di Roberta Capuano
Il riconoscimento della cittadinanza europea ha dato un rinnovato slancio al processo di costruzione dell’identità europea, nutrendo la coscienza dei singoli cittadini degli Stati membri e consolidando il senso di appartenenza ad una realtà ben più estesa della nazione.
Nel 1992 a Maastricht nasceva una nuova dimensione della cittadinanza europea che rafforzava il vincolo implicitamente esistente fra i cittadini degli Stati membri e dava rilievo formale alla figura giuridica in questione. Tale riconoscimento non rappresenta una novità assoluta, dato il precedente sancito alla nascita della CE con l’affermazione del principio di non discriminazione in base alla nazionalità, cioè l’equiparazione di trattamento fra i cittadini nazionali e gli stranieri che è un privilegio mutuato dal diritto internazionale; in Europa però assurge a principio fondamentale del sistema[1].
Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, insieme ad un primo blocco di diritti, viene riconosciuto il diritto alla protezione diplomatica e consolare quale corollario della cittadinanza europea. Collocata originariamente nell’articolo 8C del Trattato della Comunità europea, la norma è stata rettificata nella successiva modifica del Trattato di Amsterdam del 1997 che ha cambiato l’art. 8C nell’art. 20 TCE, ed è rimasta invariata fino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Dopo Lisbona, è stato confermato ed ampliato il ruolo dei cittadini europei, i quali beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi; questa disposizione ha valore di norma a carattere generale, vuoi relativamente al principio di non discriminazione in base alla nazionalità, vuoi riguardo al diritto di tutela diplomatica allorché si trovino fuori dall’Europa. La prima osservazione da fare, che può apparire scontata, è che ogni cittadino europeo, in ogni Stato membro, non può essere considerato straniero ma è cittadino di un altro territorio della medesima Unione. Non è scontata se si pensa che, a tutt’oggi, buona parte dei cittadini europei non ha piena consapevolezza dei diritti connessi alla cittadinanza e riconosciuti dall’Unione e ignora che tra questi vi sia il diritto alla protezione diplomatica e consolare nei paesi terzi da parte delle autorità competenti degli Stati membri, diversi da quello di appartenenza:
“Ogni cittadino dell’Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”[2].
L’istituzione della cittadinanza europea delinea la specificità dell’Unione e, strettamente legato ad essa, l’istituto della protezione diplomatica ne enfatizza il carattere più propriamente esclusivo sottolineando il ruolo internazionale, esterno quindi alla Unione europea.
La protezione diplomatica e consolare è figura derivante dal diritto internazionale ed ha una storia tutt’altro che recente. La necessità per gli Stati di instaurare e mantenere relazioni amichevoli a livello internazionale risale a tempi remoti. Il canale abituale, attraverso il quale si realizzano effettivamente ed è possibile gestire tali rapporti fra soggetti di diritto internazionale, è quello delle relazioni diplomatiche.
Non si può negare che l’Unione spesso si allontana dalla tradizionale connotazione internazionalistica della organizzazione di Stati e agisce piuttosto come fosse uno Stato; e il carattere assolutamente esclusivo ed innovativo dell’intera Unione è sottolineato dall’istituto della protezione diplomatica relativamente alle prerogative legate allo status di cittadino UE.
Il diritto previsto a livello europeo, pur attingendo da esso, si differenzia dall’istituto previsto nel diritto internazionale classico. Nell’ambito di quest’ultimo, la protezione diplomatica e consolare viene fornita dallo Stato di appartenenza del cittadino ed è competenza discrezionale e appannaggio esclusivo di esso; ovvero al cittadino è garantita la protezione del proprio Stato d’origine nel caso di lesione dei propri interessi subita, a seguito di azione od omissione, da parte del Paese ospitante in violazione di una norma di diritto internazionale.
Il cittadino europeo ha invece il diritto di essere protetto da qualunque altro Stato membro dell’Unione qualora lo Stato di origine non fosse rappresentato in un territorio al di fuori dei confini europei. Ciò significa che ogni cittadino europeo, che si trovi in una situazione di disagio in un paese terzo e non possa essere tutelato dal proprio Stato di appartenenza, ha il diritto di rivolgersi al consolato o all’ambasciata di altri Stati membri dell’UE per ricevere adeguata tutela.
Si tratta quindi di un istituto eccezionale non sovrapponibile completamente ai modelli conosciuti: il diritto UE alla tutela diplomatica e consolare infatti presenta, accanto ad alcuni richiami al passato[3], delle evidenti differenze che vanno ad arricchire sia l’istituto stesso sia la specificità dell’Unione europea cui è adattato; si inserisce perfettamente sulla scia dell’attribuzione di nuove prerogative soggettive in materia di protezione e tutela dei diritti in virtù della riconosciuta centralità della persona negli ordinamenti giuridici.
Esaminando la ratio della norma si possono individuare alcuni punti fermi: innanzitutto è necessario avere la cittadinanza europea; bisogna trovarsi in uno stato non europeo in cui il proprio Stato d’origine non sia rappresentato da autorità diplomatiche e consolari; bisogna richiedere la tutela alle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi altro Stato membro rappresentato a condizione di reciprocità e senza discriminazioni. Il dato più rilevante è che domandare e ricevere la protezione UE non richiede necessariamente una lesione ai danni del cittadino da parte dello Stato terzo ma è sufficiente essere in una situazione di emergenza e di necessità, anche in situazioni di quotidiana e ordinaria difficoltà, per poter richiedere ed ottenere la tutela diplomatica da parte della autorità competente di qualsiasi altro Stato membro presente sul territorio[4].
Si può evidenziare il carattere sussidiario di tale protezione, poiché interviene soltanto in assenza di una sede diplomatica e consolare dello Stato d’origine del soggetto in un paese terzo; è inoltre una protezione mediata dal momento che la tutela viene offerta dalla rappresentanza diplomatica o consolare di uno Stato membro e non da organi propri dell’Unione europea[5].
L’istituto solleva molteplici questioni: se da un lato è chiaro che il cittadino europeo gode della tutela e ha diritto a reclamare la protezione, dall’altro la norma è meno esaustiva per quanto concerne il dovere dello Stato membro di accordarlo. Ciò è dovuto anche al fatto che tra la protezione diplomatica e l’assistenza consolare sussistono differenze strutturali che dovrebbero essere chiarite: le ambasciate si trovano di solito nelle capitali degli Stati, mentre gli uffici consolari oltre ad essere presenti nelle capitali, anche nelle stesse ambasciate, sono disseminati nel territorio nazionale in rapporto alle esigenze dello Stato accreditante, ma con il consenso dello Stato accreditatario. Si stima che circa il 9% dei cittadini dell’Unione europea che viaggiano al di fuori dell’UE si reca in paesi terzi in cui il proprio Stato membro non ha una rappresentanza consolare o diplomatica. Inoltre, dalle legislazioni e dalle prassi dei vari paesi, è emerso che ciascuno Stato membro ha leggi consolari che differiscono dagli altri e pertanto il livello di tutela, offerto ai cittadini UE che si trovano in difficoltà in paesi extraeuropei, può variare a seconda dello Stato a cui ci si rivolge. A tal proposito, la Commissione lavora a proposte di legge volte a garantire maggiore certezza giuridica sull’ambito di applicazione, sulle condizioni e le procedure di tutela; in particolare, ha proposto l’introduzione di una clausola di consenso nei futuri accordi bilaterali con paesi terzi in base alla quale le autorità consolari e diplomatiche di uno Stato membro rappresentato possano prevedere la protezione ai nazionali di Stati membri non rappresentati, alle stesse condizioni dei propri nazionali[6]. In questa direzione andava l’adozione da parte della Commissione, già nel 2006, di un Libro Verde sulla protezione diplomatica e consolare, che affronta una serie di tematiche quali la creazione di uffici comuni per diminuire i costi delle rappresentanze degli Stati membri, l’estensione della protezione consolare ai familiari dei cittadini europei di paesi terzi, la formazione di funzionari delle Istituzioni comunitarie e degli Stati membri.
Nel Programma di Stoccolma, tra le priorità dell’Unione per prepararsi alle sfide future a livello europeo e globale, emerge l’attenzione posta sulla protezione nei paesi terzi sia per quanto riguarda l’effettivo godimento del diritto alla tutela, sia per un generale rafforzamento della dimensione esterna delle politiche europee in materia di libertà, sicurezza e giustizia soprattutto nelle relazioni con paesi terzi, attraverso una serie di accordi e partenariati.
Il diritto UE alla protezione diplomatica e consolare esalta la dimensione esterna della stessa cittadinanza europea, dimensione che si fonda sul principio di solidarietà e di identità europee oltre i confini dell’Europa stessa. Da un punto di vista giuridico, è certo che l’esperienza derivante dalla prassi dell’Unione determinerà un’evoluzione necessaria delle fattispecie normative attuali e il progressivo miglioramento della protezione diplomatica che è l’istituto perno del diritto internazionale.
[1] L.S. ROSSI, I cittadini, in: L’incidenza del diritto comunitario sul diritto privato, Torino, UTET, 2006 p. 103
[2] art. 20 TCE, ora art. 23 TFUE che continua nel modo seguente: «Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie e avviano i negoziati internazionali richiesti per garantire detta tutela.
Il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo, può adottare direttive che stabiliscono le misure di coordinamento e cooperazione necessarie per facilitare tale tutela».
[3]La norma dell’Unione richiama la protezione diplomatica “delegata” già prevista nelle Convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche (1961) e consolari (1963). Essa prevede, acquisito il consenso dello Stato accreditatario, la possibilità di delegare ad un altro Stato la gestione e la protezione di taluni interessi nazionali. Vero è che nelle Convenzioni la delega ha un carattere eccezionale sollecitato da eventi particolari, quali ad esempio, la rottura o la sospensione delle relazioni diplomatiche, laddove nel Trattato sull’Unione europea la previsione si mostra come la regola e non l’eccezione (Massimo Fragola).
[4] M. Fragola, Cittadinanza europea e protezione diplomatica dei cittadini UE all’estero, Relazione presentata al Convegno “Diritti fondamentali, cittadinanza europea e tutele giuridiche sovranazionali”, Roma, 23 novembre 2009.
[5] G. Gianna in Varia del 14 aprile 2011 su LeggiOggi.it-Quotidiano giuridico politico economico
[6] Ibidem