di Redazione
Le regole dello sport sono state fissate nell’800, possibile che si debbano lasciare al primitivo i sostenitori? Perché non diventano civili come i giocatori? Lo sport prima delle regole uccideva anche chi sbagliava.
J. Loyd disse molto tempo fa che la civilizzazione e le buone maniere si sono diffuse negli ambienti popolari proprio grazie allo sport, già molto prima dei motti di De Coubertain che celebrarono il trasferimento nel mondo sportivo di un atteggiamento cavalleresco sin allora estraneo – se si guarda alla storia e alla televisione, si può ricordare che la visione della violenza piace, il sadismo è tendenza latente da educare rinforzando il mondo degli affetti.
Le regole dei giochi hanno trasformato nel tempo la zuffa nel rugby, che non è proprio lo sport dei gentiluomini ma ne discende. Le violenze non sfuggono alla stigmatizzazione e alla punizione. Ma non è un processo così antico che non si possa pensare di ripeterlo per gli hooligans, rinnovando lo spirito illuministico da cui nacquero le regole. Il 900 ha visto il trionfo delle abitudini di gioco regolate, grazie a un buon lavoro fatto con costanza prima.
Il processo iniziò in uno sport da classi alte, che avvertirono la necessità di stabilire regole di gioco, come nei giochi di carte e di società; il processo che ha poi avuto effetto su tutti gli sport inizia nel 1780 con le regole scritte nel cricket (Marylebone Cricket Club). Lo sport pare si praticasse in Inghilterra dal 1300, è citato ufficialmente nel 1597: il medico legale John Derrick disse in un processo di praticare il gioco «creckett» già alla Royal Grammar School nel 1550. Il nome, cricket, verrebbe dal fiammingo krick e già alla fine del ‘600 c’erano squadre organizzate, nel ‘700 diventò lo sport nazionale inglese, poi diffuso nell’impero coloniale britannico, anche in America prima della guerra di secessione era lo sport più praticato: così fu subito un gioco olimpico e quando nel 1880 iniziò lo sport professionistico le regole diventarono leggi. A Napoli si giocò al cricket nel 1793 fra gli equipaggi di Lord Horatio Nelson e nel 1893 si fondò il Genoa Cricket and Football Club che vinse il primo scudetto del calcio italiano. « Il cricket deve molto della sua unicità al fatto che dovrebbe essere giocato non soltanto secondo le proprie regole ma anche secondo lo Spirito del Gioco. Qualsiasi azione che sia vista come contraria a questo Spirito causa un danno al gioco stesso. La responsabilità principale d assicurarsi che il gioco sia condotto secondo lo spirito del fair play è dei capitani. »
Non solo non è la negazione dello spirito combattivo del gioco praticarlo secondo regole fissate: anzi, è saper giocare il game, oltre il play, vale a dire che si sa essere combattivi in modo pieno ed efficace per gioco. Perciò i ragazzi più grandi dicono dei più piccoli che non vale la pena di giocare con loro perché sanno giocare il play ma non il game, vale a dire che conoscono le regole ma si rifiutano di competere – per l’ovvia inferiorità. I grandi invece vogliono non solo sapere come sono gli scacchi, ma anche vincere: chiedono: play up! And play the game! La regola è quindi segno di maturità nel gioco, capire cioè l’importanza della vittoria anche se non ci si gioca la pelle. Si chiederebbe anche, chiede lo spirito olimpico, un minimo di parità delle condizioni di partenza proprio per garantire l’effettività della competizione. Ma questo non è semplice da realizzare nemmeno nelle Olimpiadi – forse, curiosamente, per assurdo lo si realizza nelle Olimpiadi delle diverse abilità! WOLF ne ha parlato in giugno, con un pezzo di Santarpia.
L’esempio tipico per capire come si fa una regola è il fuorigioco: la regola più cambiata del calcio – perché esagerare con le cautele, significa uccidere il gioco; tenere troppo bassi i limiti, consente troppi eccessi. Ed ecco la difficile regolamentazione, una questione di misure e di eccezioni, che man mano si è perfezionata e pare abbia raggiunto un suo equilibrio – ma chissà! Osservare il processo delle regolamentazioni sportive fa pensare spesso che occorrerebbe obbligare i giuristi a studiare il modo condiviso con cui si realizzano questi processi.
Come si vede, il processo della regolamentazione è un guadagno dello sport in tutti i sensi: è la dimensione della civilizzazione e dell’adesione alla legalità scelta con libertà, per far parte del gruppo, si rispetta la regola condivisa. A giudicare dall’osservazione persino degli hooligans, è facile credere che questo elemento sia primario nell’affezione allo sport, quasi quanto le scommesse: la socializzazione è infatti costante negli sportivi, lo spirito gregario è umano come la voglia di vivere e vincere; anche negli sportivi più rozzi, la passione non sempre si lega a fatti economici e alla volontà di dominio, altri elementi centrali dello sport.
Queste notizia sono prese dalle Regole del Cricket, è il paragrafo Lo spirito del gioco. Il codice d’onore dello sport s’è conquistato nel tempo dopo fasi di elaborazione: lo si può dire dominante solo nel 900, in tutti gli sport, grazie alla convergenza delle Olimpiadi e dell’azione delle società sportive, che per quanto economiche rispettano regole – diversamente dalle società dei fan che possono diventare covi di focolari primitivi: se si guarda allo sport praticato nella Firenze di Lorenzo de’ Medici – non tanto lontana nelle ere della civiltà e per tanti rispetti eccelsa – si scopre che il giorno della partita di pallone, giocata per le vie anche tra paesi diversi, non si contavano i morti. Nei giorni di partita i facinorosi scendevano per regolare senza pericolo i propri conti coi nemici! Oggi è tutto diverso, si rispetta il giocatore, si rispetta l’arbitro anche se sogna e parteggia – ma poi sono sempre pochi quelli che si lanciano a malmenarlo: fu il cricket il primo a chiedere questo rispetto, precisando che non solo si devono evitare le azioni violente, i reati, ma anche le parole irrispettose e i geti minacciosi: basta avanzare contro l’arbitro con atteggiamento aggressivo per essere in fallo. Il cricket è il papà del calcio: possibile pensare ad una seria regolamentazione? Le leggi poi ovviamente non aboliscono reati, stabiliscono sanzioni, devono esserci aule di giustizia e codici. Ma si può fare meglio di così.
Gli hooligans vanno educati organizzando il loro gioco, che giochino, che smettano di competere in effigie: basterà rendere obbligatorio il campionato dei club per abbonati; chi vuole partecipare in prima persona, e si abbona, riceve subito l’iscrizione al CAMPIONATO FAN, dove le quadre e quindi spesso le città si giocano la loro partita direttamente, non in interposta persona, dopo tanto bel vivere allo stadio devono cimentarsi anche loro con gli errori e le vittorie. Sarebbe un campionato aggiuntivo che può dare adito a nuove scommesse e che potrebbe dare molte sorprese, visto che l’autunno scorso ha registrato una stecca al Sud e non si sa più quanti cori razzisti di città che si penserebbero civili, evidentemente a torto. Nello sport, come nel vino, c’è la verità del sentire. Allora sì che sarebbe divertente vedere chi vince: e come sempre vinca il migliore, anche tra i fan.