di Antonietta Maria Nisi
Senza una pianificazione intelligente le nostre città troveranno sempre più una difficile competizione con altre città e poca sostenibilità futura a lungo termine. Senza cambiamenti sui sistemi attuali, senza ottimizzazione delle problematiche che una città potrebbe incontrare , ma soprattutto una modifica della salvaguardia delle risorse potrebbe nel futuro modificare anche l’assetto sociale. La costruzione di un piano, o meglio di un citizens planning , land cover e land use, sarebbe fondamentale per un corretto allineamento tra risorse, territorio, città e cittadini.
Per pianificare una smart city è necessario innanzitutto sensibilizzare i cittadini quanto le autorità locali attraverso piani di gestione attuativi motivati a risolvere i problemi di pianificazione con altri stakeholders. L’attuazione di un piano di zonizzazione assieme alla pianificazione integrata renderà efficace la modellizzazione dell’ambiente fisico. Ogni ente locale che si rispetti dovrà avere un Consiglio Comunale che, secondo le politiche di governance, costantemente si interfacci coi cittadini anche sul re-mapping di zonazione attraverso una analisi di strumenti idonei alla definizione di politiche pubbliche per il governo della città, del territorio e dell’ambiente volti all’elaborazione di piani e programmi urbani, territoriali e ambientali, sia con riferimento ai contenuti disciplinari che alle modalità partecipative e comunicative della loro progettazione. L’ utilizzazione di metodi e tecniche per la valutazione di processi ed esiti dell’azione pubblica userà tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la gestione di temi strategici nel governo della città, del territorio e dell’ambiente; dovrà intervenire nella costruzione di piani di settore, in interazione con altre competenze professionali, in particolar modo nell’attivazione di pratiche per la transizione energetica, per l’adattamento e mitigazione al cambiamento climatico. La interdisciplinarietà dei settori esprime creativamente la conoscenza e capacità acquisite in funzione delle nuove domande della società e del mercato.
Nel rapporto nazionale Habitat II (1996) si afferma: “La città del futuro è una città dalle vie brevi, in cui le funzioni del vivere, lavorare, di cura e del tempo libero sono gradualmente riunite, ove è possibile”. La ‘smart city’ ovvero la città intelligente è anche quella dalle vie brevi che si pone l’obiettivo di ridurre il il numero di auto in circolazione e restituire alla città i luoghi per vivere e non solo per dormire migliorando radicalmente l’ambiente urbano per trovare una soluzione ai principali problemi sanitari e alla qualità della vita nelle città.
A tal proposito traendo lo spunto dalle regole individuate dalla Commissione Europea, è necessario perseguire tre aspetti fondamentali per avviare la nostra città a norma come tutti gli altri paesi della Comunità Europea nella direzione della gestione sostenibile delle città e cioè:
- La progettazione urbana sostenibile;
- L’edilizia sostenibile;
- Il Trasporto Urbano Sostenibile;
- La gestione urbana sostenibile
L’esempio della concentrazione decentrata divenne nella metà degli anni novanta un principio fondamentale di uno sviluppo di sistemazione durevole e si riferisce piuttosto al livello della città-regionale. Si è tentato di produrre un collegamento strategico tra la concentrazione e la decentralità ai margini delle città. Secondo quindi la mia visione, come pianificatrice ambientale, uno sviluppo policentrico si propone di combattere la crescita di aree periferiche e la congestione dei centri urbani. I problemi esistenti dovrebbero essere diminuiti da una città ordinata che progetta uno sviluppo nel territorio circostante così come il contenimento della tendenza alla suburbanizzazione tra postazioni di lavoro e popolazione residente.
La città dunque si definirebbe sostenibile se potesse diminuire i costi del traffico attraverso la realizzazione di vie di comunicazione più brevi ed un maggior investimento nei mezzi di trasporto pubblico. Accanto alle misure di concentrazione decentrata dovrebbero essere perseguite anche misure volte al rispetto e alla conservazione del territorio. Anche se un tale modello può risultare a molti poco realistico, non bisogna dimenticare il fine e le ragioni di base, così come quello di promuovere e sostenere le relazioni esistenti tra le diverse funzioni in prossimità delle zone residenziali.
Tuttavia l’ordine spaziale deve assicurarsi in concordanza con le politiche per l’ordinamento territoriale senza dimenticare il valore di una sostenibilità ambientale. Una corretta analisi storica, culturale, sociale, morfologica, climatologica, della tradizione e cultura dei materiali locali, risulta elemento di conoscenza prioritaria per poter progettare in continuità ed omogeneità con gli elementi che compongono l’unità paesaggistica nel suo insieme e garantire quindi l’armonizzazione dell’intervento con i caratteri dell’ambiente naturale e le caratteristiche storiche e tipologiche dell’ambiente costruito nel quale il nuovo intervento va ad inserirsi.
L’architettura di un luogo rappresenta, insieme all’ambiente naturale in cui è inserita, parte integrante ed essenziale del “sistema paesaggistico “ che caratterizza il luogo stesso. Essa non è legata ad uno stile o ad una epoca storica particolare, ma si configura come quell’insieme di caratteristiche formali, compositive, tecnologiche, stilistiche, che si sono consolidate nel tempo e che caratterizzano la maggior parte degli edifici di quel luogo.
La valorizzazione di tale sistema paesaggistico, che rappresenta un obiettivo importante non solo per l’aspetto visivo, ma anche per quello ambientale in senso proprio, si concretizza mediante un corretto approccio metodologico basato sui seguenti criteri:
- Salvaguardia degli aspetti morfologici e strutturali che identificano e caratterizzano quel luogo secondo il genius loci.
- Recupero e ripristino di un equilibrio formale e strutturale, attraverso demolizioni, ricostruzioni e nuovi interventi, nel caso in cui il luogo abbia subito, nel tempo, modificazioni che ne hanno alterato la riconoscibilità in senso paesaggistico, e quindi modificato la sua essenza ed identità.
- Rivalorizzazione ambientale di luoghi degradati e architettonicamente indifferenziati, attraverso interventi di ricucitura, di ricreazione di un tessuto laddove esista frammentarietà, disgregazione e mancanza di struttura.
L’Italia investe in ricerca solo l’1,1 per cento del pil, rispetto al 2 per cento della media europea e non riesce neanche a investire tutti i fondi assegnati dal programma quadro dell’Unione europea. Il mondo accademico e delle imprese chiede al governo di rendere stabile il credito d’imposta per favorire la ricerca e consentire in questo modo una programmazione a lungo termine dei progetti. Lavorare nella ricerca è un’opportunità senza pari per contribuire allo sviluppo della conoscenza, al progresso e alla crescita culturale della collettività. È un’attività che, per la sua stessa natura, obbliga ad un continuo aggiornamento. Permette di lavorare in un ambiente fortemente internazionalizzato e formativo ed è costantemente sottoposta alla valutazione della comunità scientifica internazionale.
Questo ovviamente richiede impegno e dedizione ma anche consapevolezza di partecipare ad un interesse collettivo, di avere una responsabilità verso la società che affida denaro pubblico al ricercatore, affinché questo le sia restituito sotto forma di conoscenza e di progresso. Le politiche degli ultimi anni hanno però fortemente penalizzato il ruolo della ricerca scientifica e, di conseguenza, sminuito il lavoro del ricercatore diventato un “lusso” che il Paese non può permettersi ed assimilato nelle pieghe di una pubblica amministrazione, percepita sempre più come parassitaria e mangiasoldi. In Italia, infatti, la ricerca scientifica è fortemente condizionata sia nei vari enti di ricerca sia nella scuola superiore e nell’università, che dovrebbero essere i luoghi privilegiati della ricerca scientifica. Occorre a questo proposito operare una nette e significativa inversione di tendenza, lasciando definitivamente alle spalle la politica dei tagli lineari a carattere indiscriminato che tanti danni (e disastri) hanno finora prodotto al sistema della ricerca pubblica.
L’Analisi di un ambiente esterno nel suo complesso è elemento fondamentale per poter stabilire metodologie d’intervento ed obiettivi in quanto occorre prendere in considerazione sia parametri di tipo qualitativo legati agli aspetti percettivi che parametri fisici. Il rilievo delle caratteristiche tipiche del territorio non va valutato solamente sotto l’aspetto morfologico, ma anche attraverso il suo processo storico evolutivo e una corretta analisi dei caratteri percettivi del paesaggio naturale ed antropico. Ma per attuare tutto ciò occorre riprendere ad investire nella ricerca, senza ripetere gli orrori del passato, evitando finanziamenti a pioggia e senza verifica dei risultati conseguiti nel campo della ricerca occorre operare con lungimiranza e con grande oculatezza massimizzando i risultati attraverso un uso ‘mirato’ delle risorse disponibili attraverso un doppio canale di intervento. Il sistema dell’eccellenza esistente, aumenterà la capacità di produrre innovazione di qualità ed al tempo stesso il livello di internazionalizzazione dall’altro mettendo il resto del sistema della ricerca pubblica in grado di funzionare, di risolvere i problemi della quotidianità, risorse certe e garantite si, ma con verifiche a monte e valle sul livello di efficienza raggiunta e sui risultati conseguiti.
Solo con queste semplici ma radicali accorgimenti il sistema della ricerca pubblica potrà riprendere a “girare” ed essere attrattivo anche per le giovani leve della ricerca internazionale. Non più esportazione di cervelli, ma anche e soprattutto attrazione.