di C. Gily Reda |
Incredibile luglio, bene sottolineato da articoli sulla morte di italiani, intellettuali, masse. La Nizza di Garibaldi, così italiana, è l’ultima terribile irruzione della Falce nel quotidiano. Giusto per evitarne il protagonismo non si citano altri episodi di quella che Papa Francesco definì già tempo fa una guerra in corso. L’ultima innovazione sul colpo di stata è un’altra vittoria della morte. Come scelta consapevole.
Saul Bellow scriveva il 12 settembre 2001 “Non voglio puntare il dito. Tuttavia ritengo che l’evoluzione storica della nostra nazione abbia fatto sì che una minoranza davvero esigua si interessi di problemi reali piuttosto che di quisquilie. In questo Paese dei Balocchi non c’è posto per sogni irrealizzabili. La libertà di movimento è illimitata e basta pigiare un bottone per realizzare la magie più strabilianti. Ciò ha creato nella gente un senso illusorio di immortalità e privilegio, distorcendone contemporaneamente le priorità”.
A proposito di questa distrazione a scopo di lucro degli intellettuali, ormai star televisive senza tempo per leggere, può dare luce il libro che Zigmunt Baumann ha appena consegnato al suo editore inglese: le idee sul futuro, le ideologie, dice, oggi sono nostalgie del bel tempo antico, i populismi cercano i Germani, i Cincinnati, il buon tempo antico da riportare alla luce. Ed è quel che ha fatto la Brexit cercando con Teresa May nuovo colonialismo, forse, nel rinnovare la politica dello Splendido Isolamento di Disraeli. Così promettono da tempo Le Pen e Salvini. Baumann dice: l’ideologia non è utopia né distopia – è il ritorno al passato, quando la velocità non era l’essenziale.
Il normale discorso politico non progetta il futuro, è l’Angelus Novus di Benjamin (autore tanto pieno di utopia marxista da rimanere un genio pensante nonostante stesse per morire, ebreo, all’inizio della guerra nazista). L’Angelus Novus era un dipinto di Klee, allucinato come l’urlo di Munch, guarda al passato silente, mentre è trascinato dalla forza del progresso. E la profezia si autoavverò: guardare al passato è farlo tornare. Per chi sa la storia, è aprire le porte alla barbarie. Invece di combattere, si lanciano colombe nel vento: ma ciò si fa dopo il diluvio, se si vuole sopravvivere.
Perché accade tutto ciò: la risposta è semplice. Se l’intellettuale per comparsare in TV non legge, tanto meno lo fa il politico, abituato da tempo a scuole di partito e propaganda (oggi, story telling). Golkorn che intervista Baumann sull’Espresso gli chiede: “c’è anche l’elogio dell’ignoranza. Un tempo i politici cercavano di mostrarsi come persone colte. Non molti anni fa invece l’ex ministro Tremonti disse “siamo gente che raramente prende in mano un libro”. Il premier Renzi si fa fotografare mentre gioca alla playstation e mai assorto nella lettura di un classico della letteratura. Perché l’ignoranza è diventata un valore?”.
Baumann risponde: “una volta (fino a poco tempo fa) una grande e non scrivente maggioranza dell’umanità leggeva ciò che gli altri scrivevano. Questa divisione del mondo è stata abolita… in cambio di questa libertà l’esercizio della scrittura è slegato dal dovere della lettura. L’uomo che scrive, oggi, non ha tempo per leggere… (non sono d’accordo che) l’ignoranza sia diventata un valore. La verità è che l’ignoranza non è più un ostacolo alla carriera, all’ambizione di diventare famosi e all’appagamento della propria vanità… (mentre) anche per argomentare ci vuole una certa preparazione e qualità non indifferenti”. Per non arrendersi alla guerra, non basta farsi un tatuaggio. Non basta ignorare che all’Occidente manca la motivazione culturale da opporre a quella propria della fame, che subito s’intende. Gli eccessi opulenti dell’Occidente maledicono DAESH come i giovani apatici che non ne apprezzano la vita. Chi fugge per diventare una bomba umana, dimostra l’importanza dei valori, rinnegando la vita virtuale, impotente, che li intreccia ai media, mentre il mondo esplode.
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