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Il pericolo dell’estetizzazione della violenza

di Vincenzo Curion

Nel 1991, Joel Black, professore di letteratura dell’Università della Georgia, affermò che: «Se, tra tutte le azioni umane possibili, ce n’è una che evoca l’esperienza estetica del sublime, di certo si tratta dell’omicidio». Black notò che «Se l’omicidio può essere una forma d’arte, allora l’omicida è una sorta di artista — o un anti-artista — la cui arte si manifesta quale “performance” e la cui specificità non consiste nel “creare”, ma nel “distruggere”». Quest’idea dell’esaltazione estetica dell’omicidio quale manifestazione di elementi estetici è di vecchia data, e risale al 1890. Di poco successiva la traccia nel Manifesto Futurista di Marinetti in cui”La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno” o anche “Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo”. Sembrerebbe dunque che, l’idea di indagare il malvagio attraverso l’estetica non sia tanto recondita. Ai giorni nostri il mondo dell’arte in senso lato e, in particolare, le arti visive e la letteratura hanno estetizzato la violenza al punto da renderla una forma d’arte autonoma. Questo fatto non è da poco giacché il processo di estetizzazione comporta conseguenze sociali non banali. Il primo autore a evidenziare le conseguenze sociali dell’estetizzazione fu, alla fine dell’Ottocento, Georg Simmel, il quale era convinto che solamente comprendendo pienamente la sfera sociale dell’estetica fosse possibile cogliere la vera natura delle società moderne. Che cioè analizzando come i linguaggi artistici si applicano nella quotidianità a molteplici forme d’espressione si potesse adeguatamente interpretare il sistema sociale. Analizzando l’aspetto sociale dell’estetizzazione della violenza staremmo dunque esaminando il nostro sistema sociale. Continue reading “Il pericolo dell’estetizzazione della violenza”

Il mondo algoritmizzato. Il Saper Fare ai tempi della Rete

di Vincenzo Curion

Con l’avvento massiccio delle macchine programmabili, il mondo della produzione in primis e l’utenza in generale, ha scoperto l’importanza dell’algoritmo, una “procedura finita e completa che risolve un determinato problema attraverso un numero finito di passi elementari, chiari e non ambigui, in un tempo ragionevole, a partire da dati d’ingresso certi”. Non che si tratti di una immane scoperta, dal momento che il termine Algoritmo deriva dalla trascrizione latina del nome del matematico, astronomo, astrologo e geografo persiano Abū Jaʿfar Muḥammad ibn Mūsā al-Khwārizmī, originario della regione di Corasmia, vissuto tra l’ottavo ed il nono secolo d.C. a Baghdad presso la corte del califfo al-Maʾmūn, dove fu nominato responsabile della biblioteca del califfo, la famosa Bayt al-Ḥikma, “Casa della sapienza”. Autore dell’al-Kitāb al-mukhtaṣar fī ḥisāb al-jabr wa al-muqābala (“The Compendious Book on Calculation by Completion and Balancing”), scritto verso l’820, egli ampliò il lavoro sulle equazioni algebriche del matematico indiano Brahmagupta e del matematico ellenistico Diofanto di Alessandria. La fama della sua opera fece sì che Girolamo Cardano, nella sua Ars Magna, lo ritenesse il creatore dell’algebra, poiché l’Aritmetica di Diofanto di Alessandria (III-IV secolo) fu scoperta solo in seguito. Sebbene al giorno d’oggi è noto che l’inizio dell’algebra si può far risalire al II millennio a.C. con la matematica babilonese ed egiziana, ciò non toglie importanza al lavoro di al-Khwārizmī, che raccolse materiale da tradizioni differenti (greca, indiana e siriaco-mesopotamica), introdusse la notazione posizionale e dello zero che non era nota al mondo occidentale e compilò un trattato dotato di sistematicità che divenne un punto di riferimento per lo sviluppo dell’algebra moderna. Questo trattato, fu tradotto in latino nel dodicesimo secolo. Dal suo titolo deriva il termine Algebra, quella parte della matematica che tratta lo studio di strutture algebriche, relazioni e quantità. Continue reading “Il mondo algoritmizzato. Il Saper Fare ai tempi della Rete”