di Mariano Bonavolontà
La Politica di coesione è, probabilmente, l’elemento programmatico comunitario che rende più tangibile la particolarissima dinamica istituzionale che lega l’Unione europea ai suoi Stati ed alle sue Regioni. Spesso si parla di Europa delle Regioni, per intendere anche questo meccanismo di continuo dialogo, seguendo una metafora mentale molto particolare, quella di un’unica, grande nazione suddivisa in regioni interne, legate in un’indissolubile liaison con il Centro.
Da un punto di vista teorico – istituzionale, questa razionalità della rete, come può essere definita, sottosta a numerosi processi organizzativi dell’Unione europea, sia dal punto di vista dell’organizzazione reticolare dei suoi strumenti politici e finanziari (ed in questa accezione, la Politica di Coesione può essere considerata anche come l’esempio più paradigmatico), sia a livello di organizzazione delle sue istituzioni (in questo caso, basti pensare alla fitta rete di Rappresentanze ed alla Rete Europe Direct). In altri termini, l’Unione europea ha dimostrato, anche e soprattutto con la Politica di Coesione, di carpire appieno le istanze del potere delle reti e del potere del sistema e delle masse critiche.
Scheletro di intervento comunitario nella vita delle regioni e dei cittadini, la Politica di Coesione raggruppa diverse tipologie di fondi, secondo metodologie e tecnicismi che, per la loro naturale e necessaria capillarità, a volte possono risultare arcani ma, lungi dall’essere un arcana imperii di machiavellica memoria, è proprio grazie a questo continuo lavorio di cesellatura e di tessitura dell’intricata trama di fondi che l’Unione garantisce un intervento pervasivo e permeante all’interno delle diverse realtà regionali.
La Politica di Coesione, così come molte altre frange finanziarie strategiche dell’UE, è dinanzi ad un forte shift, dato che la programmazione attuale, 2007/2013, si chiuderà tra poche decine di giorni e la nuova programmazione, la 2014/2020, sarà attiva dall’anno prossimo ed i cambiamenti nella sua architettura interna avranno un’influenza pervasiva nelle istituzioni nazionali, regionali e, dunque, sui cittadini ed è per questo che il Parlamento europeo ha dimostrato estrema attenzione per l’argomento “Politica di Coesione”.
Il 20 novembre 2013, come annuncia il comunicato stampa relativo[1], il Parlamento europeo ha approvato la nuova Politica di Coesione per il periodo 2014/2020, lasso temporale di centrale rilevanza, dopo un lungo negoziato con il Consiglio. L’influsso del Parlamento europeo è stato di rilevante: l’istituzione parlamentare europea, tra le diverse ratio che hanno sostenuto la sua azione, ha perseguito molteplici obiettivi, tra cui la volontà di ottenere finanziamenti per le regioni dell’Unione, per investire in progetti di sviluppo e giungere ad una maggiore equità e ad uno snellimento delle procedure burocratiche. Quest’ultimo aspetto, agli occhi del Parlamento europeo, è apparso più che necessario, considerata anche l’attuale crisi economica, per cui “Gli Stati membri e le regioni potranno concentrarsi maggiormente sull’impatto dei programmi e dei progetti e preoccuparsi meno dei tecnicismi amministrativi”, come ha dichiarato la presidente della commissione per lo sviluppo regionale e capo negoziatore del Parlamento sulla politica di coesione, Danuta Hübner (PPE, PL).
Tra le altre caratteristiche della nuova Politica di Coesione spiccano la necessità di sviluppare una massa critica nella concentrazione strategica degli sforzi calibrati su Europa 2020 e la creazione di regole comuni, facendo ruotare attorno ad un “Quadro Strategico Comune” i cinque grandi fondi. Tra questi ultimi, il Parlamento ha posto significativamente l’accento sul Fondo Sociale Europeo (FSE), che può essere considerato come uno dei fondi “cardinali” nonché, probabilmente, uno dei più “antichi” nella programmazione comunitaria. Sempre il comunicato spiega infatti che il FSE è stato inteso anche come strumento strategico per combattere la povertà e la disoccupazione ed i deputati hanno dunque ricalcato la necessità di garantire almeno il 20% delle risorse del FSE in ogni Stato membro destinate a queste due tematiche; in aggiunta, sul fronte dei giovani e del lavoro, almeno 3 miliardi di euro dei finanziamenti del FSE sarà destinato all’iniziativa per l’occupazione giovanile.
Simbolicamente, la Politica di Coesione può essere intesa anche come strumento di vicinanza dell’Unione europea nei confronti degli Stati membri, sino ai livelli istituzionali su scala più locale; grazie a questa impalcatura, l’Unione, da sempre, riesce ad irrorare con una moltitudine di rivoli, i diversi territori del grande apparato comunitario, calibrando risorse, priorità e strategie sulle diverse necessità locali.
Con la Politica di Coesione, l’Unione europea è ancor più vicina, dunque, ai suoi cittadini ed alle loro istituzioni di prossimità e questa sembra essere stata una delle ragioni che hanno spronato il Parlamento a giungere ad un tale impegno che potrà ulteriormente essere avvalorato dalla partecipazione dei cittadini alle nuove elezioni che si terranno nel maggio 2014, perché solo facendosi rappresentare nel cuore dell’Europa, anche il più (geograficamente) lontano cittadino potrà beneficiare di una sua rappresentanza e della salvaguardia delle sue priorità.