandi capacità intellettuali,
il Poliziano viene assunto, giovanissimo, da Lorenzo il Magnifico, come
precettore dei suoi figli. Alla corte medicea svolge anche mansioni di
cancelliere e segretario di Lorenzo. Sia questi che Piero de' Medici si
affidarono a lui per le "relazioni pubbliche" anche fuori d'Italia.
Scrive versi greci, latini e volgari. Difende Lorenzo dall'accusa di tirannide,
ma per i contrasti con la moglie di lui, che gli contesta il metodo pedagogico,
troppo laico e umanistico per lei, Poliziano si stabilisce in altre corti
emiliane, lombarde e venete. In seguito si riconcilia con Lorenzo e torna a
Firenze, esercitando l'incarico di insegnante di letteratura greca e latina.
Possiede un tale bagaglio culturale che vengono ad ascoltarlo anche dall'estero.
Grazie soprattutto a lui, Firenze diventa il più prestigioso centro di
irradiazione umanistica del '400 europeo. L'uccisione di Giuliano de' Medici
nella Congiura dei Pazzi comporta l'interruzione di quella che diventerà la sua
opera più famosa -le "Stanze"- cominciata proprio per celebrare la
Giostra del 1475 vinta dallo stesso Giuliano. Poliziano dovrà allontanarsi da
Firenze ed esiliare in città come Venezia, Verona, Mantova. Poi riprenderà il
suo posto di "principe della cultura", accanto a Lorenzo. Sarà questo
il periodo degli studi filologici sui testi aristotelici e degli studi sulla
poesia latina. Con lui praticamente nasce la scuola filologica. Suo principio
fondamentale è che nell'imitazione dei classici non è bene scegliere un solo
modello, ma cercare il meglio ovunque esso sia, senza discriminare fra scrittori
e periodi letterari. È il maggior poeta lirico italiano del XV sec.
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