di Serena Gianpietro |
Ventidue anni fa, il 24 gennaio del 1994, si spegneva Rosario Assunto, negli stessi giorni in cui veniva ripubblicato dalle edizioni “Novecento” il suo saggio fondamentale Il Paesaggio e l’Estetica edito a Napoli nel 1973 per i tipi di Francesco Giannini & Figli, nella collana diretta da Raffaello Franchini.
Figura assolutamente unica nel panorama culturale italiano, Rosario Assunto – nato a Caltanissetta nel 1915, Professore di Estetica (fu la sua prima cattedra a Urbino) e di Storia della filosofia italiana (Università di Roma), membro dell’Accademia dei Lincei ed amico dei massimi intellettuali italiani ed europei – fu filosofo sensibile e raffinato, dallo stile spesso difficile e sottile con cui articolava un pensiero denso, ricco di riferimenti filologici e documentali e compiutamente addentro nelle problematiche sia filosofiche che artistiche.
Tra i maggiori studiosi di giardini e di storia del paesaggio, ha per molti versi anticipato riflessioni e tematiche che solo dopo gli anni Ottanta del secolo scorso sarebbero diventate di ampia e diffusa circolazione, specialmente in ambito ambientalista e riguardo al dibattito sul futuro del pianeta.
Dalla lettura del citato saggio del 1973, emerge infatti chiaramente l’evoluzione, quasi la lunga rincorsa, con cui nel pensiero occidentale è maturata l’autocoscienza del Paesaggio come orizzonte della libertà umana (è il promettente titolo del primo paragrafo della sua opera): dall’intreccio dell’analisi dei reperti artistici dall’antichità al Medioevo, al Rinascimento fino ad oggi, incrociata con i contributi della filosofia (a partire soprattutto da quella romantica tedesca, di cui aveva una padronanza assoluta e raramente eguagliata e via via fino ai più recenti contributi del pensiero sia metafisico che politico a lui contemporaneo), Assunto fa emergere la complessa rete di relazioni tra cultura e società, tra etica e scienza, tra estetica e politica, il che fa della sua opera una vera e propria “summa” del pensiero occidentale riguardo al rapporto tra Uomo (con tutta la sua complessa storia) e Natura (con tutta la sua complessa struttura).
Altre sue opere sono Forma e destino (1957), “L’integrazione estetica (1959), La critica d’ arte nel pensiero medioevale (1962), Stagioni e ragioni nell’ estetica del Settecento (1967), La città di Anfione e la città di Prometeo (1983).
L’uomo non fu scevro da tratti di pensiero elitari, quando non aristocratici, sebbene la sua fosse più una sorta di ’intolleranza al brutto’ che non una posizione ‘politica’, restando egli una persona sempre attenta e delicata nei rapporti con l’altro, cosa ampiamente riconosciutagli in vita anche da parte di suoi competitori. Fu, ad esempio, il suo stesso carattere forte e la sua coscienza della complessità del sapere che lo spinsero a contrastare duramente le dinamiche collettivistiche e la contestazione partita dal ’68 e furono queste stesse virtù però anche a fargli guadagnare la stima dei suoi contestatori, che mai lo videro come un ‘barone’ quanto piuttosto come un raro luminare portatore di una reale e complessa cultura.
La sua idiosincrasia per la stupidità umana o, meglio, per talune manifestazioni della stupidità umana, era mercata: egli, del giardino coglieva soprattutto l’essenza contemplativa che consente all’uomo di riflettere sulla vita e su di sé; eppure, ormai i giardini (come gran parte dei paesaggi italiani) erano lontanissimi da tutto ciò, destinati a “qualche periodica kermesse populistico-collettivistica, di quelle che con il loro rumoreggiare, con il loro vocio e con il gracidare di comizievoli altoparlanti offendono la silenziosa maestà di certe nostre ville secolari, sporcandone il suolo con ogni sorta di volantini, di cartacce, di rifiuti e avanzi di cibo”.[1] Tutto ciò rendeva impossibile “riconoscere nel ‘Giardino-Idea’ il configurarsi della relazione ‘Uomo-Natura’ come una modalità della relazione ‘Soggetto-Oggetto’ nel suo momento più alto e definitivo, sottostante a tutti gli altri e tutti gli altri legittimamente”.[2]
Nel corso della tesi cercherò di fare emergere come da questo ‘sentimento del bello”’ sia possibile ricostruire un discorso etico fortemente incardinato anche con il dibattito attuale sui destini del Pianeta, a dimostrazione che il ‘bello’, l’ arte e la contemplazione non sono lussi effimeri di classi sociali abituate al superfluo ma l’essenza stessa dell’umanità, quel principio di individuazione della nostra specie in cui si intrecciano inestricabilmente emozioni, sentimenti, idee ed azioni.
I due volumi del testo di Assunto del 1973 mi saranno in ciò da guida e mi forniranno la traccia, il filo di Arianna, da seguire nel mio sforzo di comprensione, seppure sommaria e lacunosa, di un tema tanto affascinante quanto complesso ed arduo.
GF TESI DI LAUREA Giampietro Rosario Assunto e la poesia dei giardini (1)
[1] Rosario Assunto, Ontologia e teleologia del giardino, Guerini, Milano, 1994 (II edizione), pag. 26
[2] Ivi, pag. 28
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