di Clementina Gily |
Sapevate che Ralph Waldo Emerson, Edgard Allan Poe, Stephan Mallarmé, Leonardo, Stendhal, Maurice Merlau Ponty, Baudelaire, Paul Verlaine… hanno avuto un terribile evento, spesso la perdita di un genitore, a sette anni? Sono una delle tante categorie di bambini poveri, a volte insospettabili, come si evince dalla piccola serie di geni, personalmente annotati essendo anche io orfana a sette anni. Non nego di aver iniziato ad annotare il piccolo elenco quando notai la frequenza, quindi non subito. Era citata nell’introduzione alle loro opere, e quella sciagura aumentava la mia speranza di poter superare il gap, evidente e difficile da sopportare. Pare infatti che i sette anni, età al limite di prima e seconda infanzia, è l’età di una prima presa di coscienza della possibilità di scelte individuali.
Jack si rotola nell’erba e nella rugiada purgandosi del mondo nella pura gioia di vivere. Io lo guardo e godo della montagna vivificante, frizzante, piena di odori magici … è un mondo MERAVIGLIOSO – e ricordo che è una delle categoria dell’estetica, la scienza che più frequento.
È l’unica grande grande ricchezza di chi ha avuto troppa paura e in conseguenza di ciò insulti e sospetti… D’essere come Pollicino essere usciti di nuovo con la mamma, sperando, ma portandosi dietro un piccolo tesoro di sassolini in tasca. Caso mai ti perdi e piangi e maledici… puoi provare a vedere quei sassetti e anche se ci sono tanti rumori pericolosi… poi ecco può spuntare il sole.
È il grande dono di chi non ebbe infanzia, per un trauma violento che rese difficile arrivare alla razionalità e lasciò a mezzo del sogno e si conservò il meraviglioso nel cuore, per sopravvivere.
Chi aveva doti speciali, come i citati, divenne un’ARPA sonante, capace di dar risonanze e vibrazioni che corrono nel cielo e dissolvono le nubi. E allora è facile vedere che la vita vince, vince sempre: e chi sa guardare gli insettini, i raggi di sole, il mare e tante altre cose vede bene che la meraviglia è una forza. Nasce e cresce con il dolore ed è un bene troppo grande di cui bisogna essere degni: ciò dimostra una volta di più che nulla nel mondo è un male assoluto.
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