di Franco Blezza
Università G. D’Annunzio Chieti
L’uomo nelle sue creazioni
Tuttavia, per chi abbia anche una limitata esperienza della materia, è invece chiarissimo che dietro a qualunque manifestazione dell’una e dell’altra digitalizzazione, anche dietro ai personaggi dei videogames, anche dietro Facebook che tanto tempo fa perdere ai nostri figli e talvolta anche ai nostri coetanei, dietro i gruppi elettronici (E-group) e dietro My Space, anche dietro Second Life e tutte le possibili virtualità, ci sono uomini, pienamente tali e che semmai trovano ulteriori opportunità di mettere in atto talune rispettive potenzialità nei confronti di quanto non potrebbero fare senza strumenti digitalizzati.
Da un punto di vista che non è solo pedagogico-sociale e neppure solo scolastico, il vero problema è vedere pienamente l’uomo dentro quelle che altro non sono se non sue creazioni. Questo può anche non essere facile, per l’educazione dell’uomo e per la sua cultura. Ma questo può non essere facile, neppure dove viene fatto più frequentemente: ciascuno di noi ricorda certamente quante lezioni e quanto impegno dispiegavano i nostri validi insegnanti di letteratura italiana per consentirci di cogliere l’uomo che c’era e c’è dentro, poniamo, la Divina commedia, ovvero I promessi sposi o l’Infinito; questo è tutt’altro che facile, tanto da richiedere per Dante o per Manzoni addirittura anni di studio e numerose riprese di notevole entità da un anno all’altro. A questo proposito il ricordo del vostro conferenziere va con gratitudine e deferenza a quel grande maestro di umanità e di vita, prima che non di letteratura italiana ed anzi contestualmente ad essa, che ha avuto in Giovanni Battista Baroni, anche a distanza ormai di una quarantina d’anni. Nessuno si sognerebbe di mettere in dubbio tanto per quel che riguarda anche le letterature straniere moderne, o il latino e il greco, o la storia dell’arte. Non cambia assolutamente nulla, salvo la maggiore importanza e altresì le più gravi inadempienze, per quel che riguarda la cultura tecnica e per quel che riguarda la cultura scientifica: come nella fattispecie cogliere l’uomo dietro l’informatica digitalizzata può non essere più difficile, secondo chi vi parla sarebbe perfino più facile con un’educazione scolastica meno squilibrata: ciò non toglie che vada fatto e vada fatto con la massima cura, con finalità specialmente umane, educative e culturali anche quando coesistono finalità di ordine pratico operativo ovvero a carattere di procedura di uso quotidiano.
Circa il ruolo odierno della scuola, in generale…
Per portare un semplice esempio al riguardo, potremmo ipotizzare che nella scuola ci fosse il fine di far conseguire la patente di guida agli studenti; sul patentino già si fa qualcosa di apprezzabile. Ovviamente la risposta è no, anche se la cosa sarebbe possibile: lo scopo fondamentale è che si dovrebbe porre la scuola al riguardo sarebbe sostanzialmente un altro e cioè in questo caso (proprio come nel caso alla nostra attenzione qui oggi per il digitale) educare gli studenti a fare di uno strumento potente e fortemente invasivo sulla nostra vita e nella nostra società un impiego umanamente e socialmente congruo, mettendoli in guardia rispetto ad impieghi che invece contraddicono l’umanità che si trova anche dentro le progressive fasi che hanno condotto alla invenzione e alla costruzione delle automobili con il motore a combustione interna come sono quelle che impieghiamo ormai da oltre un secolo. E spieghiamoci meglio, perché non è un fatto né tanto di educazione stradale e neppure di dimestichezza con alcuni meccanismi per comandare l’automobile: dobbiamo domandarci e far comprendere agli allievi perché quei meccanismi vi siano, siano disposti in un certo modo, quale evoluzione essi abbiano avuto in questa breve storia dello strumento, e sono tutti motivi umani; impartire delle lezioni sul codice della strada, è opportuno che le impartiamo, ma non tanto perché conoscano le regole della circolazione stradale, bensì prima di tutto perché capiscano il motivo o il complesso di motivi di certe regole, se sono cambiate e come potranno cambiare, quali regole siano critiche (e così via) avendo sempre riguardo per l’essenza del problema umano e relazionale; ed ancora, che succederebbe se queste regole non ci fossero. Occorre cioè praticare dell’educazione stradale.
Per il digitale vale esattamente l’analogo, con la differenza che la sua storia è di pochi decenni.
Da lungo tempo ormai siamo tutti convinti che il compito fondamentale della scuola non sia fornire informazione, bensì educare ad una gestione dell’informazione fin dalle età più tener. E del resto, se non lo fa la scuola, chi volete che lo faccia, chi lo potrebbe fare al posto della scuola e con una maggiore professionalità della scuola e degli insegnanti? Si tratta di una responsabilità pesante, che né la scuola né gli insegnanti possono scuotere da loro stessi.
… e nello specifico
Questo discorso acquista una forza e una specificità maggiori nei riguardi del digitale con riferimento all’informatica e alla telematica, proprio perché si tratta di gestione e trasmissione dell’informazione, come certo gli ascoltatori hanno compreso perfettamente.
Potremmo cominciare con l’osservare e con lo studiare con attenzione e senza pregiudizi l’immensa varietà di corsi che troviamo continuamente in edicola, spesso in abbinata con noti quotidiani o periodici, con CD-ROM, DVD ed altro materiale elettronico, e spesso prevedendo la possibilità di integrare tanto con taluni collegamenti telematici dedicati. Ne troviamo di lingue moderne, di musica, di teatro, di disegno, di letteratura e sulla Divina Commedia, di varie attività artistiche e di ancor più varie attività artigianali, e via elencando a piacere, non senza dimenticare l’informatica e la telematica stesse, oggetto di approcci e discorsi generali ovvero di corsi specifici per alcune particolari applicazioni per alcuni particolari pacchetti di programmi, nonché per una buona navigazione in Internet. Là dove sarebbero occorsi volumi su volumi, cospicui apparati di dischi analogici, filmati o diapositive, riproduzioni e complicazioni di ogni genere, il tutto enormemente costoso e non per tutte le tasche, ora abbiamo un ammontare limitato e compatto di materiali digitalizzati ad un prezzo accessibile a chiunque.
Indubbiamente si tratta di una evoluzione positiva, non v’è chi non se ne renda conto, in quanto ogni ambito del sapere è a piena disposizione di chiunque, e spesso con qualità elevata, anche se occorrerebbe un sano discernimento.
Abbiamo messo in guardia da pregiudizi facili quanto infondati: l’offerta è vastissima ed estremamente articolata, comprende anche dei corsi allestiti con grande perizia e dai quali gli allievi possono trarre un profitto enorme, e il relativamente basso costo di questi corsi dovrebbe essere apprezzato come un pregio ulteriore, esattamente come la modalità di diffusione estremamente capillare della promozione che le case editrici e spesso le pubblicazioni che li promuovono possono effettivamente assicurare. Ma la miglior accessibilità sia come sedi e diffusione che come costo rispetto a trattati blasonati di anni recenti è uno dei tanti pregi, e nemmeno il principale a ben vedere.
L’accesso al sapere e ai saperi attraverso questa varietà di strumenti digitalizzati, una volta acquistati ed inseriti nel computer connesso in rete, sta interamente e senza residui nelle mani dello studente o, meglio, di quello che potremmo chiamare più propriamente l'”utente” del corso stesso. È proprio lui e lui solo, a quel punto, a decidere senza alcuna riserva come, quando, con quali ritmi studiare, per lo più anche seguendo un itinerario a scelta tra una varietà oppure scegliendo in totale libertà i moduli nei quali il corso si articola e l’ordine nel quale affrontarli, è lui stesso a decidere se procedere anche con scelte ramificate, soffermarsi oppure ritornare, quando e quante volte, su determinati argomenti, e attraverso strumenti di autovalutazione se considerarsi adeguatamente preparato allo scopo oppure no e che cosa fare di conseguenza.
Non dimentichiamoci, poi, che quasi tutti questi corsi hanno un finalità pratiche. Questo consente a ciascuno di constatare se è in grado di leggere una lingua straniera o di parlarla, di suonare uno strumento musicale di impiegare gli strumenti di un pittore, di fare buon uso di pacchetti informatici ovvero di un programma per la navigazione nel Web (Browser), in che misura, con quale dimestichezza con quali limitazioni, e quindi responsabilmente su quali argomenti tornare.
Un rovesciamento nel paradigma della didatttica
Tutto ciò integra un vero e proprio ribaltamento di paradigma nella didattica, e ricordiamo bene l’avvertenza data in apertura di non considerare la didattica come una scienza della scuola, bensì una scienza dell’educazione con dominio sociale enormemente più ampio. Dopo decenni e decenni di enunciazioni di principio autorevoli sulla necessità di decentrare l’attenzione nella didattica dal docente ai discenti, con fortuna alterna e risultati sempre molto parziali, ora siamo di fronte alla realizzazione integrale di questo principio. Il discente ora è assolutamente al centro di tutto il processo didattico e di apprendimento, e tutto il resto, anche il docente in rete o in Chat, è a sua completa e incondizionata disposizione. Dopo decenni o secoli che parliamo di insegnamento individualizzato, di insegnamento personalizzato (che non è la stessa cosa), di una didattica centrata sul discente, di una educazione centrata sulle educando, e per questo non sono bastate enormi aliquote tra le più pregiate risorse umane dei docenti e degli educatori nonché degli esperti, ora tutto ciò è realizzato è disponibile a chiunque. Adesso il discorso didattico ed educativo è nelle mani del discente, e questo è fondamentale.
Qualcuno potrebbe obiettare che tutto questo è comodo, non essendovi per il discente-utente altre persone con le quali fare i conti continuamente, come gli insegnanti ed i compagni. Comodo lo è per la fruizione e il basso costo, ma per il resto va tenuto presente che la responsabilità è tutta, interamente e senza residui nelle mani dello stesso utente. Se riesce, oppure no e in che misura, dipende solo da lui: non può prendersela con nessuno né scuotere comunque da sé e da sé solo la responsabilità qualunque fallimento. Così come. si capisce, è tutto e solo suo il merito di qualunque successo.
Si ribadisce quindi come alla scuola competa innanzitutto un compito metodologico, cioè di insegnare all’allievo a fare buon uso di questi strumenti e ad ottimizzarne la fruizione, ed inoltre di fornirgli gli strumenti culturali e critici per orientarsi all’interno di un’offerta pletorica, strabocchevole, di entità chiaramente superiore alla possibilità anche del migliore degli studenti-utenti.
Notiamo, inoltre, che questa centralità dell’allievo lo mette nelle condizioni migliori anche per poter cogliere e comprendere appieno quell’uomo che c’è dentro l’oggetto di studio, in quanto e lui uomo da solo ma nella pienezza delle sue prerogative umane che si applica secondo propri principi e proprie decisioni ad un determinato sapere, e ne controlla l’acquisizione anche mediante le possibili applicazioni.
Tra le caratteristiche peculiari della didattica digitalizzata
Vi sono altre caratteristiche fondamentali di questa didattica digitalizzata e connessa, intendendo il termine “didattica” nel senso lato che ciascuno ormai intuisce, sulle quali è necessario che diamo almeno alcuni cenni schematicamente.
Un primo esempio ci è offerto dalla cosiddetta “ipertestualità”. Anziché dover seguire un ordine prefissato, si tratta di una caratteristica che già abbiamo potuto intravvedere nella didattica digitalizzata che consente una scelta, più o meno ampia, ma tendenzialmente crescente e in prospettiva totale, dell’ordine nel quale seguire l’oggetto di studio da parte dell’allievo-utente. Va tuttavia precisato che gli ipertesti c’erano già prima che la digitalizzazione entrasse nella didattica: il vostro relatore ricorda perfettamente negli anni ’60 taluni volumi al termine di ciascun capitolo dei quali vi era una serie di alternative su come procedere, e ha potuto appurare come queste risorse fossero presenti, anche se in casi assolutamente eccezionali, anche nel decennio precedente, e forse prima ancora. L’idea di fondo, si capisce, è di responsabilizzare l’allievo nella fruizione dello strumento didattico, fosse anche un tradizionalissimo libro cartaceo, consentendogli di adattare alle sue peculiari esigenze il percorso da seguire e non vincolandolo all’ordine delle pagine che è comunque una scelta astratta e centrata non sull’allievo ma sull’autore, il quale può essere più o meno sensibile e più o meno edotto circa le esigenze dei possibili fruitori, i quali peraltro potrebbero avere esigenze diversissime e fin divergenti.
Il problema vero era che non tutti gli utenti erano in grado di usare questi strumenti nel modo migliore. L’abitudine ad affrontare il volume cartaceo nella sequenza delle pagine finiva spesso per imporsi o quanto meno per condizionare le scelte, ed inoltre i casi nei quali lo studente era indotto a ritornare a pagine precedenti, senza che questo significasse ricominciare daccapo, era vissuto e considerato come una sorta di sconfitta o di inadeguatezza personale, anziché positivamente come un importante adattamento a sé stesso della risorsa ipertesto, per quanto assolutamente confondibile con un testo ordinario una volta chiuso.
Nella didattica digitalizzata si capisce come non sussistano simili condizionamenti, ed anzi la tendenza che prende piede immediatamente nel fruitore è proprio quella di andare in volta a volta all’argomento che più gli interessa e che gli sembra meglio funzionale al proprio personale itinerario di sviluppo e di apprendimento; non dimentichiamoci che la responsabilità di eventuali errori anche in questo è tutta e solo sua. Aggiungiamoci un dato importante: che in molti corsi e materiali didattici digitalizzati, specie se è organica e forte l’interazione con la rete e ancor più se è prevista la connessione continua on Line come quando si è in possesso di un collegamento ADSL, spesso non vi è neppure una indicazione progressiva di argomenti, ma solo una giustapposizione di trattazioni modulari di argomenti ciascuna in sé compiuta ed autosufficiente, al fine di consentire qualsiasi possibile scelta di ordine nell’affrontare i moduli da parte dell’allievo, come anche nell’integrarli con altri materiali ovvero nell’omettere taluni argomenti, di principio senza limite alcuno. Anche solo per questo, le possibilità di personalizzazione sono realmente infinite.
O quanto mutatus ab illo…
Si r4ifletta su quanto sia cambiato, dai tempi nei quali affrontare una materia significava partire necessariamente da un determinato oggetto di apprendimento: tipico il rosa rosae del latino elementare, o i monomi dell’algebra scolastica!
Un’altra caratteristica emergente della didattica digitalizzata è costituita dalla multimedialità, altro neologismo che può sembrare arduo ma che in realtà si comprende facilmente nel suo significato, come avviene spesso per i termini composti originariamente in lingua inglese, anche quando i componenti possono essere latini come nella fattispecie. Qualche studente, alla domanda su che cosa sia questa prerogativa, crede di cavarsela dicendo semplicemente che abbiamo a disposizione molti mezzi, molti media, e raccomanderei di pronunciare la parola come è scritta, trattandosi di termine latino, e non indulgere al vezzo di pronunciarlo all’inglese. Si tenga presente che anche la declinazione al nominativo plurale è quella latina e non certo quella anglosassone. Comunque, sbaglia quello studente o chiunque altro creda che multimedialità significhi semplicemente avere a disposizione molti media: manca il concetto essenziale cioè la contestualità immediata della disponibilità di tutti questi media e l’attivabilità diretta secondo scelte dello studente-utente.
Già lo vediamo in tanti materiali in CD-ROM, e lo vediamo continuamente quando siamo connessi con la rete: in genere abbiamo un testo con immagini fisse e piuttosto modeste, come base, ma già questo presenta una serie di collegamenti o link; con questi o con altri strumenti è possibile secondo scelte delle quali è responsabile dello studente-utente, materiali sonori, altri materiali iscritti od conici fissi, con l’interattività di ingrandire e di coglierne particolari di questi secondi ovvero di confrontare tra loro immagini, ed inoltre se disponibili immagini in movimento con o senza sonoro, un sonoro di commento o anche il sonoro originale.
È chiaro che solo per argomenti che si collocano nell’ultimo secolo o giù di lì questa multimedialità può essere piena, non possiamo certo disporre della voce di Cicerone ovvero del filmato della guerra del Peloponneso; ma anche in quel caso la disponibilità contestuale di cartine, magari animate, di ricostruzioni e delle immagini dei luoghi come essi sono attualmente, nonché di commenti di storici e critici e di altro materiale analogo costituiscono una risorsa di intuibile pregio.
Ma pensiamoci approfonditamente. Se per esempio stiamo studiando il Seicento, con riferimento al barocco, certo non avremo immagini in movimento storiche: ma possiamo integrare a quello che il multimediale è disponibile in storia le varie espressioni artistiche del barocco, così con correndo ad una più piena comprensione del tempo storico e dei suoi fenomeni. Dobbiamo poter disporre di letteratura barocca, a lungo sminuita e oggi forse oggetto di un qualche recupero, sia in modo testo che ad esempio recitata. Dobbiamo poter disporre di musica barocca, possibilmente non sempre e solo le Quattro stagioni di Vivaldi, e pur riconoscendo il primato dell’Italia non dimenticandoci di inserire adeguati contenuti di musica tedesca e in particolare di Bach, di musica inglese ed in particolare di Händel, di musica coeva di altri paesi; e magari filmati di brani di melodrammi, forma artistica appena creata in quel secolo e presto prioliferata, ovviamente nell’un caso è nell’altro in interpretazioni filologicamente il più accurate possibili. anche se le attuali; e non deve certo mancare l’attenzione per il barocco delle arti figurative, non solo anche se primariamente dell’architettura, la quale anche in Italia ha sue zone di assoluto elevatissimo valore artistico e storico.
Sono la contestualità e l’integrazione che segnano la differenza sostanziale dal punto di vista didattico, culturale, educativo: la semplice molteplicità dei media non basta ed anzi può ingannare.
La vera è corretta multimedialità è incomparabilmente più interessante, e in questo è un’altro pregio che dobbiamo tenere nel giusto conto.
Ancora. Oggi anche uno strumento frivolo come i videogames diventa prezioso per ricostruire in modo comprensibile le dinamiche di certe battaglie oppure di certi altri eventi storici, e sarebbe un errore di superbia e di spocchia non vederne la positività per l’apprendimento e la comprensione da parte degli utenti.
È chiaro che in questo ambito allignano con facilità anche materiali sedicenti multimediali ma che in realtà sono solo aggiunte, accozzaglie di materiali di scarso valore ad un testo base: l’importanza di educare ad un corretto accesso ed approccio a questi materiali, che è poi educazione alla scelta, appare ancora più chiara alla luce di riflessioni come queste. D’altra parte, una buona multimedialità anche con simulazioni è un efficace antidoto anche nei confronti di trattazioni di fatti storici dell’antichità o del medioevo puramente verbose, libresche nel senso più spregiativo (riduttivo) del termine, o magari di altisonante retorica con fini non educativi ma di condizionamento, di convincimento con un fondo politico e ideologico, come anche nel nostro Paese è avvenuto dopo l’Unità con programmi di storia improntati alla scelta di episodi e aneddoti che servivano solo a costruire una falsa ed ingannevole continuità tra la cultura italiana e la cultura e la storia dell’antica Roma, e una immagine di questo guazzabuglio come di una sequenza di eroismi, mettendo in un unico calderone Muzio Scevola, Orazio Coke lite, Clelia, Giulio Cesare, Costantino, Pier Capponi, Francesco Ferrucci, Ettore Fieramosca, le repubbliche marinare, la lega lombarda e il carroccio, Pietro Micca, Balilla e via elencando, chi ha i capelli grigi come il vostro relatore non fatica certo a riconoscerne quelle che sono state forse, speriamo, le ultime propaggini di questo modo di diseducare con una storia falsata su un nucleo realistico ancorché di scarso rilievo. È chiaro che noi pensiamo all’insegnamento della storia oggi con tutt’altre finalità pedagogiche, a comprendere il passato nelle sue cause e dei suoi effetti onde poter comprendere e razionalizzare più pienamente il presente e progettare un futuro realistico per il quale valga la pena di impegnare se stessi.
D’altra parte, il ricorso a simulazioni, specie dove non vi siano e non vi possano essere immagini originali è comune in altri campi, perfino nei quali sarebbe possibile avere immagini originali, e spesso le due tipologie di immagini si integrano reciprocamente. Pensiamo a corsi di chirurgia oppure di fisioterapia o di altre risorse della cultura medica. Oppure pensiamo alla simulazione di terremoti od altri eventi catastrofici in geologia, od anche all’arricchimento semantico di quelle immagini di difficilissima interpretazione che caratterizzano la fisica degli ultimi 60 e più anni. Al solito, si tratta di una risorsa, di uno strumento: può anche essere usato male, ma dobbiamo fare di tutto perché sia usato bene, in quanto l’uomo ne ha moltissimo da guadagnare.
A proposito di ludicità
La centralità dell’allievo-utente in qualche modo riassume tutte le proprietà salienti di una didattica digitalizzata: e non dimentichiamoci che a scuola avviene esattamente il reciproco, e più si procede negli studi e più la centralità si sposta, in qualche modo necessariamente, verso il docente allontanandosi dai discenti. All’università questo è portato alle estreme conseguenze, anche con il massimo di perizia da parte di noi docenti. Il docente ha ben precisi doveri nello stabilire programmi, orari, scadenze, tempi da dedicare ai vari argomenti, bibliografie e quant’altro: certo può compiere ogni sforzo per avvicinare queste scelte alle caratteristiche e alle compatibilità degli allievi, e lo si fa; ma rimane necessariamente un complesso di determinazioni la cui responsabilità è nel docente e non potrebbe essere altrimenti, a meno di un docente negligente e manchevole dai propri doveri più elementari.
Le proprietà tipiche della didattica digitalizzata sono tante, ma l’uditorio mi consenta di dedicare ancora almeno alcune parole ad un’altra di queste, vale a dire la ludicità, il carattere fondamentalmente ludico della didattica digitalizzata e connessa. Non è certo necessario che ricordi in questa sede che il termine latino ludus ha molti significati, per esempio riguarda il teatro e riguarda aspetti della vita sociale, non solo il gioco e il divertimento puerile, fine a sé stesso. Lo diciamo o meglio lo ricordiamo proprio perché non si fraintenda non tanto il significato del termine “ludicità” con riferimento alla didattica digitalizzata, ma le valenze positive dal punto di vista culturale ed educativo di una attività che è intrinsecamente ludica, nel senso detto ma anche nel senso stretto di divertimento giocoso, come lo è sempre l’attività al computer, meglio se connesso. Eppure, si deve denunciare come ancora oggi troppo spesso tocchi a chi vi parla e a chiunque si occupi della materia si appuntino critiche salaci e pesanti, nonché distruttive, a tutti quanti lavorino per una didattica che si centri sul computer sbeffeggiandola e svillaneggiandola come se si trattasse in sostanza di nient’altro che di un videogame in un po’ trasfigurato, o appena appena mascherato. Non è difficile immaginare che anche presso persone di elevata cultura possano esistere sacche di ignoranza anche così vistose relativamente a tematiche degli ultimi decenni e alle quali esse non abbiano ritenuto di applicarsi, o lo abbiano assolutamente rifiutato. Si crede proprio, insomma, che di un vero e proprio gioco si tratti, fine a sé stesso e al sollazzo: gli studi seri sarebbero solamente quelli che si fanno ascoltando il docente nella lezione frontale e poi con i libri cartacei, ovviamente da studiarsi nell’ordine numerico delle pagine. Senza nulla togliere alla serietà e anche alla non sostituibilità totale di questi secondi, eredi di una tradizione millenaria, si deve ribadire che le cose non stanno questo modo negativo per quanto riguarda le risorse informatiche e telematiche digitalizzate, al contrario esse dimostrano sempre più ampiamente in campi sempre più diversificati di essere preziose e di costituire un grande aiuto per l’evoluzione della cultura e del suo insegnamento, e per renderne partecipi strati sempre più ampi della popolazione.
Sia ben chiaro: non ci si deve fermare all’idea che con i primi calcolatori tascabili si sono liberati gli studenti da certi procedimenti noiosi e di scarso valore educativo come l’estrazione a mano della radice quadrata oppure l’impiego dei logaritmi (in base 10) e relative tabelle, ovvero ancora il trattamento delle funzioni trigonometriche sempre mediante tabelle. Ci siamo liberati di quei gravami e abbiamo risultati più precisi in un tempo enormemente più breve, ma questo libera risorse perché si imparino meglio ad esempio la teoria dei logaritmi, la teoria delle funzioni trigonometriche, e le loro ricchissime applicazioni che non sono certo solamente interne alla matematica ma anzi schiudono orizzonti enormi nella fisica come nell’economia. nella musica come nell’elettronica e via elencando.
Ma se il discorso fosse limitato al campo scientifico o a quello tecnico tradiremo l’essenziale: oggi l’impiego di strumenti di scrittura e di consultazione digitalizzate sta dimostrando da tempo la sua elevatissima proficuità anche nello studio delle lingue classiche, come il latino, il greco ed anche ad esempio l’ebraico, ma altresì in studi di antichistica che possono raggiungere una efficienza e una valenza probatoria enormemente superiori che non per il passato. Ricordiamo sempre che è l’uomo a servirsi di questi strumenti, e non ne è mai sostituito, e il fatto che questo ricorso abbia caratteri ludici è un pregio, un vantaggio, una marcia in più.
La letteratura italiana, le letterature straniere, la storia dell’arte, la storia della musica costituiscono altri esempi di campi nei quali l’applicazione di una didattica digitalizzata è connessa con le proprietà che abbiamo visto e con le altre sulle quali potrebbe intrattenerci hanno già dimostrato risultati enormemente più validi ed apprezzabili che non tecniche tradizionali. Purtroppo il pregiudizio secondo il quale un farmaco per far bene deve essere cattivo è tardo a morire, come tutta quella che la saggezza contadina chiama “l’erba cattiva”.
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