di Anna Savarese, Architetto di Legambiente Campania
Con l’annuncio di Davide Sassoli, neopresidente del Parlamento Europeo, il 16 luglio è stata proclamata Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, prima donna ad assumere tale incarico.
A suo favore si è espresso, anche se in maniera non compatta, lo schieramento delle forze europeiste rappresentato dal gruppo dei Popolari, di cui lei fa parte, dai Socialisti e Democratici e da Renew Europe, i liberal-centristi di Macron, L’elezione è stata di stretta misura, con soli 9 voti di scarto. Infatti i voti a favore sono stati 383 voti e 327 i contrari su 733 votanti con una maggioranza prevista di 374 voti. Dalle dichiarazioni dei gruppi europei emerge che il risultato finale si deve anche al sostegno di europarlamentari del Movimento Cinque Stelle, a fronte di mancati voti di parlamentari della stessa maggioranza (stimati addirittura in 75).
Succedendo a Jean-Claude Junker, Ursula Von Der Leyen è dunque la prima donna che, a partire dal prossimo 1° novembre, ricoprirà la carica di Presidente della Commissione Europea. E forse proprio in quanto donna ha accettato questa sfida in un parlamento frutto di una campagna molto aspra tra sovranisti ed europeisti. Infatti, le sue prime dichiarazioni sono state chiare nell’affermare la netta volontà di consolidare e rilanciare il ruolo dell’Europa nel contesto mondiale, attraverso un lavoro collegiale e costruttivo degli Stati membri ed i loro rappresentati nel Parlamento. L’Europa cui mira Ursula Von Der Leyen è “un’Europa forte e unita da est ad ovest, da nord a sud, pronta a combattere per il futuro invece che contro sé stessa.” Cosciente della nomina a stretta maggioranza ha sottolineato: “Siamo 28 e dobbiamo lavorare tutti insieme e questa è la bellezza dell’Europa, a volta è difficile trovare dei compromessi, ma voglio che la commissione sia forte, assertiva e attiva e la sua composizione deve riflettere questo. Sceglieremo i migliori”.
Sono parole che rimandano palesemente alla caparbietà, all’impegno costante a integrare le differenze, a ricomporre le divergenze, a stimolare la cooperazione, a indurre il senso di responsabilità, a mirare ai risultati condivisi, che hanno da sempre connotato positivamente l’apporto femminile alla sfera politica. Anche se certamente favorita dai nobili natali (discende da un barone di Brema), la sessantunenne Ursula Von Der Leyen originaria di Ixelles, incarna comunque a tutto tondo la capacità tutta femminile di coniugare la sua carriera professionale di medico con il ruolo di madre di ben sette figli e l’impegno politico decisamente europeista.
Grazie alla sua ricca e articolata formazione (che ha spaziato dall’archeologia, all’economia, fino alla medicina) e alla conoscenza delle principali lingue europee, iscritta alla CDU fin dal 1990, la Von Der Leyen è approdata nelle istituzioni nel 2001, con un mandato locale nella regione di Hannover, abbandonato per la nomina nel 2003 a deputata al Landtag e, nello stesso anno, a Ministro degli Affari Sociali, delle Donne, della Famiglia e della Salute della Bassa Sassonia. Scelta nel 2005 la Cancelliera Angela Merkel, cui è molto vicina, come Ministro della Famiglia della Germania, ha attuato una politica familiare a favore delle donne madri lavoratrici.. Nonostante la conferma di tale carica nel 2009, la Merkel la nominò prima Ministro del Lavoro e poi Ministro della Difesa, divenendo la prima donna in Germania a occupare questo incarico. E anche in questo ruolo il suo essere donna l’ha aiutata nel coniugare le esigenze di rappresentare le Forze Armate con la capacità diplomatica nello scacchiere europeo e mediorientale, dimostrando sì la sua fedeltà atlantica, ma senza un inerziale allineamento, tanto da sostenere Mosca nella crisi con l’Ucraina, ma dare il via libera al sostegno della Nato ai Baltici, opporsi nettamente alla vendita di armi a Kiev ma inviarle ai curdi per la lotta contro lo Stato islamico.
La lunga esperienza maturata sul campo, affrontando tematiche anche diverse tra loro, è stata determinante per assumere ruoli di sempre maggiore statura politica, dandole così il viatico per l’attuale approdo alla Presidenza della Commissione Europea, ancora una volta facendo da apripista autorevole alle future donne che potranno dopo di lei assumere tale ruolo finalmente sdoganato ad oltre sessant’anni dal Trattato di Roma, di fondazione dell’Unione Europea.
Fortemente europeista, il discorso all’Europarlamento della neo Presidente che sogna gli Stati Uniti d’Europa, ha spaziato su vari temi. Con un intervento durato 15 minuti, più volte applaudito, Ursula Von der Leyen ha concesso tutte le aperture possibili alla componente socialista e liberale dell’emiciclo, ponendosi in particolare l’obiettivo di un’economia sociale di mercato, per cui “ogni persona che lavora a tempo pieno possa avere un salario minimo che garantisca una vita dignitosa” grazie a “contrattazioni collettive con i sindacati perché loro possono adeguare il salario minimo al settore e al comparto”, nella piena coscienza di dover creare un quadro generale che coordini i diversi modelli possibili. E anche sul versante economico, con riferimento al patto di stabilità ha precisato che ”servono riforme e investimenti. Dobbiamo far sì che possa essere utilizzata a questo fine tutta la flessibilità prevista dalle regole. Non è il popolo che serve l’economia, ma è l’economia che è al servizio del nostro popolo”.
Un altro tema saliente del discorso della Von Der Leyen è stato quello delle migrazioni. “L’Ue ha bisogno di frontiere umane, dobbiamo salvare le vite, ma anche dobbiamo ridurre la migrazione irregolare, lottare contro gli scafisti” ha detto Ursula von der Leyen a Strasburgo, aggiungendo che occorre “contro il crimine organizzato, tutelare il diritto di asilo e migliorare la condizione dei profughi per esempio tramite corridoi umanitari in stretta cooperazione con l’Onu”. Ciò proponendo un nuovo patto per la migrazione e l’asilo, incluso il rilancio della riforma di Dublino, rafforzando l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
Anche il tema ambientale è stato trattato nel discorso della Van Der Leyen, tanto da promettere “un accordo verde per l’Europa nei primi cento giorni del mandato”, sottolineando “Voglio che l’Europa diventi il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050” e aggiungendo che per realizzare tale obiettivo “occorre compiere passi coraggiosi insieme, riducendo le emissioni di Co2 non del 40% entro il 2030 ma almeno “del 50% se non 55%”.
Eppure le aperture sui temi ambientali non hanno determinato il voto favorevole alla sua elezioni da parte del gruppo dei Verdi Europei, anche perché consapevoli che il loro voto non era determinante nell’elezione. La leader Ska Keller accanto agli indubbi apprezzamenti per l’ottica europeista, ha sottolineato, con riguardo alle problematiche ambientali, la mancanza di proposte concrete, anche se ha confermato la piena disponibilità a confrontarsi operativamente e costruttivamente in futuro, non appena l’idea avanzata dalla Van der Leyen di lanciare un Green New Deal europeo nei primi cento giorni di governo prenderà corpo. Analogamente l’italiana Monica Frassoni, co-presidente dei Verdi Europei, pur plaudendo al “messaggio europeista e alla consapevolezza inedita di agire sui cambiamenti climatici” ha sottolineato il voto sfavorevole espresso in ragione delle “vaghe promesse e di una candidata espressione di uno status quo che non sembra ancora consapevole della necessità di agire con misure radicali.”
A mio giudizio, i propositi così radicalmente e compiutamente espressi da Ursula Van Der Leyen, una donna che, anche in quanto tale, ha mostrato coerenza e impegno tali da approdare per prima alla carica di Presidente della Commissione Europea, devono indurre nei Verdi Europei e in generale nel movimento ambientalista una disponibilità al dialogo e una spinta alla collaborazione, impegnandosi col proprio agire a rendere sempre più cogenti i temi ambientali, anche facendo leva sulla spinta propulsiva indotta da Greta Thumberg che sta diffondendo, soprattutto tra le nuove generazioni, la necessità di porre rimedio ai cambiamenti climatici, puntando finalmente e velocemente su un’economica de-carbonizzata.
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