Una fiaba antroposofica

di Federico Giandolfi

Le fiabe nascono dalla realtà ma ne rappresentano al tempo stesso alternativa di narrazione più ricca, complessa e gravida di speranza. Ognuno è libero di intrepretare queste righe come vuole, prenderle per una favola o racconto fantastico. Ma faccio appello al sentimento per la verità che alberga in ciascuno di noi. Esso dapprima germoglia in solitudine, ma poco a poco quella verità si avvicina all’anima e le permette una maggiore comprensione degli enigmi dell’esistenza quando essa si dispone ad ascoltare senza pregiudizi.

C’era una volta un filosofo che camminava per la sua solita passeggiata nel boschetto vicino casa, tra la fattoria e il laghetto. Tempi duri quelli per la filosofia! La filosofia era stata nel passato la scienza universale da cui erano derivate le altre che oggi coltiviamo, ma ora era costretta a giustificare la propria esistenza, a dire per quali ragioni sosteneva certe idee, e cose del genere. Procedeva di buona lena e come sempre era avvolto nei suoi pensieri, quando cominciò a prestare attenzione…alla propria ombra proiettata sulla strada. Aveva il sole alle spalle, e vedeva la sua ombra muoversi con lui. Ad un certo punto, si accorse che la testa era trasportata, leggiadra e ben appoggiata sul collo e le spalle, al tempo che le gambe e le braccia si muovevano col ritmo abituale.

Strano, no? Eppure non l’aveva mai notato prima! E non riusciva a distogliere il pensiero da quell’immagine, corpo braccia e gambe in movimento, ma la testa ferma. Gli arti non sono in quiete, il capo sì, pensò. Ogni indagine comincia con una buona osservazione, si disse sorridendo, gli occhi ben aperti. Che cosa vorrà dire?

Io penso nel capo e voglio nelle membra, gli parve di capire. Gli arti si muovono, e la testa si lascia condurre, e dall’alto sembra stare sul ponte di comando. Brindo per lei, splendida nel suo incedere, prodigiosa nelle sue pensate! Assorto nei suoi pensieri, continuò la sua passeggiata fino alla panchina dove era solito sedersi. E lì seduto vide una bellissima farfalla svolazzargli intorno, fino a quando si posò sulla panca proprio vicino a lui. Che bellezza!

Intanto pensava. Senza presunzione e riferimenti personali: il capo mi sembra la mia parte più perfetta, in sé conclusa. E lanciandosi in una ardita ipotesi, tra il filosofico e il fisiologico, continuò. Nel capo le forze formative sembrano giunte a una conclusione, a una stasi, infatti esso si lascia condurre, ha già compiuto il suo ciclo.

E gli parve allora di udire una vocina, sottile e dolce, che gli sussurrava all’orecchio: Sì, è proprio così! Professore, la testa molto tempo fa era mobile e malleabile, ma ora si è consolidata, indurita.

La vocina era della farfalla, che ora sembrava guardarlo, e lo ammaliavo con i lenti movimenti delle ali.

Posso quindi dire che la testa è la nostra parte più antica, e viene da molto lontano? domandò il filosofo stupito ma interessato a continuare quel dialogo. E allora, com’era prima? E’ una metamorfosi di figure del lontanissimo passato, e la forma dura attuale della sua testa, molto dura, deriva dal raffreddamento terrestre, proseguì la farfalla che si era lentamente avvicinata alla sua mano.

Giusto, il solido, la terra, esclamò il nostro ottimo filosofo, ripassando la lezione! Empedocle! E prima vi fu l’acqua o fase fluida, e prima ancora l’aria, e in principio il fuoco e il calore.

Ma sì, questa testolina oggi consolidata fu nel passato malleabile, fluida. Perché non lo avevo pensato prima?E in questo andare a ritroso, essa non sarà stata plasmata dallaria in tempi più remoti, e prima ancora, dal puro calore? Questo calore, questa aria, questa acqua e questa terra vanno immaginati come principi e non caratterizzati come sostanze, beninteso! Ahh! Empedocle dixit!

Proprio così, continuò la vocina. Veda, noi farfalle eravamo presenti in quell’epoca remotissima quando il suo capo nel primo abbozzo si originò dal Cosmo intero. Il Cosmo era veramente puro calore. Noi farfalle siamo esseri sui quali il Cosmo prodigò da fuori tutte le sue magnificenze, mentre formava il primo germe di quello che sarebbe divenuta poi la sua testa. Noi siamo, modestia a parte, creature in cui ogni bellezza e maestà fu irradiata sulle ali. In un certo senso, noi farfalle siamo uno specchio che riflette tutte le grazie del Cosmo!

Il filosofo, tra commosso e rapito dalle rivelazioni, riandò con la mente a quando nei tempi antichi si chiamava “bellezza” ciò che ci forma dal Cosmo. Immaginò questa bellezza come il cerchio: era stato alla base della formazione del capo quasi rotondo. Fu il Cosmo, che poi fluendo dette forma al germe della testa umana, mentre si diffondeva senz’altre mediazioni sulle ali delle farfalle, gli sembrò di concludere emozionato per quelle scoperte. Sì, questa è un giorno proficuo di idee e illuminazioni! Ma sì, ancora oggi al contemplare le farfalle mi commuovo per la straordinaria bellezza delle armonie e dei colori, retaggio di quella antica saggezza.

Proprio ora la farfalla volò via, e il filosofo se ne dispiacque, ma a rassicurarlo vide tante altre volare nel boschetto e sui prati. Un ragnetto sul bordo della panchina sembrava ammiccare.

Ma non sono fatto solo di testa, pensò, preso improvvisamente da ripetuti starnuti per via del polline, lui che era un poco allergico. E qui un passerotto attrasse la sua attenzione. Si posò di fronte, a una prudente distanza, e il filosofo udì l’uccello cinguettare così.

Caro Professore, anche noi uccelli eravamo presenti in quelle epoche lontanissime, o meglio, i nostri lontani antenati. Quando voi umani passaste dalla fase calore alla fase aria a voi si aggiunsero i primi rudimenti di quello che poi sarebbe divenuto il sistema del petto, della respirazione e della circolazione. La fase aria indusse la respirazione. E sorsero parallelamente a voi umani …indovini un poco caro lei… gli uccelli!Noi uccelli sviluppammo inizialmente un potente sistema respiratorio come esseri di petto stimolati dall’aria, ma con una testa ancora molto piccola e poco sviluppata. Ancora oggi ostentiamo un prominente petto e una testolina, non le sembra che la testa a noi spuntò dopo?

Il nostro ottimo filosofo non si raccapezzava più, travolto da tante rivelazioni. Ascoltò rapito un uccello gracchiare da lontano, e gli sembrò un presagio. Poi si riprese, rielaborò i prodigi ascoltati, e ne trasse qualche conclusione provvisoria. E già! Nei nostri antenati questi organi furono aggiunti alla testa. La nostra testa passò per la prima metamorfosi e ad essa si aggiunse il sistema della respirazione e della circolazione. Eravamo quindi organismi di testa e respiro, testa e petto, per così dire. Ormai elaborava da solo! Si alzò, era l’ora di rincasare, ma si attardò a vedere il pascolo e le mucche brucare il prato.

E qui una di esse sollevò la testa e nel suo linguaggio parlò. Sappia Professore che, a dire il vero, voi umani riceveste l’addome e il metabolismo della digestione quando tutti insieme attraversammo la fase fluida. Ed allora comparvero anche le nostre antenate le mucche, col loro predominante sistema digestivo, dal quale spuntarono poco a poco gli organi respiratori e la testa.

Riavutosi un poco dal suo stupore, il filosofo volle farsi ripetere quelle strabilianti affermazioni, e la mucca ribadì educatamente: Mentre l’essere umano cominciò la sua esistenza con la testa, a cui si aggiunse il sistema respiratorio e poi il sistema digestivo, mentre gli uccelli cominciarono con il sistema respiratorio del petto, a cui aggiunsero la testa e poi il sistema digestivo, noi mucche partimmo invece dalla digestione e poi su su fino alla testa. E con noi cavalli e leoni.

‘Overo? esclamò il filosofo sorpreso. Ma la mucca incalzò: E proprio come le farfalle apparvero quando voi sviluppaste la testa, gli uccelli quando foste dotati del petto e noi mucche quando acquistaste l’addome, anche anfibi e rettili, come rane, rospi, lucertole, serpenti, approfittarono per fare una apparizione trionfante sviluppando gli organi inferiori.

Riavutosi da quest’altra rivelazione folgorante, ma coerente e persuasiva, il filosofo disse fra sé e sé: Anfibi e rettili, a ben vedere, sono poco più che organi digestivi, tubi intestinali e stomachi in movimento! Lì si ha l’impressione di passare direttamente dalla bocca all’intestino. Mi era sempre sembrato, ma non lo vedevo così chiaro come ora.

E la mucca, allontanandosi lentamente per brucare più in là, concluse: Caro Professore, in quell’epoca le tartarughe allungarono la loro testa fuori del guscio corazzato, come se fosse un arto, e lo estesero fuori! Così completarono il loro corpo!

Passando vicino al laghetto, il filosofo si fermò a meditare su quel meraviglioso quadro che si era aperto ai suoi occhi, ed ecco che il suo sguardo cadde su di un pesciolino che guizzava avanti e dietro, quasi a voler dirgli qualcosa. Ed infatti gli sembrò di ascoltare una frase laconica: Come può aver immaginato illustre Professore, anche noi pesci sorgemmo nella fase liquida.

Si incamminò di buon passo verso casa. Si sentiva trasformato, arricchito. Ogni nuova conoscenza trasforma colui che conosce, e lui sentiva di essere divenuto un altro, con nuovi enigmi, ma non più semplice osservatore. Avrebbe scommesso che le scimmie erano apparse quando apparvero gli organi riproduttori. E da solo cominciò ora a vedere che nella fase solida della Terra il corpo fisico aveva trovato il suo orientamento nello spazio, quando i suoi antenati sollevarono al cielo il loro capo e conquistarono la forza di erigersi. La Terra aveva dato forma al sistema degli arti! Gli arti e le membra quindi furono gli ultimi a svilupparsi.

Le membra sono l’ultima parte che si è aggiunta. Sono ancora in movimento. È come un immagine che non ha ancora assunto le sue forme definitive, ma a cui si sta appena lavorando.

Io penso nel capo e voglio nelle membra, la frase che aveva dato inizio alla ricerca risuonava nella sua anima. Era contento, perché il suo rappresentare si era arricchito, era pensiero pienamente cosciente e allo stesso tempo, colmo di feconde immaginazioni su cui meditare. E felice si concesse il giusto riposo.

Morale della favola. Al contemplare le farfalle, stiamo vedendo delle forme terrestri, ma le farfalle sono in origine esseri di luce e calore, poi dotati della sostanza terrestre come un bagaglio. Lo svolazzare e quella danza intrecciata si rivela a noi come eco della bellezza originaria del Cosmo.

Le gambe hanno riportato a casa il nostro filosofo, stanco ma gioioso. Esse sono l’espressione della misteriosa volontà tutta da decifrare, l’ultima arrivata nell’edificazione dell’essere umano. Dove lo condurranno domani? (Favola liberamente ispirata a una conferenza di R. Steiner)

W Giandolfi Una fiaba antroposofica