di Anna Savarese Architetto di Legambiente Campania
Ecomafia è un neologismo coniato da Legambiente a cavallo degli anni ’90 quando si evidenziò l’ingerenza della malavita organizzata nella gestione dei rifiuti, del ciclo dell’edilizia e di numerose attività connesse al settore ambientale; il termine indica quindi quei settori della criminalità organizzata che hanno scelto come nuovo grande business il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, l’abusivismo edilizio e le attività di escavazione, allargandosi nel tempo anche ai traffici clandestini di opere d’arte rubate e di animali esotici e a tanti attività che direttamente o indirettamente sono connesse alle tematiche ambientali e culturali.
Dal 1994 Legambiente ha istituito l’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità che svolge attività di ricerca, analisi e denuncia del fenomeno in collaborazione con tutte le forze dell’ordine (Arma dei Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato e delle Regioni a statuto speciale – oggi integrato nell’Arma dei Carabinieri -, Capitanerie di porto, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Direzione Investigativa Antimafia), l’istituto di ricerche Cresme (per quanto riguarda il capitolo relativo all’abusivismo edilizio), magistrati impegnati nella lotta alla criminalità ambientale e gli avvocati dei Centri di azione giuridica di Legambiente.
L’Osservatorio pubblica annualmente il Rapporto Ecomafia e il dossier Mare Monstrum che raccontano le storie e i numeri degli assalti mafiosi all’ambiente. Rifiuti S.p.A. sono invece i dossier che denunciano il giro d’affari criminale legato allo smaltimento dei rifiuti. Inoltre, dal novembre 2007, Legambiente promuove il “Comitato per la verità” sui traffici nazionali e internazionali di rifiuti e materiali radioattivi affinché venga accertata la verità sugli affondamenti sospetti di navi lungo le coste italiane riportando ricerche, approfondimenti e notizie sul sito Navi dei Veleni (www.navedeiveleni.it).
Il costante impegno profuso nel denunciare i reati ambientali e vent’anni di costanti battaglie che hanno visto in campo Legambiente, associazioni, cittadini e un ampio schieramento istituzionale, per l’introduzione dei reati ambientali nel codice penale ha portato all’approvazione definitiva della Legge 68 del 2015 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente” che consente di attribuire un reato penale ai “ladri di futuro”, a quelli cioè, che commettendo reati contro l’ambiente e la salute dei cittadini, rubano il futuro alle attuali e future generazioni.
Il 9 luglio alla Sala della Lupa della Camera dei Deputati è stato presentato il Rapporto Ecomafia 2018, alla presenza del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare Sergio Costa, del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho e di numerosi deputati delle Commissioni Ambiente della Camera e del Senato oltre che del capo dipartimento Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia, del Direttore Generale Ispra e di esponenti del mondo delle imprese e della ricerca.
Il Rapporto ha evidenziato che nel 2017 c’è stato il boom di arresti per crimini contro l’ambiente con 538 ordinanze di custodia cautelare emesse (139,5% in più rispetto al 2016). Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso è stato verbalizzato il 44% del totale nazionale di infrazioni. La Campania è la regione maglia nera della graduatoria registrando il maggior numero di illeciti ambientali (4.382 che rappresentano il 14,6% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia (3.178), dalla Puglia (3.119), dalla Calabria (2.809) e dal Lazio (2.684).
Oltre all’aumento del numero degli arresti, l’introduzione degli ecoreati nel Codice Penale e la sempre più efficace e diffusa applicazione della legge 68/2015 hanno consentito l’impennata delle inchieste sugli illeciti ambientali, che sono 30.692 (+18,6% rispetto all’anno precedente, per una media di 84 al giorno, più o meno 3,5 ogni ora), del numero di persone denunciata (39.211, con una crescita del 36%) e dei sequestri effettuati (11.027, +51,5%).
Il settore dei rifiuti è quello dove ancora si concentra la percentuale più alta di illeciti, che sfiorano il 24%, seguono i delitti contro gli animali e la fauna selvatica (22,8%), gli incendi boschivi (21,3%), il ciclo del cemento (12,7%). Se a ciò si aggiunge la recrudescenza di incendi divampati negli impianti di gestione e trattamento di tutta Italia, appare evidente come il settore dei rifiuti rimanga il settore di maggiore interesse delle strategie ecocriminali.
Tra le tipologie di rifiuti oggetto degli appetiti dei trafficanti ci sono i fanghi industriali, le polveri di abbattimento fumi, i RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), i materiali plastici, gli scarti metallici (ferrosi e non), carta e cartone. Ovviamente la criminalità non è interessata allo smaltimento vero e proprio, ma a ridurre i costi di gestione e gli oneri fiscali con finte operazioni di trattamento e riciclo.
Questo aspetto evidenzia il tema delle connessioni tra il mondo della criminalità organizzata e i settori istituzionali ed imprenditoriali. Perché è indubbio che senza la complicità di figure appartenenti a tali settori non potrebbe prodursi il crimine ambientale, laddove le ecomafie finiscono con lo svolgere un ruolo di collante tra interessi molteplici. Per dare solo qualche numero, Legambiente ha censito ben 331 clan attivi nelle varie tipologie e forme del crimine ambientale e, d’altra parte, il 2017 è stato l’anno da record per lo scioglimento delle amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose, con 20 comuni sciolti per un totale di 44 amministrazioni commissariate, comprendendo quelle sciolte negli anni precedenti e prorogate nel 2017.
La corruzione rimane, purtroppo, il nemico numero uno dell’ambiente e dei cittadini, che nello sfruttamento illegale delle risorse ambientali riesce a dare il peggio di sé. L’alto valore economico dei progetti in ballo e l’ampio margine di discrezionalità in capo ai singoli amministratori e pubblici funzionari, che dovrebbero in teoria garantire il rispetto delle regole e la supremazia dell’interesse collettivo su quelli privati, costituiscono l’humus ideale per le pratiche corruttive.
Di contro, vanno segnalati gli sforzi profusi da amministratori che difendono lo stato di diritto e la salvaguardia dell’ambiente: secondo i dati elaborati di Avviso Pubblico, l’associazione di Enti Locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie, nel 2017 sono state denunciate ben 537 intimidazioni nel 2017 e 2182 nell’ultimo quinquennio.
Scorrendo brevemente gli altri principali reati ambientali censiti nel Rapporto Ecomafia 2018, un fronte sempre attivo è quello dell’Abusivismo Edilizio; le forze dell’ordine hanno registrato nel 2017 3.908 infrazioni sul fronte “ciclo illegale del cemento”, una media di 10,7 al giorno, con 4.977 persone denunciate. Il dato conferma una ripresa, dopo un decennio di crisi, dell’attività edilizia, ma anche purtroppo di quella in nero ed abusiva. Circa la metà dei reati di abusivismo edilizio (il 46,2%) si concentra nelle quattro cosiddette regioni a tradizionale presenza mafiosa, ossia Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. Il CRESME stima che nel 2017 in Italia sarebbero state costruite circa 17.000 nuove case abusive, comprendendo situazioni classiche di speculazioni immobiliari, soprattutto lungo le coste ed in aree di pregio, ma anche interventi di minore consistenza, in zone meno attrattive, tali da garantire una migliore mimetizzazione. Tutto ciò si motiva anche per il ridotto numero di demolizioni e soprattutto per le continue promesse di nuove sanatorie effettuate a livello governativo (centrale e regionale) che, pur se non approvate o sconfessate dal Consiglio di Stato, lasciano trasparire una volontà di permissivismo.
Un dato in crescita del Rapporto Ecomafie 2018 è quello dei reati nel Settore Agroalimentare: ben 37.000 concentrati soprattutto nel settore ittico, della ristorazione, di vini e alcolici, della sanità e cosmesi e in genere nel campo della repressione delle frodi nella tutela della flora e della fauna. Sono 22mila persone denunciate e/o diffidate, 196 arresti e 2.733 sequestri, il cui valore nel 2017 supera di gran lunga il miliardo di euro.
Ma non meno gravi sono i reati contro la Biodiversità, con più di 6000 persone denunciate, quasi 17 al giorno, nel 2017 e 7mila le infrazioni (19 al giorno +18% rispetto al 2016). L’aggressione al patrimonio di biodiversità soprattutto di lupi, aquile, pettirossi, tonni rossi, pesci spada si concentra anch’essa, con il 43% dei reati, nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa , ma quest’anno il Lazio e addirittura la Liguria sorpassano per numero di reati accertati la Calabria e la Puglia.
Anche sul fronte dei reati nel campo dei beni culturali, con una stima economica di ca. 336 milioni di euro, nel 2017 si sono stati 719 furti d’opere d’arte, in crescita del 26% rispetto al 2016, che hanno comportato 1.136 denuncie, 11 arresti e 851 sequestri effettuati in attività di tutela. Pur a fronte di una consistente concentrazione nelle quattro regioni a tradizionale presenza malavitosa, il triste primato spetta al Lazio e alla Toscana.
Analizzando la situazione della Campania, come si è detto, la nostra regione è maglia nera nelle classifiche del Rapporto Ecomafia 2018, con 4382 reati accertati di illegalità ambientale nel 2017 (un reato ogni 2 ore), 4471 persone denunciate e 1342 sequestri. I reati, gestiti da 86 clan criminali, sono incrementati del 17% rispetto al 2016 e si concentrano soprattutto nel ciclo illegale del cemento e in quello dei rifiuti.
Anche in Campania l’ecomafia non è solo gestita dalla criminalità organizzata. Esiste una imprenditoria ecocriminale che si avvale di professionisti e funzionari pubblici corrotti, colletti bianchi, banchieri, uomini politici e delle istituzioni. Il loro attacco non è solo all’ambiente e alla sopravvivenza degli ecosistemi, ma anche all’economica sana che, a dispetto della concorrenza sleale dell’ecomafia, sta puntando su innovazione, ricerca e sviluppo, all’interno della nuova frontiera data dall’economia circolare. Sono proprio le istituzioni virtuose, le imprese che stanno attuando una conversione ecologica di prodotto e di processo, le forze dell’ordine, le associazioni, il mondo della conoscenza che sempre più e con maggiore vigore dovranno assumere un ruolo da protagonisti per contrastare l’ecomafia e prospettare alle attuali e future generazioni un rilancio dell’economia sotto il segno dell’efficienza, dell’innovazione, della sostenibilità e dell’inclusione sociale.
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