di Redazione |
Nel canale YouTube “oscom.unina” c’è il filmato dell’intervista del direttore di Wolf ad Adolfo Giuliani, creatore del Movimento Esasperatista, un diretto testimone del tempo. Autore del video, Ferdinando Muscariello. Il video è più che altro una conversazione, un ricordo appassionato di chi riconosce come le esperienze fatte da bambino siano indimenticabili.
Una pagina dell’ultimo suo libro, recensito da Wolf, ricordava l’episodio scatenante delle Quattro Giornate, la fucilazione da parte dei nazisti di un giovane marinaio della costiera sorrentina, trovato in possesso di un fucile tedesco. Citava quell’episodio per spiegare il suo esasperatismo, termine che ha introdotto nel lessico italiano. È quel che si potrebbe definire resistere resistere resistere, oppure pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà, oppure, nel suo stesso senso, agisci con arte. “L’idea di chiamare Esasperatismo il momento di esasperazione globale del mondo nacque in me negli anni ’80, quando si cominciava ad avvertire quel senso di disagio verso il progresso mal gestito con gli eventi negativi che lo caratterizzavano”.
Erano gli anni bui del terrorismo, quando chi aveva avuto fiducia nella politica rigeneratrice del ’68, ne vedeva il lato oscuro, il consolidamento di una nuova non migliore aristocrazia, dimentica del moto rinnovatore. Come insegnò Giambattista Vico, nella storia è normale il ritorno della barbarie, che prepara nuovi consolidamenti: oggi il rinnovamento è insidiato da una tecnologia che corre così rapidamente da mettere in difficoltà la cultura e persino l’arte fatica ad indicare nuove direzioni, come ha sempre fatto, lo diceva anni fa Aldo Schiavone.
Le Quattro Giornate furono la risposta alla solitudine di Napoli, del suo porto pieno di monumenti e navi fasciste, dinanzi ad un bombardamento che sperimentava la strada del bombardamento a tappeto della popolazione civile. Ciò produceva anche gli effetti nocivi del sacco, riempiendo la città di macerie e mettendo in fuga nel sottosuolo i cittadini, a volte in sotterranei già pericolanti. Migliaia di morti ne furono l’effetto, per alcuni giorni poi si visse la lotta aperta che aprì le strade agli Alleati, che erano pur sempre soldati impegnati in una guerra. Eduardo ne raccontò l’orrore con misura. Il terrore piombava d’improvviso, senza dare tempo e modo di ripararsi. Come oggi ad Aleppo e a Sirte, così allora Napoli si ritrovò a vivere situazioni ancora peggiori di quelle in cui oggi versa l’Europa, che vede però del pari diffondersi il terrore. Napoli lo visse come sempre ha vissuto le invasioni, le tante invasioni subite: chissà perché, ci si chiede, visto che da quando si è costituita l’Italia ritiene il Mezzogiorno un problema. Certo, senza che le si lasci una banca, un’industria, un’autonomia, se ben fatte; se ogni soldo guadagnato viene poi venduto in Italia e all’estero, è difficile che qualcuno trovi capitali a far più che sopravvivere. E chi non lo sopporta, inizia a lavorare in nero, sia in imprese commerciali sia nella malavita organizzata. Ecco perché l’esasperatismo nacque e la parola i stata intesa così bene da finire nel vocabolario Treccani.
Perché l’uomo della strada desidera vie chiare e ben illuminate, nella notte ma anche nella vita. E dove oggi queste sono reperibili, specie se il terrore si fa strada? In fondo, la prima vittima prevedibile e già in atto del terrorismo è il turismo: la via da tutti additata al Mezzogiorno come unica salvezza, oltre alla fuga.
W ICONOLOGIA Redazione Napoli bombardata nel ’41-42 – intervista con Adolfo Giuliani
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