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Il libretto dell'Orfeo: il frontespizio
Cosi', la storia letteraria segue il suo corso, come un fiume sotterraneo che talvolta sgorga e talvolta si nasconde. Nel 1480, a Mantova, Angelo Poliziano compone la Fabula di Orfeo. Scritta in tempo di dui giorni, intra continui tumulti, in stilo vulgare, viene forse rappresentata durante una festa. Molti anni piu' tardi, Claudio Monteverdi (1567-1643) trasse da questo componimento l'ispirazione per il suo celebre Orfeo, su libretto del mantovano Alessandro Striggio. Nasce qui l'opera italiana, anche se la prima rappresentazione alla corte dei Gonzaga era stata preceduta da altri tentativi fiorentini nella medesima direzione, ovvero le pastorali in musica di Cavalieri e Rinuccini, il Satiro, la Dafne, l'Euridice. Monteverdi, tuttavia, compie il salto. Secondo la sua stessa frase: L'Arianna e l'Orfeo tendevano al parlar cantando. Non piu' quindi un racconto abbellito dalla musica, ma l'unione di versi e melodia per creare un nuovo tipo di azione drammatica. Il 24 febbraio del 1607, l'opera venne presentata in una sala a tutt'oggi sconosciuta del Palazzo, nel quadro delle attivita' pro  mosse dall'Accademia degli Invaghiti. Il successo fu grande e Vincenzo Gonzaga, il duca libertino, ne fu certamente lieto. Segui' l'edizione a stampa della partititura, dedicata al principe Francesco. Da Mantova si diffuse il verbo del teatro musicale, che aveva gia' conosciuto una replica di pari valore con l'Arianna (1608).

O dolcissimi lumi, io pur vi veggio, / io pur... ma qual eclissi, oime', v'oscura? In questo verso sta tutto il dramma che la musica e' ormai in grado di raccontare, facendosi stile insieme alle cadenze della parola. Ogni tonalita' di pianto, di gioia, di rancore e' ormai permessa; ogni colpo di teatro, anche. Orfeo narra l'oscillare della luce, lume degli occhi, battito del cuore, respiro affannato d'amore. L'eclissi, il buio minaccia questa fiamma, e l'arte dell'aedo, ancora accademica, non vale a recuperarla per intero, appesantita proprio dalla sua perfezione. Occorre che il poeta venga sbranato, disperdendo e donando insieme al corpo la sua maestria. Il problema e' appunto di recuperare un corpo, coniugando la voce e l'apparenza, trasformando la donna ideale in una realta' che tocca la terra, che incede sui prati, che puo' essere perduta. Quasi due secoli piu' tardi, il genio di Mozart compira' nel Don Giovanni un cammino inverso, che conduce dal corteggiamento agli Inferi: il terrore di smarrire l'oggetto d'amore ha ormai provocato la ripetizion  e ossessiva del gesto erotico. Il protagonista corre a tutta velocita' verso quel luogo in cui finalmente gli amanti si riabbracceranno. Un cielo rovesciato attende il seduttore, che cerca i frammenti della sua Euridice.

Lettura consigliata: Autobiografia di Claudio Monteverdi, di Claudio Gallico, Lucca (Akademos), 1995 .

 Orfeo cantando all’Inferno la tolse, 

ma non poté servar la legge data, 

ché ‘l poverel tra via drieto si volse,

 sì che di nuovo ella gli fu rubata, 

però ma’ più amar donna non volse, 

e dalle donne gli fu morte data.

(Poliziano)