sabato 17 febbraio 2018 a Palazzo Reale di Napoli
di Gily Reda
A leggere la vita di Giordano Bruno nelle 865 pagine scritte da Vincenzo Spampanato nel libro del 1904 riedito nell’88, è facile stupirsi del tanto peregrinare nell’Europa, cosa che oggi sembra a tanti una novità. Ma da poco è nata solo l’Europa della pace, il ‘sogno europeo’, che pure continua ad avere tanti nemici prepotenti nella finanza e nella politica. La sognavano i dotti, questa Europa di pace, ne discutevano insieme come di un sogno comune, parlavano tutti in latino; ma anche i soldati coi loro dialetti portavano dappertutto, insieme alla morte, le abitudini straniere, e le loro mogli e figli. Genti, Università e corti sovrane respiravano l’Europa, una cultura comune fatta di leggi dell’Impero Romano, Bizantino e poi del Sacro Romano Impero – insieme con fiabe e storie. Le leggi giù difendevano punti di vista ‘occidentale’, se paragonati alla legge del taglione e all’ordalia – ma anche queste entravano nelle culture e leggende d’Europa.
I sentimenti civili di identità ed estraneità generavano guerre e discussioni continue: non bisogna inventare tutto da zero, negli attuali discorsi dell’interrelazione e dell’inclusione. Come artefici di pace, i dotti creavano le difese della cultura mentre come astuti tecnici perfezionavano le offese belliche: idee giusnaturaliste e macchine da guerra con le strategie d’uso – erano saperi comuni.
I problemi dell’uomo sono sempre nuovi ma sono anche perenni: il viaggio ad esempio, l’incrocio degli intrecci delle reti che è protagonista dell’oggi come simbolo stesso del tempo nostro, ed è forse la migliore linea conduttrice per evocare la grande storia di Giordano Bruno a 418 anni dalla morte: che sono anche 460 dalla nascita – il 2018 come anno della fenice annoda il rogo alla nascita: Bruno si raccontò con l’immagine di un neonato che non sgozza il serpente, come fece Ercole: ma che grida e configge il male. Di figura minuta, puntava sulla sua grande voce.
Oggi che siamo attenti alla vita in divenire veloce, Giordano Bruno si fa ricordare come pensatore della materia animata; oggi che meditiamo la creatività, Giordano Bruno torna in piedi per i meccanismi della memoria (di lì a poco Pascal e Leibniz sulle sue trace iniziano la logica binaria); oggi che la cultura delle immagini stenta a capire il sapere, Bruno offre una mirabile teoria del sapere per immagini.
Quando Bruno lascia Nola e poi Napoli inizia una migrazione, che, dice Deleuze, è un cammino che non prevede il ritorno dell’eguale. Ogni incontro impressiona e cambia, fa dei pellegrini “deserti popolati di tribù”, intenti alla narrazione e rinarrazione di memorie, di ‘autocoscienza’. Partito per fuggire il conformismo di conventi e accademie che impedisce la nuova era, … inizia in realtà un ventennio di glorie e di fughe coraggiose, di mai intermessa speranza.
Si era appena agli inizi della riflessione sul diritto del tempo di guerra e fiorivano le Utopie: acme del pensiero simbolico, esse sono un’idea non solo architettonica dello spazio di vita, che giuda l’immaginazione, per Aristotele fonte di conoscenza. L’Utopia è il sapere che più da vicino guida l’azione – ed è né giudizio storico né progetto politico – ma è tutt’altro che inutile… il mondo dell’uomo è figlio delle utopie… Tommaso Moro, Amos Comenio, Erasmo, Bruno e Campanella sono i veri creatori dell’Europa della Pace.
Bruno viaggiatore d’Europa tentò anche di tessere la rete degli uomini di buona volontà. Ma è anche un pensatore dell’estetica come percettologia, e nel Rinascimento scrisse una mirabile teoria della conoscenza per immagini. È un intellettuale stranamente contemporaneo, più di altri classici perché è più avanti dell’oggi, se appena si scrosta il tanto silenzio che l’ha circondato. Non riconosciuto per due secoli, tornò con forza quando Jacobi e Schelling ne diedero la stessa lettura dialettica come Hegel; con Bertrando Spaventa il suo nome tornò infine nel paese del Papa: ma già Monti aveva a suo tempo ricordato “quanto dovessero a Giordano il Gassendi, il Cartesio, il Fontenelle, il Leibniz e lo Spinoza” (p. 594).
Ci si riferiva alle opere del suo teatro filosofico, come si fece poi fino agli anni ’50 del ‘900 – solo Felice Tocco alla fine dell’800 aveva dato importanza delle opere latine – la mnemotecnica, base della logica binaria, diventata perciò primo oggetto di interesse; ma con le ricostruzioni di Frances Yates il panorama è cambiato: le sue immagini, la lettura storica delle opere, ha tratto alla luce una filosofia di sorprendente novità e solidità, una filosofia delle immagini – non a caso Yates aderiva alla Warburg Library, dov’è nata l’iconologia con Gombrich e Panofsky.
Perciò, se lo ricordiamo sabato mattina 17 febbraio nella Sala dell’Accoglienza del Palazzo Reale di Napoli alle 9.30 e pubblichiamo qualche suggerimento di lettura: non è per emulare quelli che a fine ‘800 esaltavano Bruno come eroe del libero pensiero, animando contestazioni di piazza in nome di chi si batté tutta la vita per la pace.
È un invito a rileggere con occhio attento parole vive. Sull’immagine, sui simboli, temi oggi così attuali – si scoprono le idee chiare di Bruno. Non meraviglia chi sa quanto fosse vasto ed arguto il suo pensiero forte, ricco di asserti delineati e di problemi ben posti. Dalla superficialità dell’oggi, a leggere queste contese si ha la sensazione della meschinità del presente, così superficiale negli approfondimenti e nelle discussioni sostenute da metafisiche della liquidità e dell’esibizione. Bruno è certo purtroppo esibito meravigliosamente dal suo rogo: ma il progresso delle loro idee ha generato una società che seguita a perseguitare i Mercuri inviati dagli Dei, come si definiva Giordano Bruno – ma nell’Europa della Pace, ci sono migliori garanzie. Tocca a noi renderle sempre più forti.
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