di Clementina Gily, Editoriale
E’ solo una delle dimensioni giustamente riproposte nella nuova discussione che si è aperta sulla questione del Mezzogiorno a “Il Mattino”. Che insiste sulla proposta integrata, su come tutte le energie produttive vadano coinvolte. Ma è quella che più interessa alla nostra dimensione: avvalorare le città d’arte del Sud come si è fatto per quelle del Nord sarebbe già da sola la soluzione soddisfacente di molti problemi. Incrementerebbe il turismo interno, che dimostra nelle gite del week end una disponibilità finanziaria non eccessiva ma costante, che sarebbe facile da incrementare con offerte più varie. Porterebbe, inoltre, nel giro internazionale quelle vere e proprie perle di cultura che gli stessi abitanti conoscono con difficoltà per il difficile accesso ai luoghi dell’arte e il nullo percorso culturale disponibile.
Ma sinché si terranno truppe d’assalto all’interno della città, proteste inscenate per far politica elettorale, sarà dura. Un’avventura tra tante: a Palazzo Reale schiere di turisti provano a visitare la città d’arte, e i Bros le intersecano per andare a manifestare a mani e pugni alzati e sollevare nel dopopranzo una piccola guerriglia armata. Altroché Springsteen. I turisti erano già a piedi perché già avevano dovuto lasciare il pullman, per il traffico bloccato.
Ma il discorso riapre la speranza del domani: è quel cui bisogna pensare, basta col passato, andiamo avanti. La discussione si trova nel sito de “Il Mattino”, è ampia e circostanziata, anche se poco ricca ancora di dimensioni concrete. Ma la qualità degli interventi e il tenore anche politico della partecipazione lascia bene sperare. Va però raccomandato che i prossimi tre anni siano tali quali la discussione fa sperare: anni di collaborazione, di proposte alternative, di realizzazioni condivise. Finalmente la politica si è proposta in esplicito il problema che ogni docente universitario lamenta da tanto: i ragazzi vanno via; vanno via anche senza necessità: trovano purtroppo spesso situazioni non migliori, ma una fiducia nelle istituzioni che li rincuora. La città forma competenze che non riesce ad utilizzare, la politica deve cambiare e recuperare un qualche credito nella stima dei giovani.
Quello su cui vorrei fermare l’attenzione è la questione in sé, visto che sul tema tanti convegni e tanti anni di riflessione hanno reso molti per qualche parte esperti. Non so se si possa dire “Meno male che c’è il Sud”, come titolava il giornale: ma certo la ricchezza e la politica nazionale sono in larga parte gestite e costruite da persone del Sud, che si dimostrano sempre particolarmente efficaci e sono riconosciuti per le loro doti. Inutile parlare delle ricchezze territoriali e d’are, a tutti note. Solo che quando si parla di Sud, si inizia male il discorso.
Il caldo, l’afa, l’aria mefitica – queste cose evoca il Sud. Napoli e il suo regno sono state e sono un patrimonio di cultura europea, un territorio che del Sud ha poco. È solo una regione europea tra tante, con pregi e difetti, che ha il problema di avere sempre troppi nemici invasori, che da un lato sprezzano e dall’altro invece di comprare prendono. La storia non è poi tanto cambiata, ma si tratta del solito gioco delle parti, gli uomini trattano così spesso delle loro cose: solo che il napoletano è tollerante, un po’ per tanti abusi subiti, un po’ perché si è costruito una filosofia di vita da splendido isolamento, un po’ per sfiducia nelle istituzioni: non s’indigna. Protesta poco: d’altronde, che vai a fare alla questura per una denuncia di uno scippo? Nessuno tra i conoscenti ha mai ritrovato qualcosa. Segno che il napoletano è infingardo, o che la polizia è ornamentale? Eppure il prefetto Pansa, quello che disse che a Napoli non va portato il Rolex, ora è il massimo rappresentante del settore: peccato non abbia agito con fiducia e con determinazione d’azione. Avrebbe potuto consolidare chi pure in questa città lavora onestamente, senza ricorrere né ai crimini né alla speranza nella politica – i due fattori che avvelenano tanta parte della gioventù attiva che resta in città.
Alessandro Barbano è partito di qui: dallo sconcerto per l’esodo di tanti ragazzi, e non solo; spesso li guida una scelta più che una reale proposta di lavoro. Ma occorre la consapevolezza che senza un’analisi seria del gap e dell’individualità dei problemi delle città del Sud nulla sarà fatto, tal quale come nulla fu fatto. Gli interventi ci sono stati, i finanziamenti europei sono arrivati, la Cassa del Mezzogiorno ha funzionato: il risultato è davanti ai nostri occhi. Se non si cambia sistema, è giusto che il Nord protesti.
Uno sviluppo integrato che sappia raccogliere le migliori energie della città è quello che si raccomanda da tutte le voci dei partecipanti; per questo “serve una rappresentanza politica degna e dotata di potere contrattuale per dettare condizioni in un contesto che resta pattizio, dove ognuno difende con malcelata furbizia ciò che ha in casa”. Lasciare da parte gli interessi corporativi ed evitare le logiche di distribuzione del potere, smuovere le alleanze forti che impediscono alla città di dare spazio alle sue energie. Che sono tante, se continuano a tenerla in piedi e a farla brillare nonostante tutto. Tanti politici eminenti, tanti intellettuali seri hanno partecipato alla discussione.
Quel che manca è al momento il vero coinvolgimento della città, che potrebbe fare molto di più e lo dimostra ogni giorno.
Parole chiave chiare, che ognuno possa avere come vademecum nei progetti che si elaborano, linee serie di intervento aperto che non passino per le solite vie, scoraggiando chi sa di non voler contare sui soliti appoggi truffaldini.
Una politica della comunicazione seria, volta, come diceva Filangieri, a rendere note le decisioni del centro decisionale, così che ognuno nel suo piccolo possa dare un contributo nello stesso senso. Una politica di potere che lasci perdere un po’ la conta dei voti per fare quel che attira i voti, una gestione corretta e chiara, in cui ognuno possa vantare i successi ottenuti invece di intenzioni poco comprensibili e sempre disattese.
Una politica per la città, nel segno di un qualche patriottismo, di un qualche orgoglio, di una qualche speranza. mai come oggi, dopo le tante campagne di stampa su camorra e spazzatura, giustificate certo ma non controbattute da eclatanti successi – che pure in qualche caso vengono in mente facilmente, è la soluzione giusta.
“Il Mattino” fa bene a sollecitare dialogo e dibattito, a sostenerlo con le sue azioni: ma ha in mano l’arma più giusta e potente per dare indicazioni chiare proprio in questa direzione, risollevare le anime perse, cercare di far smettere la vite dell’umore nero che ovunque percorre la città. Elaborare una politica della comunicazione efficace, dare notizia delle conquiste, impostare le parole chiave che Napoli attende.