5. Descrizione e chiavi di lettura della Napoli di ieri

 

 

Il primo a commentare ed interpretare la Tavola Strozzi fu Benedetto Croce nel 1904 su “Napoli Nobilissima”.Il Croce riconobbe nella Tavola Strozzi l’alto interesse topografico della città “piccola e leggiadra”, così come lui stesso definiva Napoli, circondata dalle verdi colline e dai profili delle chiese angioine che si ergono sulla città. Oltre all’interesse topografico, Benedetto Croce individuò la Tavola Strozzi come descrizione di un evento storico, interpretandola come rappresentazione del “Trionfo Navale per Lorenzo de’ Medici” giunto a Napoli il 18 dicembre 1479 per stipulare il trattato di pace con  re Ferrante, con gli auspici di Filippo Strozzi. Croce pensò di riconoscere sulla tavola tutti gli accenni delle fonti letterarie individuando persino nelle sagome dei due personaggi a cavallo sulla banchina del molo Federico e Ferrantino rispettivamente figlio e nipote del re Ferrante. Una successiva descrizione ed una diversa interpretazione fu fatta nel 1910 da Vittorio Spinazzola, direttore del Museo Nazionale di San Martino.

La descrizione risulta molto più dettagliata rispetto a quella fatta da Benedetto Croce, difatti Napoli è raffigurata da Castel dell’Ovo, posto all’estrema sinistra, fino alla Chiesa di Santa Maria del Carmine che si nota all’estrema destra, chiusa in basso da mura e fortezze merlate, mentre verso l’alto si ergono le verdi colline di Capodimonte e San Martino sulla sommità di quest’ultima vi è il Belforte angioino, l’attuale Castel Sant’Elmo e la bellissima Certosa.

Nella parte destra della Tavola sono ben identificabili un gran numero di chiese napoletane tutte costruite nel periodo angioino. Una delle più imponenti è la chiesa di Santa Chiara, posta in alto a sinistra nella parte destra della Tavola, che nonostante le varie trasformazioni è ancora visibile da Piazza Municipio e dal porto. Proseguendo verso destra è ben riconoscibile la chiesa gotica di San Domenico Maggiore, con il campanile e l’abside poligonale, scendendo verso il basso si nota il complesso domenicano di San Pietro Martire. Procedendo verso destra dopo la Chiesa di San Domenico Maggiore si notano la chiesa di San Lorenzo, il Duomo e la chiesa di San Giovanni a Carbonara. La descrizione della parte destra della tavola si conclude con l’area orientale della città, con le chiese di Sant’Eligio e Santa Maria del Carmine con il suo campanile, ed alle loro spalle si notano le torri imbandierate di Castel Capuano.

Nella parte sinistra della Tavola all’estremità occidentale si può osservare il Castel dell’Ovo costruito sull’isolotto di Megaride e la collina di Pizzofalcone con il castelletto con le bandiere del Re. Procedendo verso destra si erge la bellissima torre di San Vincenzo, la cui base cilindrica non è di piperno, ma di lamine di piombo, come segnalato dal De Seta. Alla base delle torre si può notare la chiesetta di San Vincenzo, mentre alle spalle sulla costa si trovano le chiese, sempre angioine, di Santa Croce e di San Luigi. Guardando ancora verso destra si può osservare l’imponente simbolo della potenza regia, ossia il Castel Nuovo. A sinistra del Castello si può notare la Torre dell’Oro, così chiamata per il colore del tufo con cui è stata costruita ed una parte della Torre di Guardia. In primo piano si può osservare la Torre del Mare con le logge, dette “la Glorietta” e la parete piatta della Cappella Palatina, unico resto agioino stretta tra due torri scalari, proseguendo vi è l’altra parete

cioè quella della Sala dei Baroni, alle spalle della quale s’intravede il campanile della Cappella. Si possono vedere inoltre la Torre del Beverello e la Torre di San Giorgio. A destra in basso il Castello è circondato da un recinto di basse mura merlate, ed una porta posta sul davanti lo collega con il molo. Un’altra porta posta verso la collina comunica con Largo delle Corregge ed a sinistra tramite un piccolo ponte in salita, sotto al quale passa il fossato della cittadella, il Castello è congiunto alla cittadella stessa. Numerosi torrioni si possono osservare vicino alle mura del Castello, tra cui il Torrione dell’Immacolata.

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’evento storico, lo Spinazzola ravvisò, analizzando ogni minimo dettaglio del dipinto, il rientro trionfale del 12 luglio 1465 della flotta aragonese in seguito alla vittoria riportata il 7 luglio contro il pretendente al trono Giovanni d’Angiò al largo dell’isola d’Ischia. L’individuazione dell’episodio la si deve all’interpretazione, dell’immagine in primo piano, dell’entrata maestosa nel porto delle galee, delle quali alcune e precisamente sei trainano per la poppa altrettante navi, tranne l’ultima a sinistra che ne rimorchia due, e tutte sono vuote e con i remi alzati, evidente segno di bottino di guerra. Ma il particolare più rilevante è che a poppa di tutte le galee vittoriose sventola più elevata rispetto alle altre l’insegna con le fasce rosse di Ferrante d’Aragona.

Spinazzola si avvale di un’accurata analisi vessillologica che gli consente di individuare le famiglie degli armatori e le gerarchie tra esse, tanto tra i vincitori che tra gli sconfitti che tornano con le bandiere ammainate.

                                                                                                                                    Di Daniela Galise