di Anna Savarese, Architetto di Legambiente Campania
Per il terzo anno consecutivo la Treccani ha pubblicato a fine novembre 2018 il IX Atlante dell’infanzia a rischio prodotto da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 opera a difesa della vita dei bambini.
L’Atlante, intitolato “Le periferie dei bambini”, è curato da Giulio Cederna ed è un compendio prezioso di dati ricavati attraverso varie collaborazioni (in particolare con l’ISTAT, con gli uffici statistici del MIUR e dell’INVALSI, con l’ufficio studi della Caritas Italiana) con l’aggiunta di cartografie delle periferie utili a mappare i divari esistenti tra le varie aree delle città metropolitane in termini di risorse economiche e culturali, di servizi e accesso all’istruzione, di quantità e qualità degli spazi urbani, verdi e ricreativi, cui corrispondono i diversi livelli di offerta educativa per bambini ed adolescenti.
L’edizione di quest’anno, come si evince dal titolo, intende correlare le politiche dedicate ai bambini e agli adolescenti al tema della distanza dal centro della “periferia” nella sua duplice accezione, fisica e spaziale da un lato e socio-economica e politica dall’altra.
Inoltre, il termine “periferia” è anche indagato come simbolo della stessa marginalità che assume la condizione minorile in tutte le città d’Italia, tanto che si riscontra una diretta corrispondenza tra l’aumento del disinteresse che fa registrare la politica rispetto alla questione minorile e giovanile e la maggiore concentrazione di minori nelle aree urbane marginali, dove, peraltro, non ci sono servizi adeguati e la spesa sociale è estremamente carente perché dirottata verso le aree centrali.
Come ha sottolineato Massimo Bray, Direttore Generale della Treccani, “La rinnovata collaborazione tra Save the Children e Treccani per l’Atlante offre quest’anno uno strumento unico per indagare e comprendere la vita dei bambini nelle periferie, intese non solo come periferie delle città ma anche come spazio sociale e mentale, un luogo a cui guardare per capirne i bisogni e le criticità degli adulti di domani ma anche le loro straordinarie potenzialità, e per assumersi la responsabilità di creare e offrire opportunità concrete dove sono più indispensabili e non più procrastinabili.”
Il IX Atlante ci restituisce dati allarmanti: i minori in Italia sono soprattutto, e sempre di più, ai margini della ricchezza; 1,2 milioni di bambini e adolescenti in Italia vivono in povertà assoluta e la povertà relativa riguarda 1 minore su 5 e, a conferma di un trend negativo, chi ha oggi meno di 17 anni ha una probabilità di diventare povero cinque volte più alta rispetto ai propri nonni. La povertà non è riferita solo alla condizione economica delle famiglie, ma al contesto in cui vivono che stenta ad offrire loro opportunità di crescita educativa e di sviluppo futuro, contesto rappresentato, ad esempio, dalle cosiddette “periferie funzionali” come sono i quartieri dormitorio, dove si concentrano tanti fattori di degrado ambientale e sociale, oltre che di criminalità organizzata e non, dove l’ascensore sociale che aveva caratterizzato gli anni della ripresa postbellica fino a tutta la seconda metà del secolo scorso, sembra essersi definitivamente bloccato e, anzi, il divario delle condizioni socio-economiche delle famiglie si riflette sempre più sul diverso rendimento scolastico dei bambini.
A vivere nelle 14 aree metropolitane italiane sono 3,6 milioni di bambini ed adolescenti (pari ai 2/5 della metà della popolazione minorile totale), ma la concentrazione nelle periferie è altissima: a Roma e Genova vivono in aree periferiche il 70% dei bambini al di sotto dei 15 anni, a Napoli e Palermo il 60%, numeri che scendono al 43% a Milano e al 35% a Cagliari.
La differenza tra aree della stessa città diviene condizione per evitare o favorire la segregazione educativa e la dimensione del gap tra giovani coetanei. Riportando ancora qualche dato dell’Atlante: a Milano, nei quartieri Pagano e Magenta-San Vittore i laureati sono il 51,2% della popolazione residente e sono 7 volte quelli di Quarto Oggiaro che si fermano al 7,6%; a Roma nei quartieri “bene” i laureati costituiscono il 42% della popolazione, ben 4 volte quelli delle periferie poste lungo il grande raccordo anulare che si attestano al 10%; a Napoli, i 15-52enni senza diploma di scuola secondaria di primo grado sono il 2% al Vomero e quasi il 20% a Scampia, mentre a Palermo il 2,3% a Malaspina-Palagonia e il 23% a Palazzo Reale-Monte di Pietà.
Anche con riguardo ai NEET (not – engaged – in education, employment or training) si evidenziano divari significativi tra le diverse aree delle città, triplicandosi o nel migliore dei casi raddoppiandosi tra il centro e la periferia i dati dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano più, sono senza lavoro e non sono inseriti in alcun circuito di formazione. Analogo discorso vale per le prove INVALSI che fanno registrare differenze siderali tra ragazzi delle diverse aree, visto che si riscontra anche un grosso gap nell’utilizzo di internet da parte dei giovani delle aree periferiche delle metropoli.
Come ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children “La retorica della “centralità” dei bambini e delle famiglie racconta un Paese che non c’è. Basta scorrere le pagine dell’Atlante per leggere una storia diversa: l’infanzia è la vera “periferia” dell’Italia.”
A fronte dell’invecchiamento della popolazione italiana (nel 1987 o bambini ed adolescenti erano il 23,2% del totale contro il 12,6% degli ultra 65enni, oggi le parti si sono invertite essendo i primi il 12,6% e i secondi il 21,2%) la politica, pur tenendo conto dei limiti della crisi economica, non agevola la natalità, né tanto meno il sostegno ai giovani, dove anzi vengono tagliati fondi all’istruzione e università (dal 4,6% del PIL del 2009, al 3,9% del 2015-16), anche in controtendenza rispetto ad altri stati d’Europa che superano anche il 5% del PIL. Analogamente sul fronte della spesa pubblica per “famiglia e minori”, mentre in Italia siamo fermi al 5,4% della spesa sociale, Germania, Regno Unito e Svezia si attestano sull’11% superando la media europea che è dell’8,5%.
A fronte della ricca e variegata analisi dei fattori critici, Save the Children con il suo Atlante delinea le possibili soluzioni che si sostanziano nella capacità di consolidare reti sui territori tra soggetti istituzionali, imprenditoriali e del terzo settore, variamente impegnati nelle politiche giovanili. La stessa Save the Children è presente nelle periferie più svantaggiate di 18 città italiane grazie a una rete di 23 “Punti Luce” spazi nei quali offre a bambini e ragazzi tra i 6 e i 16 anni l’opportunità di partecipare ad attività formative ed educative, come accompagnamento allo studio, laboratori artistici e musicali, gioco e attività motorie, che solo nell’anno in corso hanno coinvolto oltre 8.130 minori. Accanto a queste Save the Children propone anche laboratori informali di innovazione sociale e di contrasto al degrado, le “Insurgent city” che costituiscono esperienze di attivismo per promuovere “comunità educanti” nei luoghi dove maggiore è la marginalizzazione dei bambini e degli adolescenti, anche utilizzando beni comuni inutilizzati o spazi “adottati” per far crescere con azioni concrete la cittadinanza attiva e responsabile.
In tal senso è condivisibile l’approccio di Save the Children di favorire strategie endogene che facciano leva soprattutto sulla valorizzazione delle energie presenti per rigenerare i territori cosiddetti marginali, non solo per avviare in maniera consapevole e responsabile il soddisfacimento dei propri bisogni, ma anche per maturare una sempre maggiore coscienza dei propri diritti acquisendo strumenti utili per esercitare la cittadinanza attiva e responsabile.
Concludendo con le parole di Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, “L’Atlante racconta le periferie “dalle periferie”, dal di dentro, con concretezza e con l’urgenza del fare, perché solo partendo dai territori e puntando sui bambini e gli adolescenti è possibile ridisegnare le politiche di inclusione, dalla cultura allo sport, ai trasporti, l’ambiente e l’abitare. È necessario un impegno straordinario, da parte delle istituzioni e dei soggetti sociali, per rigenerare le periferie dei bambini e per garantire ad ogni bambino il diritto di crescere in un ambiente ricco di opportunità educative e di crescita.”
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