di Gily Reda |
Sembra persino banale rivolgere a Papa Francesco un “grazie di esistere”… battuta familiare e scherzosa, detta tante volte. Ma viene dal cuore, commosso. Dopo tanti anni di vuoti e fatui discorsi politici che hanno stancato tanti elettori entusiasti, di fronte ad un Papa che sa dire parole che ogni italiano dovrebbe sentire da sé – l’Italia che allora seppe tessere la storia:
«Cosa ti è successo Europa umanistica paladina dei diritti dell’uomo? Cosa ti è successo terra di poeti, musicisti, filosofi e letterati? Cosa ti è successo madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei propri fratelli? »
Occorrono nuove idee, occorre molta chiarezza: ma già vale la memoria di quando “l’Europa, dopo tante divisioni, ritrovò finalmente se stessa e iniziò a edificare la sua casa”, la ‘famiglia di popoli’ che ora deve costruire la sua cattedrale o perire. Le parole ferventi sono state dette al conferimento del premio 2016 per la pace, che ad Aquisgrana si consegna come premio Carlo Magno (Karlspreis) dal 1950 a personalità con meriti particolari in favore dell’integrazione, dell’unità e della pace, evento per l’occasione celebrato in Vaticano. Il papa dinanzi ai grandi d’Europa (Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, Martin Shultz, presidente del Parlamento Europeo, Mario Draghi, governatore della Bce, e i premier Matteo Renzi e Angela Merkel ) ha detto con chiarezza come non sia più riconoscibile il mondo edificato nel dopoguerra, gli azionisti in prima fila. In proposito, invito a rileggere oggi le interviste realizzate negli anni ’90 ai superstiti rappresentanti del Partito d’azione pubblicate in Wolf.
“Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti; noi figli di quel sogno siamo tentati di cedere ai nostri egoismi, guardando al proprio utile e pensando di costruire recinti particolari. Tuttavia, sono convinto che la rassegnazione e la stanchezza non appartengono all’anima dell’Europa e che anche le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità”. L’Europa stanca e invecchiata sembra aver perso forza attrattiva: ma non è essa che “ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile: dopo anni di tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ricordi… (s’è realizzata) una novità senza precedenti nella storia”.
I Padri fondatori del progetto europeo ne furono autori, ma era il sogno preparato da tanti altri, gli intellettuali martiri che patirono le guerre d’Europa, contrabbandate come contese di religione. Tra essi, Giordano Bruno, il vessillo più sfolgorante: ci sono da oggi su Wolf due nuove rubriche, Europa e Giordano Bruno. A proposito di Europa, ci sono articoli su Carlo Antoni che rinnovò il concetto del giusnaturalismo, su Jeremy Rifkin che parlò del sogno europeo con un fervore stupefacente. Nel 2014 wolf dedicò molti articoli dedicati all’Europa grazie alla collaborazione con EPE del LUPT, la sede napoletana della direttiva di comunicazione dell’Unione Europea – basta guardare in archivio: ripresentiamo i saggi filosofici – necessari all’oggi, alla ricerca da fare.
Andando a Lesbo, il Papa aveva agito comunicativamente, portando con sé le tre famiglie musulmane, invitando a riflettere su cosa vuol dire questa grande fuga dei profughi. Tra 500 e 600, molti grandi intellettuali lo furono, per gli stessi motivi, per le persecuzioni, per le violenze subite; mentre i mercenari cementavano la vita europea agendo con la violenza barbara. Sono le due facce inseparabili, ieri e oggi. Basta coi buonismi e le ingenuità – se non si vuole essere maligni.
Era ed è una grande invasione, di genti diverse spinte dalla pressione continua degli avvenimenti, e, oggi, delle tecnologie che lo rendono possibile in tempi assurdamente rapidi. Ciò non favorisce la discussione. Che invece va incrementata anche ai livelli alti, perché i problemi di politica sono molti e difficili. Basta con le filologie e i servi dei partiti.
Ad esempio, davvero non va posta la questione del ruolo delle donne nella nuova Europa? È la patria delle suffragette, del diritto di voto, della differenza di genere oggi gestita come gender, con nuovo terribile pericolo per l’oppressione delle madri. Facemmo anni fa un confronto fra veline e chador, due modi pessimi di vedere la donna – sono due divise, il bikini/tanga e il velo, due ‘divise’ imposte. Il velo è come la stella dell’ebreo, come la lap-dance. Non vogliono dire niente, non è da farci battaglie, ma se è vero che il velo può essere civettuolo e la ragazza alla lapdance è bella: marcano la differenza insormontabile della donna, peggio che per il nero. Solo mentendo la si può ignorare. Ma sono questioni di gusto, come la stella ebrea che in sé non era crimine. Va combattuta dove e quando occorre.
La battaglia seria da fare, quindi, non è sulle diaconesse, è sul diritto penale e privato, che assicuri i diritti delle donne già tante volte compromessi nei tribunali che hanno per esempio accettato la bigamia per rispettare la cultura della prepotenza maschile. La battaglia che si deve fare è di ragionare insieme, di cose serie – non del velo – per salvare l’Europa.
La salvezza dell’Europa parte dalla tutela delle madri.
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