di Clementina Gily, Editoriale
La frase, che Adriano Olivetti pronunciava anche nello sceneggiato televisivo con Zingaretti, tutta intera diceva anche : “tu puoi fare qualunque cosa tranne licenziare qualcuno per motivo dell’introduzione dei nuovi metodi”. E già, il luddismo era già vivo nel primo ’800, quando le macchine a vapore mettevano sulla strada i lavoratori e spingevano in avanti la lotta operaia. Da allora sono continue le risposte alla trasformazione del lavoro. Ecco qualche frase presa da un prezioso piccolo libro: Adriano Olivetti, Ai Lavoratori, Edizioni di comunità 2013 – è la casa editrice fondata da lui.
1955 Ai lavoratori di Pozzuoli: Il tentativo sociale della fabbrica di Ivrea, risponde ad una semplice idea: creare un’impresa di tipo nuovo al di là del socialismo e del capitalismo giacché i tempi avvertono con urgenza che nelle forme estreme con cui i due termini della questione sociale sono posti, uno contro l’altro, non riescono a risolvere i problemi dell’uomo e della società moderna. Questo stabilimento riassume le attività e il fervore che animano la fabbrica di Ivrea nel suo rigore razionalista, nella sua organizzazione, nella ripetizione esatta dei suoi servizi culturali ed assistenziali, l’assoluta indissolubile unità che la lega ad essa e ad una tecnica che noi vogliamo essere al servizio dell’uomo, onde questi, lungi dall’esserne schiavo, ne sia accompagnato verso mete più alte, mete che nessuno oserà prefissare perché sono destinate dalla Provvidenza di Dio.
Così di fronte al golfo più singolare del mondo, questa fabbrica si è elevata, nell’idea dell’architetto, in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno. Abbiamo voluto che la natura accompagnasse la vita della fabbrica. La natura rischiava di essere ripudiata da un edificio troppo grande, nel quale le chiuse muraglie, l’aria condizionata, la luce artificiale, avrebbero tentato di trasformare giorno per giorno l’uomo in un essere diverso da quello che vi era entrato, pur pieno di speranza. La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza.
Per questo abbiamo voluto le finestre basse e i cortili aperti e gli alberi nel giardino ad escludere definitivamente l’idea di una costrizione e di una chiusura ostile. Cosicché, oggi la fabbrica ha anche un altro valore esemplare per il futuro del nostro lavoro nel Nord e ci spinge a nuove realizzazioni per creare nuovi ambienti che traggano da questa esperienza insegnamento per più felici soluzioni.
1954 Alle ‘spille d’oro’ di Ivrea: Per dar vita a questo nuovo mondo i ricchi e i potenti dovranno rinunciare alla corsa inconsiderata e indiscriminata verso una ricchezza sempre maggiore, alla vanità del potere e della sua effimera gloria.
Sarà questo possibile senza un urto definitivo? A noi non spetta dar risposta, ma attendere con tenacia alle responsabilità che ci furono commesse e che ci siamo assunti. Perché le idee che nacquero in questa fabbrica, sotto l’indicazione del nostro maestro, ancorché tutt’altro che veramente realizzate – e per molti versi ancora lontane – potranno essere forse guida risolutiva al conflitto che rischia di gettare il nostro Paese in una nuova forma di involuzione politica, privandolo nuovamente delle libertà individuale, e guida all’Europa stessa, anche essa socialmente immobile nella sua disordinata attesa, al suo bivio inevitabile: da una parte le forme di una nuova società, dall’altra una nuova irreparabile catastrofe.
Con queste preoccupazioni ma con rinnovata speranza, in questa lieta domenica di vigilia, mi sia concesso nello stringere la mano alle nuove 120 Spille d’Oro (lavoratori con 25 anni di attività) e dare loro testimonianza della riconoscenza di tutti, nei caldi e sereni sensi dell’affetto di tutti, di tutti coloro che li seguono passo passo dentro e fuori la nostra indimenticabile dimora di ogni giornata: la Fabbrica.
W editoriale n24 Olivetti – La disoccupazione involontaria è il male più te_