di Gily Reda
I ragazzi della IV A del Liceo Garibaldi si ribellano all’alternanza scuola lavoro organizzata dal FAI, perché si reputano sfruttati per un lavoro gratuito e addirittura a pagamento – devono infatti – leggo – finanziare un banco dove vendere prodotti costruiti in laboratorio.
È la storia di tanti mal costruiti stage universitari del mio passato, che provvidi a migliorare. Ma anche di tante alternanze presenti.
Difficile il lavoro, perché si mettono a disposizione di uno stage poco più di un centinaio di ore – è poco più di una settimana di lavoro; è difficile pensare di addestrare qualcuno a qualcosa di serio. Al tempo degli stage universitari, organizzai perciò sistemi d’orario perfetti: un professore universitario una volta nelle 120 ore di un corso annuale insegnava i rudimenti di una disciplina in modo soddisfacente. Il lavoro di dividere un sapere complesso in pillole digeribili è il suo mestiere; specie dopo l’obbligatoria riduzione in semestri – è la ricerca dell’essenziale. Qualcuno crede sia semplice?
120 ore concesse negli stage universitari ad un competente di beni culturali privo di qualsiasi esperienza formativa, significa mettere a disposizione un inserviente: senza disprezzarli, è un’esperienza inutile per chi mira alla gestione dei beni culturali. L’esperto in loco al più tenterebbe d’insegnare tutto su un quadro, su una collezione – ma è meglio dare libri visto che il tempo è poco per creare competenze ben fatte, che richiedono pratiche di vita e di studio.
Cosa si può invece fare in poche ore? Tarare un progetto e mostrare le direzioni, dare un saggio per ulteriori approfondimenti. OSCOM ha redatto un prodotto convincete, sarà presentato il 25 maggio a Napoli Città Libro, con la proiezione dei prodotti della sperimentazione effettuata al Liceo classico Carducci di Nola.
Abituare i giovani all’improvvisazione, come si fa agendo da docenti senza preparazione specifica, o improvvisarsi impresa da parte di professori mai entrati in azienda: sono sistemi diffusi, ma non basati sulla competenza. Il risultato è questo, denunciato dai ragazzi del Garibaldi – che andarono al FAI la mattina che dovevano affacciarsi nella nostra ben diversa esperienza condotta dalla ricerca didattica di OSCOM che dal 1997 studia i rapporti tra l’educazione e le nuove tecnologie. Principio base di OSCOM è che ognuno agisca secondo la sua competenza: i professori universitari non s’improvvisano educatori dell’infanzia, danno a ciascuno il suo spazio nel delineare una didattica. È il sistema di Dewey. Altrettanto, nell’alternanza si dà nel tempo giusto voce ai protagonisti dei diversi settori, associazionismo, artigianato, lavoro attivo dei giovani – il ruolo didattico sta nel calendarizzare le diverse competenze, organizzare, monitorare, fare coaching didattico.
In breve, la didattica giusta per l’alternanza dal punto di vista del contenuto mira all’essenziale di una figura professionale e, nel tempo molto limitato a disposizione, mostra e fa assaggiare il range di attività richiesto per costruire una figura di successo. La scelta della figura comprende l’analisi del mercato del lavoro e le tendenze degli allievi nei diversi tipi di scuola. Essendo esse necessariamente varie, il piano prevede diverse attività inerenti alla professionalità.
Vedi la ricerca in www.oscom.unina.it e i corsi in www.oscom.it: dimostra che l’alternanza può essere un’ottima occasione, ma deve sistemarsi nell’ottica della didattica ordinaria: avendo chiara la scienza didattica, che non s’impara senza studiarla.
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