Un’immagine, mille storie. Il premio Oscar Green Book

di Vincenzo Curion

Ispirato ad una storia vera, Green Book ha vinto quest’anno il Premio Oscar come miglior film e per la Migliore sceneggiatura originale. Nella 91 esima edizione degli Academy Awards, il più prestigioso titolo cinematografico, la statuetta per la migliore pellicola è andata al film, diretto da Peter John Farrelly e ambientato nel 1962 che tratta la storia dell’incontro tra l’italo americano Tony “Lip” Vallelonga e l’afro americano Don “The Doctor” Shirley.

Il primo, impersonato da Viggo Mortensen, è il buttafuori, poco istruito e dai modi spicci, del Copacabana, “uno dei migliori club di New York”. Il secondo, impersonato da Mahershala Ali, che per questo ruolo ha avuto il Premio Oscar come miglior attore non protagonista, è il celebre Donald Walbridge Shirley, compositore e pianista statunitense di colore, tra i pianisti jazz più famosi al mondo, nell’America ancora divisa tra bianchi e neri.

Il club Copacabana, conosciuto anche con il nome “The Copa”, aprì il 10 novembre del 1940 al numero 10 east della sessantesima Strada di New York City. Sebbene il proprietario ufficiale del locale fosse Monte Proser, egli aveva un socio molto potente: il boss mafioso Frank Costello. Costello delegò l’incarico di amministratore a Jules Podell, il quale in pochi anni riuscì ad allontanare Proser, ottenendo l’esclusiva sul Copacabana, che manterrà fino al decesso nel 1973. In linea con le leggi razziali degli anni trenta e quaranta, il locale seguiva una politica razzista e, nel 1944 Harry Belafonte, che allora militava nella marina statunitense, fu cacciato e interdetto dal club a causa del colore della pelle. In seguito Podell fu persuaso a cambiare politica, e Belafonte poté tornare negli anni cinquanta ad esibirsi come artista principale del club.

Luogo di esibizione di tantissime celebrità, -nelle sequenze iniziali del film canta per il folto pubblico Bobby Rydell- e tra le altre, Frank Sinatra, Dean Martin, Bobby Darin, Jackie Gleason, Peggy Lee, Lena Horne, Ella Fitzgerald, Tony Bennett, fu il trampolino di lancio per la coppia comica Dean Martin e Jerry Lewis, che frequentarono il palco del club assiduamente fino al 25 luglio del 1956, quando fecero l’ultimo spettacolo al The Copa. La storia del locale si intreccia più volte e anche tristemente con la storia tumultuosa dell’integrazione razziale. La sera del 16 marzo del 1957, il Copacabana fu lo scenario del triste incidente che coinvolse dei giocatori dei New York Yankees. Quella sera Mickey Mantle, Whitey Ford, Hank Bauer, Yogi Berra, Johnny Kucks e Billy Martin insieme alle mogli andarono al nightclub per festeggiare il compleanno di Billy Martin. Sul palco si stava esibendo Sammy Davis, Jr., quando avvenne che un gruppo di clienti, evidentemente ubriachi, cominciarono ad insultare con offese di stampo razzista il cantante. Questo comportamento irritò i giocatori, soprattutto Billy Martin, compagno di stanza di Elston Howard, il primo giocatore afroamericano a giocare negli Yankees. La tensione crebbe fino allo scontro, finendo il giorno dopo su tutte le prime pagine dei giornali. Vari giocatori vennero sanzionati, e Bauer venne denunciato da un cliente per aggressione aggravata, risultando poi innocente.

Nel film, quando il locale dove lavora il “working class hero” Tony Vallelonga viene chiuso temporaneamente, il personale tutto è costretto a una “vacanza forzata senza soldi”. Malgrado le proposte di “piccioli facili”, allusive a lavori non proprio puliti che gli arrivano dagli italoamericani che bazzicano la New York dell’epoca, Tony, detto Tony Lip per la sua capacità oratoria, sceglie di starne fuori e di cercarsi a tutti i costi un lavoro onesto per mantenere la sua famiglia. Dopo alcune vicissitudini tragicomiche e giornate sbarcate a forza di espedienti,- la gara di hot dog vinta ne è un esempio-, gli viene proposto di diventare autista e tutto fare in un tour nel sud degli Stati Uniti, di Don “Doc” Shirley. Tony, del tutto ignaro di chi si tratti, anche se nella realtà l’anno prima nel 1961, Don Shirley ha pubblicato il singolo “Water Boy”, che raggiunse il numero 40 della Billboard Hot 100 e rimase in classifica per 14 settimane, accetta chiedendo, oltre ad un salario di 125 dollari, di poter tornare a casa per Natale, per onorare la promessa fatta alla moglie Dolores Vallelonga, la quale, secondo quanto narrato nel film, venne contattata da Shirley, per sapere se fosse d’accordo a lasciar partire il marito.

La casa discografica di Don impone a Tony il rispetto completo delle scadenze dei concerti. Consapevoli del forte razzismo contro i neri di cui l’America è impregnata, gli consegna una copia del Green Book, dove sono indicati alberghi e ristoranti nei quali gli afroamericani vengono accolti. Sarà proprio il Green Book a guidare l’itinerario dei due.

Questa pubblicazione, nota nella comunità afroamericana dell’epoca, deve il nome al suo ideatore ed editore, l’ex impiegato delle poste newyorchese di Harlem, Victor Hugo Green.

Stampata e diffusa nel 1936, per la prima volta, come “The Negro Motorist Green Book” – poi divenuta “The Negro Travelers’ Green Book”, era una guida annuale per viaggiatori afroamericani più conosciuta come Green Book. Si trattava di una vera e propria mappa di motel, ristoranti e pompe di benzina in cui anche gli afroamericani erano accetti. Nell’America ancora fortemente impregnata di razzismo contro i neri, le leggi Jim Crow, furono abrogate solo dal Civil Rights Act del 1964 e dal Voting Rights Act del 1965, l’integrazione e la dimostrazione di essersi emancipati, seppur relativamente dalla propria condizione, passava anche attraverso il possesso di un’automobile.

Anche se difficilmente, a causa della discriminazione razziale e della povertà, i neri potevano possedere un’auto, gli esponenti dell’emergente classe media afro-americana comprarono le automobili non appena fu possibile, ma dovettero affrontare molti inconvenienti lungo i loro viaggi, sconosciuti alla maggior parte dei bianchi. Dal rifiuto di essere serviti nei ristoranti o di fornire loro un alloggio, fino a violenza fisica o all’arresto arbitrario, tutto era ammissibile e alla discrezione dei camerieri, dei proprietari dei ristoranti e dei negozi, delle forze di polizia lungo il percorso. Gli episodi di violenza erano estremamente brutali e frequenti. In risposta a queste problematiche. Green ideò e pubblicò il Green Book “per dare al viaggiatore nero informazioni che gli impediscano di incorrere in difficoltà, imbarazzi e rendere il suo viaggio più piacevole”. Non si trattava tuttavia di una novità. Altri avevano prima di lui avevano sperimentato in questo senso e, pubblicazioni analoghe erano note e diffuse anche nella comunità degli ebrei americani praticanti. Se nella prima edizione l’area coperta era quella di New York, i numeri successivi del Green Book arrivarono a coprire la maggior parte degli Stati Uniti e parti del Canada, del Messico e delle Bermuda. Lo stesso Green fondò inoltre un’agenzia di viaggi.

Malgrado i disagi imposti dalle Jim Crow Laws, leggi locali e dei singoli stati degli Stati Uniti d’America emanate tra il 1876 e il 1965 che di fatto servirono a creare e mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo uno status definito di “separati ma uguali” per i neri americani e per i membri di altri gruppi razziali diversi dai bianchi, o forse proprio per evitare la segregazione sui mezzi pubblici, dove erano costretti in condizioni disagiate, molti afroamericani iniziarono a guidare, continuando quel lento processo di emancipazione che era iniziato decenni prima. Ma la strada era ancora lunga. Mentre uomini di spettacolo, musicisti e letterati afroamericani dopo il 1890 erano riusciti a farsi in qualche modo accettare nel mondo della cultura e dell’arte, per tutti gli altri vi furono continui ostacoli, malgrado i neri americani impiegati come atleti, intrattenitori e venditori viaggiassero spesso anche per motivi di lavoro. Fino al 1900 ad esempio, l’opposizione dei bianchi tenne pugili, giocatori di baseball, corridori e giocatori di pallacanestro afroamericani a distanza, limitando il loro campo di azione in tutte le maniere, anche se il loro valore e le loro capacità in tutte le discipline sportive non potevano essere negati. Il cambiamento delle convenzioni sociali e l’esempio di figure come Jackie Robinson, che per primo riuscì ad entrare in una squadra professionistica di baseball interamente composta da bianchi nel 1947 (anche se iniziò a giocare dapprima in Canada) aiutarono ad abbattere le barriere. A partire dagli anni cinquanta e sessanta la presenza degli afroamericani in tutti gli sport principali iniziò a crescere rapidamente ed oggi essi rappresentano la maggioranza degli atleti di primo piano negli Stati Uniti.

Green scrisse una guida ai servizi e ai luoghi relativamente amici degli afro-americani. Oltre a informazioni essenziali su alloggi, stazioni di servizio e garage, la guida forniva dettagli sulle strutture per il tempo libero aperte agli afroamericani, tra cui saloni di bellezza, ristoranti, discoteche e country club. Gli elenchi erano divisi in quattro categorie principali: hotel, motel, case turistiche (residenze private, di solito di proprietà di afro-americani, che fornivano alloggio ai viaggiatori) e ristoranti.

Il Green Book divenne di fatto “la Bibbia del viaggio nero” durante le leggi Jim Crow e permise ai viaggiatori neri di trovare alloggi, attività commerciali e stazioni di servizio che li avrebbero serviti lungo la strada. Era poco conosciuto al di fuori della comunità afro-americana e, poco dopo che fu promulgato il Civil Rights Act del 1964, che bandiva le discriminazioni razziali per colpa delle quali era nato il Green Book, la sua pubblicazione cessò.

Le leggi Jim Crow furono delle leggi locali e dei singoli stati degli Stati Uniti d’America emanate tra il 1876 e il 1965. Esse inasprirono le differenze che erano già esistenti grazie ai Codici neri del periodo 1800-66 che a loro volta già avevano ridotto i diritti e le libertà civili degli afroamericani. Di fatto servirono a creare e mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo uno status definito di “separati ma uguali” per i neri americani e per i membri di altri gruppi razziali diversi dai bianchi. L’origine della frase “Jim Crow” è stata spesso fatta risalire a Jump Jim Crow, una canzone-balletto caricatura degli afroamericani comparsa per la prima volta nel 1832. Le vere origini potrebbero però essere anteriori. La frase si trasformò in un aggettivo verso il 1838 e la locuzione Legge Jim Crow comparve per la prima volta sul Dizionario di Inglese Americano nel 1904. Tuttavia ben prima di entrare ufficialmente nel dizionario, per lo meno dal decennio del 1890, Legge Jim Crow era un modo di dire di uso comune.

Fu durante il periodo della Ricostruzione, tra il 1865 e il 1877, nel sud uscito sconfitto dalla guerra, che la legge federale protesse i diritti civili dei freedmen, gli schiavi di origine africana liberati. Nel decennio del 1870 i democratici ripresero gradualmente il potere negli stati del sud, spesso grazie ad elezioni durante le quali gruppi paramilitari intimidivano gli avversari, attaccavano i neri o impedivano loro di votare. Per vari anni in Louisiana le elezioni per il governatore furono sospese o contestate per l’estrema violenza che si scatenava durante la campagna elettorale. Nel 1877 un accordo nazionale fatto per ottenere l’appoggio del sud nelle elezioni presidenziali si tradusse nel ritiro delle truppe federali dagli stati del sud. Dapprincipio questo episodio non parve modificare l’assetto sociale di quei territori, tant’è che alcuni neri continuarono ad essere eletti in cariche locali fino al decennio del 1880. Poi i democratici approvarono leggi che rendevano più difficili la registrazione nelle liste elettorali e la partecipazione alle elezioni, con il risultato che la partecipazione della maggioranza dei neri e di molti bianchi poveri iniziò a calare. I governi bianchi e democratici guidati dai Redeemers che vennero dopo il ritiro dell’esercito iniziarono a emanare le leggi Jim Crow che separarono gli afroamericani dalla popolazione bianca degli Stati.

A partire dal Mississippi nel 1890, fino al 1910 gli ex Stati Confederati approvarono nuove costituzioni o emendamenti che di fatto privarono nuovamente del diritto di voto la maggioranza dei neri e decine di migliaia di bianchi poveri grazie ad una combinazione di tasse da pagare per votare, test di alfabetizzazione e di comprensione di testi scritti, e requisiti di residenza e registrazione all’anagrafe.

La Clausola del “nonno” – la tutela di un diritto acquisito riconosciuta a un specifico individuo o ai suoi discendenti per un periodo di tempo determinato, che stabiliva che se il nonno di un aspirante elettore aveva votato nel 1860, non era necessario soddisfare i soliti requisiti di voto, oppure, in alternativa, un decreto che diceva che solo i cittadini bianchi potevano partecipare alle primarie, il che eliminava a tutti gli effetti gli afroamericani dalla vita politica nel Sud monopartitico – permise temporaneamente ad alcuni analfabeti bianchi di continuare a votare, ma complessivamente a seguito di tali leggi il numero dei votanti in tutto il sud si ridusse drasticamente. Privati della possibilità di votare, i neri e i poveri non potevano nemmeno fare parte delle giurie nei tribunali locali. Non potevano influenzare la formazione delle assemblee statali e prevedibilmente, i loro interessi finirono con l’essere del tutto trascurati.

Malgrado il Civil Rights Act del 1875, proposto da Charles Sumner e Benjamin Butler, garantisse che ciascuno, indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle o dalla precedente condizione di schiavitù avesse diritto allo stesso trattamento nei luoghi pubblici, come alberghi, trasporti pubblici, teatri e altri luoghi di svago, la convivenza pacifica era molto incerta e v’erano pesanti discriminazioni. Ad esempio le legislature del periodo della Ricostruzione avevano fondato molte scuole pubbliche, ma quelle per neri erano abbondantemente sotto finanziate, anche tenendo conto delle dissestate casse del sud la cui economia era prevalentemente agricola e legata al prezzo del cotone, che calò per favorirne l’acquisto.

Una successiva sentenza del 1883 della Corte Suprema stabilì che il Civil Rights Act era incostituzionale sotto vari aspetti. La Corte Suprema degli Stati Uniti affermò nelle celebri Cinque sentenze sui diritti civili del 1883, che il Quattordicesimo emendamento non concedeva al governo federale il potere di dichiarare illegali le discriminazioni in ambito privato e ribadiva nella Plessy v. Ferguson del 1896, che le leggi Jim Crow erano costituzionali, fin tanto che concedevano l’esistenza di strutture per “separati ma uguali”.

Negli anni successivi la Corte rese il requisito del “separati ma uguali” una formula vuota, appoggiando di fatto leggi discriminatorie a dispetto dell’evidenza che indicava che in pratica servivano a mettere in atto profonde ingiustizie. Dal momento che i democratici del sud all’interno del Congresso formavano un blocco solido, disponendo di un potere molto superiore alla percentuale di popolazione che effettivamente rappresentavano, il Congresso non approvò altre leggi sui diritti civili fino al 1957.

In alcuni casi i Progressisti tentarono di ridurre le frodi elettorali perpetrate contro i neri e i poveri analfabeti, ma la separazione degli afroamericani dal resto della popolazione fu legalizzata e formalizzata durante l’epoca del Progressismo (tra il 1890 e il 1920), e anche in quei contesti socio-economici in cui tale separazione non era espressamente sancita essa diventò in breve tempo una consuetudine. Nel 1890 lo stato della Louisiana ad esempio approvò una legge che ordinava alle ferrovie di allestire posti e sale d’aspetto separati per i passeggeri. La legge distingueva tra “bianchi”, “neri” e “colorati” (vale a dire persone di origine razziale mista). Era già stato stabilito per legge che i neri non potessero viaggiare con i bianchi, ma prima di quella data perlomeno le persone di razza mista lo potevano fare.

A New Orleans un gruppo di persone di tutte le razze, preoccupate per la decisione, fondò un’associazione con l’intento di far abolire tale legge. Convinsero Homer Plessy, un uomo di bell’aspetto e con solo un ottavo di sangue afroamericano nelle vene, a testarne gli effetti. Nel 1892 Plessy acquistò un biglietto di prima classe da New Orleans sulla East Louisiana Railway. Una volta a bordo del treno spiegò al controllore la sua composizione razziale e occupò un posto in una carrozza riservata ai soli bianchi. Gli venne ordinato di lasciare la carrozza e andare invece a sedersi in una per “colorati”. Plessy rifiutò e venne immediatamente arrestato. Il Consiglio cittadino di New Orleans sostenne il caso in tutte le sedi, arrivando fino alla Corte Suprema. Nel 1896 persero la causa, nota come Plessy contro Ferguson, in quanto la Corte nella sentenza stabilì che le strutture create per il principio di separati ma uguali erano costituzionali. Il verdetto contribuì a far durare per altri 58 anni la discriminazione razziale legale contro neri e persone di razza mista negli Stati Uniti.

Ma la Louisiana non fu un caso isolato. Esempi di leggi Jim Crow furono la segregazione razziale organizzata dagli stati nelle scuole –vennero dichiarate incostituzionali dalla Corte Suprema nel 1954 con la sentenza Brown v. Board of Education -, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto e la differenziazione dei bagni e dei ristoranti tra quelli per bianchi e quelli per neri presenti in quasi tutti gli stati.

Con il presidente Woodrow Wilson, Premio Nobel per la pace nel 1919, un democratico nato nel sud e primo presidente del sud nel periodo successivo alla guerra di Secessione, la segregazione razziale venne introdotta perfino negli uffici federali, nonostante le molte proteste.

Anche all’interno dell’esercito venne applicata la segregazione razziale e, anche se tali leggi non arrivarono a vietare espressamente agli afroamericani di partecipare alle attività sportive, ai momenti di svago o alle funzioni religiose, avevano creato una cultura della separazione così radicata nella società meridionale che, di fatto v’era ugualmente e tacitamente differenziazione. Tale differenziazione durò fino a che le leggi Jim Crow furono abrogate dal Civil Rights Act del 1964 e dal Voting Rights Act del 1965.

Oltre alle leggi Jim Crow, con le quali erano gli stati a creare la segregazione razziale, anche aziende, partiti politici, sindacati e altre associazioni private avevano creato dei propri regolamenti Jim Crow impedendo ai neri di acquistare case in determinati quartieri, di lavorare o fare acquisti in certi negozi o di svolgere determinate occupazioni. Nel XX secolo la Corte Suprema iniziò ad abolire le leggi Jim Crow contrastandole sul piano costituzionale. Nella sentenza Buchanan v. Warley del 1917 la Corte stabilì che una legge del Kentucky non poteva imporre la segregazione su base residenziale, costringendo le persone a vivere in zone separate. Nel 1946 con la sentenza Irene Morgan v. Virginia dichiarò incostituzionale la segregazione sui mezzi di trasporto che collegavano stati diversi, in osservanza della cosiddetta Clausola sul Commercio presente nella Costituzione stessa. Inoltre, con la sentenza Shelley v. Kraemer del 1948 la Corte mise fuori legge alcune di queste forme di discriminazione in cui affermò che le “clausole restrittive” che impedivano la cessione di case a neri o ebrei o asiatici erano incostituzionali, non v’era da parte della stessa corte la volontà di attaccare altre forme di discriminazione privata. Si riteneva infatti che i regolamenti privati non violassero la Clausola della pari protezione della Costituzione, perché non si trattava di “entità statali” come quella clausola specificava.

Dopo la seconda guerra mondiale gli afroamericani iniziarono a sfidare con frequenza sempre maggiore il sistema della segregazione, in quanto ritenevano, grazie al fatto di aver prestato servizio militare e ai sacrifici sostenuti anche dalla loro comunità, di essersi guadagnati il diritto di essere considerati cittadini statunitensi a pieno titolo. Il Movimento per i diritti civili degli afroamericani prese forza anche a causa di alcuni episodi chiave, come l’aggressione razzista al veterano di guerra Isaac Woodard avvenuta mentre ancora indossava l’uniforme dell’esercito. Mentre il movimento per i diritti civili si diffondeva e si serviva dei tribunali federali per attaccare gli statuti e le leggi Jim Crow, i governi di molti stati del sud, dominati dai bianchi, rispondevano approvando forme alternative per applicare la segregazione.

Bisognerà arrivare al 1954 e alla sentenza Brown v. Board of Education of Topeka perché la Corte dichiari illegale la segregazione in strutture pubbliche come le scuole, ribaltando di fatto la Plessy v. Ferguson e mettendo fuori legge i provvedimenti Jim Crow anche in altri ambiti della società.

Il gesto di disobbedienza civile di Rosa Parks del 1955, quando si rifiutò di cedere il proprio posto a sedere sull’autobus ad un uomo bianco, fu una specie di catalizzatore per il movimento per i diritti civili degli anni successivi. Il suo gesto e le dimostrazioni pubbliche che provocò fecero da apripista per una serie di decisioni dei legislatori e dei tribunali che contribuirono a indebolire il sistema delle leggi Jim Crow.

Il boicottaggio degli autobus di Montgomery, guidato dal reverendo Martin Luther King, successivo alla ribellione di Rosa Parks, non fu tuttavia il primo di quel tipo. Per tutti gli anni trenta e quaranta c’erano stati numerosi boicottaggi e dimostrazioni contro la segregazione razziale. Quelle prime lotte avevano conquistato risultati positivi e acceso l’attivismo politico dei neri. Ad esempio K. Leroy Irvis della Lega Cittadina di Pittsburgh nel 1947 aveva guidato una manifestazione contro la discriminazione nell’assegnazione dei posti di lavoro nei grandi magazzini, iniziando così la propria carriera politica.

Quando avvengono i fatti narrati nel film l’America del Sud è ancora fortemente impegnata di razzismo contro i neri. Gli Stati che i due dovranno attraversare, partendo da New York per arrivare fino in Alabama per il ciclo di concerti, sono proprio quelli della segregazione razziale. Per di più la sgangherata convivenza tra Shirley, un afroamericano istruito, raffinato e con un dono per la musica, e Tony Lip, l’italoamericano ignorante dai modi grotteschi è problematica perché i due non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro. Tony, prima di accettare l’incarico è pieno di pregiudizi. Don invece ha un carattere altezzoso e mal sopporta le abitudini del suo tuttofare. Il viaggio attraverserà quegli Stati, dove la gente ai tempi trovava normale applaudire un celebre concertista e poi impedirgli di usare il bagno in casa ma chiedergli piuttosto di usare un box di legno all’aperto perché aveva la pelle scura.

Pian piano però Tony si rende conto dell’evidente talento di Don e comprende che, nonostante il pianista sia accolto trionfalmente durante i suoi concerti, subisce vessazioni e violenze a causa dei forti pregiudizi contro i neri ancora vigenti in America. Il rude italoamericano si accorge inoltre che, il grande pianista è imprigionato in una solitudine dolorosa. Dopo un aspro confronto tra i due Don gli confessa che non potrà mai integrarsi alla comunità americana, ma anche quella afro lo rifiuta perché ha ripudiato le sue origini, pertanto sarà per sempre costretto a vivere a metà tra i due mondi. Le otto lunghe settimane di viaggio si snocciolano tra concerti dall’accoglienza trionfale, un’aggressione a Don ubriaco, da parte di un gruppo di bianchi in un bar, dove Tony sfodera tutto il suo sangue freddo per salvare il suo datore di lavoro- amico; il quasi arresto di Don, con Tony che corrompe con una mazzetta i poliziotti perché lo liberino; questo fa infuriare il pianista, che avrebbe preferito essere arrestato piuttosto che ricorrere a un mezzo “così vile”. Successivamente i due vengono fermati da alcuni agenti in una città dove vige il coprifuoco per i neri. Tony ne aggredisce uno per difendere Don, cosa che causa l’arresto di entrambi. Don riesce a contattare il suo avvocato, e grazie all’intervento di Robert F. Kennedy i due vengono rilasciati. A punteggiare il lungo itinerario le lettere che Tony invia alla moglie e che, con l’aiuto di Don, diverranno più romantiche. La sera dell’ultimo concerto a Birmingham, in Alabama, a Don viene impedito di cenare con i suoi amici nella sala dove si terrà lo spettacolo, riservata ai soli bianchi. Dopo una discussione con il proprietario, la scelta se tenere o meno il concerto viene data a Tony, il quale, pur mettendo a repentaglio il suo stipendio, decide di annullare l’esibizione; porta così Don in un locale di ritrovo per afroamericani, dove il pianista ha modo di suonare un’improvvisazione jazz che entusiasma tutti i presenti.

Don e Tony tornano a New York; durante il viaggio vengono nuovamente fermati dalla polizia, ma stavolta gli agenti si mostrano amichevoli nei confronti di Don. Sul finire del viaggio, Tony si sente troppo stanco per guidare, ed è Don a prendere il volante e a portare l’amico a casa in tempo per festeggiare con la sua famiglia la Vigilia di Natale. I due amici si separano e Don torna nel suo appartamento solitario sopra la Carnegie Hall; tuttavia poco dopo si reca a casa di Tony, dove viene accolto calorosamente da tutta la famiglia.

Commovente, leggero eppure stimolante, il film prova, in maniera spettacolare e divertente, che le distanze- quelle geografiche, quelle sociali, quelle emotive, possono arricchire e che quando serve si possono e si devono superare. Don impara da Tony un senso pratico della vita, un’autentica fierezza, apprende la sottile arte di aprirsi e ad affrontare la propria solitudine. Apprende come scendere dal trono dei privilegi apparenti -è proprio un trono quello in cui siede Mahershala Ali all’inizio del film-, per avere un confronto diretto con sé stessi e con il sistema sociale, il primo passo che deve compiere in direzione della libertà. Don, afroamericano che è sconosciuto alla comunità da cui proviene e che è estraneo ad essa, è condotto dall’amico ad un confronto e ad una crescita.

Tony, d’altro canto impara da Don che si può dare spazio ai sentimenti, che le parole hanno magia e valore. Don gli insegnerà l’ambizione, che la vita non è solo lavoro- sacrificio e che sta ad ognuno di noi cogliere le opportunità quando arrivano. Egli tenterà perfino di impartire a Tony delle “ripetizioni” di onestà.

Quando due esseri umani si trovano a condividere un pezzo di strada e di vita, scoprono che non è così difficile capirsi, e migliorarsi a vicenda. Perché c’è sempre da migliorare. Non ci sono neri e bianchi, non ci sono buoni e cattivi. Ci sono uomini e donne imperfetti che possono ambire a migliorarsi, come pure ve ne sono altri che le esperienze di vita hanno indurito tanto da non essere più in grado di cogliere un’opportunità quando arriva. Partendo dal confronto emotivo, un terreno di nessuno dei due e perciò di parità, Tony e Don riescono a incontrarsi, e a ripensare le propria vita attraverso gli occhi dell’altro, fino a gettare le basi di una amicizia significativa, che edificherà entrambi.

Bibliografia

 

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