di Anna Irene Cesarano |
Il 23 aprile 1564 nasceva William Shakespeare e per uno scherzo del destino pare sia morto nello stesso giorno di cinquant’anni dopo, il 23 aprile 1616. Il mondo intero sembra rendergli onore con numerosi eventi e iniziative per ricordare il più famoso degli scrittori inglesi. La sua Londra lo celebra in grande stile, ribattezzando le fermate della metropolitana con i nomi delle sue opere e dei suoi personaggi immortali da Amleto ad Otello; oltre ad una maratona (sempre a Londra) organizzata il 23 e il 24 Aprile di circa tre km dal St Thomas’Hospital Garden al Potter’s Fields Park in cui sono stati proiettati 37 brevi film, 37 come i sonetti scritti da Shakespeare.
Anche la città che gli ha dato i natali si cinge di festa, allestendo una parata celebrativa che parte dalla casa natale del drammaturgo restaurata per immergere i viaggiatori nella magica atmosfera passata. In Danimarca nel castello di Kronborg a Helsingør grande festa per ricordare il principe danese Amleto, tanto che questo castello è conosciuto semplicemente come castello di Amleto. Balli, banchetti, musica rinascimentale, spettacoli con suoni di liuti e viole e per tutta l’estate con Hamlet live, rappresentazione teatrale di Amleto, Ofelia, Polonio, il fantasma ecc. Per la prima volta gli spettatori prenderanno parte realmente e direttamente al dramma. L’Italia con Roma e Verona gli rendono omaggio con un festival fino al 30 aprile con Shakespeare re-loaded e Shakespeare walk con passeggiate, letture ecc. A Milano il Piccolo teatro presenta Shakespeare 2016 con il progetto del Charioteer theatre con una serie di spettacoli in inglese dedicati al Bardo. William Shakespeare nacque a Stratfordo-upon-Avon, ma noi sappiamo poco su di lui, infatti non ci sono molti documenti sulla sua esistenza. La sua vita è avvolta dal mistero, i critici e gli studiosi di tutto il mondo azzardano varie ipotesi, scaltro o ignorante sempliciotto? Socio di un’associazione letteraria di successo o grande scrittore della letteratura elisabettiana? Anche il suo volto rimane un enigma infatti i dipinti che lo ritraggono sono stati fatti dopo la sua morte e l’unico attendibile cioè il busto fatto costruire dal genero sul suo monumento funebre sembra non avere niente in comune con l’immagine del poeta romantico e raffinato che noi tutti conosciamo. Noi sappiamo che il padre John era un guantaio e la madre Mary Arden era di una buona famiglia di campagna, lui frequentò la Stratford grammar school nella quale imparò il latino e il greco. A soli diciotto anni sposò Anna Hathaway, che era più grande di lui di sei anni, nacquero tre figli dalla loro unione: Susan, Hamnet e Judith. Un po’ di tempo dopo Shakespeare andò a Londra e su questo periodo nella capitale non sappiamo nulla. Abbiamo un reale riferimento a lui solo nel 1592, quando fu attaccato in un opuscolo da Greene che lo definì come “un corvo parvenu (persona di umili origini che rapidamente raggiunge una condizione più elevata, ma che mantiene la mentalità e gli atteggiamenti della sua condizione d’origine) abbellito con le nostre piume”. Questo episodio mostra che comunque Shakespeare era diventato più importante, e la sua reputazione come drammaturgo crebbe quando si unì a una delle compagnie di attori più influenti e importanti, I servi del Lord Ciambellano. La sua condizione economica migliorò e comprò una nuova casa in Statford, dove morì il 23 aprile 1616. Sulla sua identità di scrittore circolano molte teorie come che lui era troppo poco istruito per aver scritto i suoi lavori o altre come quella che dice che i suoi lavori furono composti sotto lo pseudonimo di Shakespeare, da Francis Bacon o da Marlowe, che fu mutilato in una rissa e così continuò a scrivere in incognito. Ma mi chiedo “Che importa sapere chi scrisse queste opere, se ad esempio, l’amore tra Romeo e Giulietta ha fatto sognare milioni di persone”? E ancora i versi famosissimi di Amleto, Essere o non essere è questo il problema, non sono forse sopravvissuti a chi li ha scritti divenendo immortali? Mi piace citare un passo di un’opera di Shakespeare dove si evince la concezione della società che aveva come palcoscenico, che ho studiato per il mio primo esame di sociologia: Il mondo come palcoscenico
Tutto il mondo è una scena e gli uomini e le donne non sono che attori con le loro uscite e le loro battute; e gli atti sono sette come le età dell’uomo, il quale, così, recita molte parti diverse. Dapprima il bambino che vagisce e sbava in braccio alla sua balia. Poi il piagnucoloso scolaretto che, col suo lucente viso mattutino e con la cartella sotto il braccio, si trascina svogliato alla scuola con passo di lumaca. E poi l’innamorato che, sbuffando come un fornellino, dedica alle belle ciglia della sua amante una triste ballata. Poi il soldato baffuto come un gattopardo, irto di strane bestemmie, geloso dell’onore, pronto all’alterco, che cerca un’effimera nomea perfino davanti alla bocca del cannone. E poi il giudice con la pancia tonda imbottita di capponi, con gli occhi severi e la barba ben tagliata, il quale, prodigo di savi detti e di luoghi comuni, recita la sua parte autorevole. La sesta età è ormai quella del vecchio pantalone, rimbambito, scarno, occhialuto, con le pantofole ai piedi e la borsa al fianco, le cui brache giovanili, ben conservate, sono ormai troppo larghe per quelle gambucce striminzite, e il cui vocione virile è ricaduto a pigolare come un vocino infantile. L’ultima scena, la fine di questa strana e avventurosa istoria, è quella della seconda fanciullezza e dell’assoluto oblio, senza denti, senza occhi, senza gusti, senza più niente. (Da William Shakespeare, Come vi garba, atto II scena VII, traduzione di Paola Ojetti, Rizzoli, Milano, 1950, p.42)
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