Il Papa della gente

di Anna Irene Cesarano

Papa Francesco dona speranza ai detenuti

Accluso un articolo di LAZIOSUD sul Papa

Papa Francesco
Papa Francesco

Papa Francesco, il Papa della gente, questa volta rivolge uno sguardo misericordioso verso un mondo dimenticato sotto il chiacchiericcio e i pregiudizi della società. E lo fa durante la giornata dedicata al giubileo dei carcerati. “Lo Stato non deve violare la dignità umana, e questo deve essere un limite invalicabile per il potere punitivo dello Stato”. Parole ricche di speranza, di perdono, di luce, anche a chi ne vede poca. Clemenza invoca il Papa per i detenuti, ed esorta gli Stati democratici ad adottare misure e provvedimenti che rispettino l’essere umano. Sì perché, durante l’Angelus della giornata giubilare dedicata ai detenuti, il Pontefice ribadisce che la dignità umana va sempre rispettata, anche nel caso del più pericoloso dei criminali. L’attenzione di Bergoglio si rivolge principalmente alle democrazie, ed è qui che dobbiamo renderci conto di come il diritto penale sia anche troppo sfrangiato, ma non nei confronti delle derive razziste e di classe. “È qui che il diritto penale che sa essere clemente nei confronti dei potenti è inclemente nei confronti di chi non ha mezzi né risorse”. Clemenza, dunque. Significa non maltrattare le persone e non lasciarle perire in galera; significa recupero sociale per tutti, opportunità. Significa non sovraffollare le prigioni di tossicodipendenti, di infermi mentali, poveri, immigrati.

Piazza San Pietro, bagnata dalla pioggia, colma di persone, anche e soprattutto di detenuti, operatori penitenziari, volontari, famiglie di carcerati, trepidanti nell’attesa di ascoltare le parole del Santo Padre, che inizia il suo discorso riportando alcune sue affermazioni del 2014, quando si rivolse all’associazione internazionale dei penalisti, dicendo che esiste una questione “penale” ed esiste una questione “penitenziaria”.

“Il carcere è morte sociale”: oggi è convinzione comune che il provvedimento detentivo sia l’unica sanzione possibile; il Santo Padre afferma che il carcere fa male, stigmatizza, isola, aliena. Bisognerebbe trovare altre forme di punizione e contemporaneamente migliorare le condizioni di detenzione. Tutto questo fa riaffiorare il ricordo e l’opera di un altro uomo, scomparso, che si era battuto per i diritti di tutti e colui che realmente si era recato in alcuni carceri d’Italia per migliorare le condizioni di vita di persone che, malgrado possano aver meritato quella punizione, restano pur sempre esseri umani. Marco Pannella, i suoi radicali lo ricordano così in questa giornata dedicata ai detenuti, organizzando una marcia per l’amnistia.

Ma Papa Francesco oltre ad importanti affermazioni, agisce anche di conseguenza. Nel 2013, infatti, ha abolito l’ergastolo modificando il codice penale dello Stato del Vaticano, definendolo pena di morte nascosta. Introduce, invece, il delitto di tortura nel rispetto delle direttive date dalle Nazioni Unite nella Convenzione del 1984. Anche Matteo Renzi compie qualche passo in questa direzione, si è recato infatti pochi giorni fa al carcere di Padova. Ma la strada è ancora lunga. Che il gesto del Papa di introdurre il crimine di tortura nel codice penale vaticano possa avere un seguito nel meglio salvarne l’applicazione nelle carceri italiane? Ce lo auguriamo, magari dopo trenta lunghi anni di denunce dei radicali e di tanti altri.

È un Santo Padre senza pregiudizi, questo, senza paure verso la diversità o verso un mondo misconosciuto, o verso la devianza. “Chi sono io per giudicare un gay?” In quella frase si apre un mondo, che non sarà perfetto, ma sicuramente migliore grazie all’opera di persone come questo Papa. Un Papa che piace alla gente!

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