di Anna Irene Cesarano |
Escono in America le traduzione dei suoi libri e l’Hotel Romeo organizza a Napoli piccoli Tour sulle vie narrate dai suoi romanzi. La letteratura come occhio di bue turistico continua a funzionare.
E quante sono le storie di Napoli…
Continua il mistero sull’identità della scrittrice partenopea, che forse è uno scrittore, come molti hanno supposto. Chi si cela dietro Elena Ferrante? E perché avere successo e non prendersene il merito?
Questo non ci è dato sapere, ma quello che diamo per certo è che è diventato già un giallo letterario e che impazzano le ipotesi sulla identità della “scrittrice fantasma”, così come è stata definita da qualcuno. Fredda la smentita della storica Marcella Marmo, ordinaria di storia contemporanea all’Università di Napoli Federico. «La notorietà per meriti non propri non è mai gradevole. Ringrazio tutti quelli che hanno potuto pensare che io sia una felice scrittrice di best seller, ma come ho cercato invano già di dire nei giorni scorsi io non sono Elena Ferrante. Malgrado non abbia concesso possibilità di dubbio, la notizia che ci sia io dietro l’identità della Ferrante continua a circolare. Chiedo cortesemente alla stampa di archiviare il giallo letterario e di lasciarmi al mio lavoro di storica». Eppure il dantista e scrittore Marco Santagata ha fatto una vera e propria ricostruzione sul Corriere della Sera, trovando molte coincidenze tra la Marmo e la Ferrante, come ad esempio le ambientazioni o i dettagli linguistici. E che dire della rivelazione fatta proprio sul profilo facebook di Marco Santagata dalla figlia della Marmo, Arianna Sacerdoti, «Lo confesso: Elena Ferrante sono io. Le ambientazioni e i dettagli pisani sono frutto dei ricordi di mia madre, Marcella Marmo, mentre il resto (e la penna ‘letteraria’) sono miei». Bè anche in questo caso è possibile trovare delle assonanze forti tra le due donne, a cominciare dal fatto che la Sacerdoti sia una latinista, così come ad esempio il personaggio di Elena Greco in Storia del nuovo cognome che studia letteratura latina, o ancora per il fatto che la figlia di Marcella Marmo sia una poetessa, scrittrice, autrice di storie per bambini così come aveva fatto anche Elena Ferrante.
Ma in questo labirinto contorto anche altre ipotesi prendono corpo, trasformandosi in persone in carne e ossa. Come quelle che accreditano lo scrittore napoletano Domenico Starnone o sua moglie (Anita Raja) o ancora Goffredo Fofi, Francesco Piccolo nella persona di Elena Ferrante. Ovviamente tutte smentite, ma c’è già chi parla di geniale trovata commerciale, di libri addirittura studiati al tavolino per carpire l’immaginario e i lettori d’oltreoceano, o ancora di un team tecnico che si celerebbe dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante. Quel che è certo è che parlano i numeri! Ottocentomila copie vendute in Italia, al vertice delle classifiche americane con oltre un milione di copie vendute, in quella del New York Times vi rimane per 27 settimane!
La rivista Foreign Policy l’ha inserita tra i primi cento global thinker nella categoria Chronicler. In Spagna è famosissima, è alla nona edizione, scalando le vette in Catalogna, Australia, Francia, Cile, Norvegia, Inghilterra, Israele. E pensare che solo pochi letterati italiani hanno varcato i confini nazionali, è il caso di Calvino, Umberto Eco, Saviano, Fallaci, Calasso, Baricco, per citarne alcuni.
E allora invece di fermarsi al chiacchiericcio, al rumore, ai pettegolezzi e alle ipotesi sollevate per sapere chi è veramente Elena Ferrante, che vorrei aggiungere, da vent’anni cela la sua identità, quando nel 1992 scrisse L’amore molesto tradotto poi in film I giorni dell’abbandono. Io volgerei lo sguardo altrove, alle ragioni di tanto successo. Il suo romanzo-saga L’amica geniale, un ciclo di quattro volumi, diventerà una serie tv The Neapolitan Novels, prodotta da Fandango. Racconta di due amiche Lila e Lenù, due donne in conflitto, contrapposte seppur indispensabili l’una all’altra. Sullo sfondo della storia una Napoli caotica, descritta nei minimi particolari, la “napoletanità” come tratto caratteristico del mistero Ferrante. Quella “napoletanità” che da sempre attira e instilla il seme della curiosità negli stranieri, un misto di stereotipo e luoghi comuni. La Napoli dei ceti sociali più umili, i “guappi” del quartiere che non mancano mai in perfetto stile Soprano, il Vesuvio e il paesaggio che fanno da contorno ad un racconto lungo una vita tra due donne, la forza della sua evoluzione e l’inscenare l’amicizia femminile, saranno questi i motivi di un successo planetario? Oppure l’intensità della penna, la vividezza delle emozioni che suscita, le storie in cui tutti ci riconosciamo? O il mistero di una firma senza volto che alimenta un alone di magia e fascino?
La morte dell’autore decreta il successo dell’opera! Si pensi agli artisti di tutti i tempi, in qualsiasi campo di produzione di immaginario collettivo, dagli impressionisti, il caso di Monet, Cezanne, allo stesso Van Gogh che in vita era considerato un povero pazzo, e sappiamo tutti la fortuna che ha riscosso appena morto.
E secondo voi se Marylin Monroe non fosse morta circondata da un alone di mistero sarebbe ancora oggi il mito universale di tutti i tempi? O avrebbe conosciuto il declino di Brigitte Bardot?
Sembra paradossale ma è così, appena muore un artista si insinua una curiosità morbosa per quello che ha fatto, per quello che è stato, per le sue opere. Ecco la corsa dei critici, tutti ad esaminarle, giudicarle, rivalutarle.
Ecco il fascino della morte/scomparsa, anche se metaforica, come nel caso della Ferrante.
Naturalmente questo fascino è supportato e alimentato da un grande talento narrativo!
W narrazioni Cesarano Il mistero Ferrante. Il labirinto di un’identità nascosta
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