Questo articolo di commiato di Alessandro Barbano, un direttore che molti hanno amato per la sua conduzione del giornale pur non conoscendolo, notando come per la prima volta da tanto tempo si sforzasse di dare un’immagine equilibrata di una grande città che è solo anche e in fondo ben poco, la Gomorra che si vede all’estero dove il prodotto si vende, subito raggiunto dai figliastri, che si sentono nati per caso in questa disordinata città.
Confesso di averlo letto, il giorno dopo l’insediamento di Conte, come un colpo al cuore, come una avvenuta marcia su Roma. Ho studiato quei periodi: persino Croce non s’accorse della tempesta.
La libertà di stampa allora fu uccisa con Piero Gobetti e Amendola e Matteotti – tre diversi capi di folti gruppi.
Se non altro, non ci fu silenzio ma una risposta severa quanto inutile.
Spero che le parole pacate di Barbano e le nostre istituzioni democratiche sappiano reggere meglio di quelle monarchiche e incivilire la barbarie. Spero che la rete offra le sue solide alternative alle solite prepotenze e coperture di chi possiede giornali con mano così arrogante.
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