Giordano Bruno – Opere magiche – Lampas Triginta Statuarum

Elda Oreto

Cfr. in rete l’opera: La materia è pensiero: Giordano Bruno anticipò la scienza

«Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». … Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche. Giordano Bruno potrebbe davvero considerarsi un nobile antesignano di questa specie chiamata “indaco”, giunta a edificare un nuovo mondo, «un mondo di luce per esseri di luce che vedono e sentono con gli stessi occhi e la stessa mente sia gli universi visibili che quelli invisibili», scrive la Racci, in una riflessione ripresa dal blog “Visione Alchemica”. .. Una visione magica tra cui esemplare risulta essere la “Lampas triginta statuarum”, testo di eccezionale bellezza poetica e immaginativa, il lettore non può non cogliere questo moderno senso del divino nell’uomo come appartenenza al Tutto, scintilla perfetta di un Tutto unico e animato. Per Manuela Racci, è una affascinante concezione della metempsicosi di ascendenza orfico-pitagorica…

Nota del direttore Gily Reda: La lunga citazione dalla rete, cui rimando gli interessati, illumina come cose parzialmente esatte possano far scivolare Bruno nel pensiero magico, come lui escluse nettamente e come non volle essere. È un filosofo, che sulla base dei saperi filosofici approfonditi a lungo, anticipa genialmente i secoli a seguire. Con la magia si resta a terra, se non si torna indietro, come dimostrò il 900: la magia della Montagna Incantata si spostò dalle Alpi al primitivo dei boschi… ed al nazismo. Leni Riefenstahl ne fermò le immagini nel regime che ripeteva nelle città le marce danzanti sperimentate nei boschi.

Editare questa tesi, una delle tante seguite nei corsi di Estetica ed Educazione all’immagine dell’Università Federico II – ricorda che l’unico modo per capire Bruno è studiarne la filosofia, cioè leggerne i libri. Ripetere frasi magiche vuole sminuire la scienza filosofica, che sarebbe per l’astrofisica capace solo di intuire, magicamente… e no, è il metodo quel di cui Bruno è davvero maestro, L’arte della Memoria, come ben dice la Oreto, come ho scritto e scriverò nei miei libri (www.clementinagily.it). Le conclusioni non sono magiche, nulla viene da intuito – Bruno ha ha anticipato la conoscenza estetica, meglio dei filosofi contemporanei. L’astrofisica è una competenza, la filosofia un’altra. La parola a questa studentessa che oggi lavora in altri campi, vista l’odierna povertà della filosofia seria.

 

La Lampas triginta statuarum è la prima delle opere scritte da Bruno, non pubblicate, a Wüttemberg, nel soggiorno del 1587. Fa parte della trilogia delle “lampade”, cioè De lampade combinatoria lulliana, De progressu et lampade venatoria logicorum, e appunto, Lampas triginta statuarum,- inedita fino al 1891, quando Felice Tocco e Girolamo Vitelli furono gli scopritori del Bruno Maestro di arte della memoria, che solo dopo i lavori di Frances Yates dopo il 1950 sono stati scoperti nella loro sconcertante grandezza. Con molta serietà, decisero di pubblicare le opere inedite di Bruno e di presentarle in una Memoria letta all’antica Accademia napoletana di Scienze Morali e Politiche, sorella dell’Accademia Pontaniana, già costituita ai tempi di Giordano Bruno. Il manoscritto è tramandato in due copie, A ed M, questa seconda è del copista Besler che indica la numerazione dei capitoli e le date della trascrizione. Entrambe sono leggibili anche nelle correzioni; la prima copia risale alla primavera 1587, ma non c’è né il nome né questo titolo di volume: la sezione si chiama Praefactio in Lampadem triginta statuarum (codice Norov). Quella di Besler è invece del 1590, quando scrisse allo zio Wolfgang Zeilese il 12 aprile che partendo per Helmsedt verso Venezia, Bruno gli aveva commissionato una copia che gli diede in seguito, avendo entrambi abbandonato l’Accademia Iulia, quando il Nolano era già ospite di Mocenigo a Venezia: Besler studiava allora medicina a Padova e invitò il maestro a tenere un ciclo di lezioni agli studenti di natio germanica e finì quindi la trascrizione tra il settembre e l’ottobre del 1591. Le Lampas, un autentico capolavoro tra le opere di Bruno, è una “enciclopedia delle scienze filosofiche” grazie alla ricchezza di temi che Bruno fa risuonare, che dimostra che l’incontro di Bruno con la magia nasceva da uno spunto di matrice ontologica, che andava a chiarire i temi tanti discussi della lettura del De Anima di Aristotele, che lo accompagnava fin da Tolosa. Il lavoro di revisione è tale che è chiaro come sui punti teorici più delicati il Nolano prende le distanze delle Lampas dall’arte magica, tanto da evitare i motivi di matrice ‘ermetica’ o ‘cabalistica’, e da ridicolizzare la figura del mago e la corrispondente credulitas di chi si lascia irretire. Bruno pensa ad un’altra specie di magia, e anche nel De magia naturali, e nelle Theses de magia non esita a polemizzare, per portare la magia su basi solide, naturali – come l’alchimia manipolando minerali prepara le basi della chimica, così la magia ragionando sull’irrazionale fa progredire la razionalità: ma si tratta di magia bianca, come si dice, che rispetta il mondo, non vuole per forza affermare quel che vuole chi ricorre al mago per dominare il futuro, come fanno tutti i mecenati politici dei maghi.

Per approfondire, Bruno riprende i punti nodali della riflessione ontologica e ne sviluppa una visione personale che va oltre le fonti filosofiche che predilige. Qui le Lampas procedono quindi sviluppando da esse una interpretazione rinascimentale, centrata sulla materia e sulla sua “volontà insaziabile” che rende impossibile rendere stabile, aristotelicamente, la struttura gerarchica dell’universo espressa dall’immagine della “scala naturale”. Per conoscere la natura occorre non solo mettersi dal punto di vista dell’unità, ma anche volgere lo sguardo in direzione delle differenze, della varietà. Quindi bisogna raccogliersi in un duplice movimento, afferrare l’unità della realtà, ma anche cogliere la specifica dignità di ogni essere, che , per quanto minimo, è pur sempre partecipe di senso e di vita. E volta per volta è importante afferrare la pluralità di relazioni, che secondo modi infinitamente vari, connettono ogni ente agli altri enti, nell’unità della natura. La base di questa dissoluzione della “scala naturale” fonda nella concezione della materia del De la causa, Principio et Uno.

Altra tesi, la polemica con disintegra le concezioni di tipo deterministico, sia sul piano della concezione dell’uomo che della natura. Nel tempo della nascita delle religioni protestanti, Bruno cerca uno spazio in cui collocarsi con libertà e responsabilità: argomenta partendo da Aristotele ma dissolvendo la struttura gerarchica dell’universo, in cui ogni creatura ha una posizione ben definita, non esiste il primato umano, l’uomo non è al di sopra degli animali, che hanno in forme diverse sensi ed intelletto, hanno una capacità di pensare con acutezza e penetrazione talvolta. Il primato dell’uomo sugli altri animali, si costruisce nel tempo, è una conquista che non tutti sono in grado di fare né lo vogliono. Sviluppandole l’uomo si trasforma in sapiente, o addirittura in eroe: per Bruno è proprio questa la quinta e ultima classe dei viventi – oltre gli esseri dotati di ragione e intelletto ci sono gli eroi, resi tali dal destino e dalla grazia. Come scritto negli Eroici Furori, si diventa eroi per scelta consapevole, al termine di un aspro, e lungo, processo di purificazione interiore. La metafisica delle Lampas risente già del lavoro intero svolto a Londra, nei Dialoghi, alla concezione della materia animata unisce quella dell’universo come organismo vivente, in cui ragionando di finito ed infinito, la dialettica diadica di Platone, si vede agire la vita della materia cosmica in trasformazione infinita: si generano le infinite possibilità del prodursi di forme nuove. Così, l’uomo deve imparare a mutare l’ordine delle cose, imparare ad agire sul proprio destino, comportarsi da sapiente e da eroe.

Che ruolo ha in ciò la magia? Quello di mettere in opera una sorta di primato del sapere e della praxis che consente di trasformare la natura con un operare magico basato su verità “scientifiche” e naturali, frutto di ragionamenti sull’universo animato da simpatie e consonanze, da conoscenze analogiche dirà Kant, che nella magia costruisce un’arte naturale che da riconoscere le differenze tra cose e la molteplicità dei sentimenti, così da agire sui rapporti tra singoli fatti ed enti, intervenendo nel processo di metamorfosi. Dall’ontologia prendono inizio le Lampas, un tipo di metodologia di comprensione della realtà che è costituzione sistematica del nesso figurato – infigurato – cioè nella connessione che rende possibile la figurazione e la statuificazione. Ecco la nuova stratificazione della realtà che fa argine al caos, la scala dell’essere che echeggia quella di Lullo, che articola la bene articolata trama di relazioni tra gli esseri e la verità. Alla base del ragionamento c’è l’importanza della verità per l’anima umana, finita e limitata ma capace di attingere la verità se sa regolare la luce. Solo una luce ombrata consente allo sguardo umano di vedere le cose senza abbacinare: l’immaginazione permette di fissare nella memoria catene di idee e di immagini, combinandole in figure infinitamente varie, per enuclearne significati nascosti che si legano ad altri – ed è questa la magia, conoscenza e poiesis, intreccio di uomo, mondo ed essere. La libertà umana in questo orizzonte ontologico e gnoseologico riveste carattere di praxis perché sta nel limite della condizione esistenziale dell’uomo – che ha tante possibilità di raggiungere la verità. La distinzione fondamentale tra Dio e accidente del De la Causa individuava il fondamento ontologico della realtà in una materia vivente, in moto, come l’antica, che non chiede dall’esterno vita e perfezione, perché è già il grembo cosmico del principio. Principio materiale e principio formale evitano la diatriba delle cause in cui si attardano i filosofi e giungono all’anima come forma della materia vivente. La Lampas vive la tensione dei dialoghi tra il quadro ontologico e la praxis mnemotecnica e gnoseologica per conseguire un risultato ulteriore, che intreccia la forza dell’intelletto al potere dell’immaginazione.

Una nota particolare merita l’uso che Bruno effettua della lingua in polemica con i Pedanti: non crede nel linguaggio naturale, la sua logica vigila sull’uso delle parole e sul loro senso, per favorirne l’uso corretto. Nelle Lampas si intrecciano motivi ontologici, logici e linguistici come sempre in Giordano Bruno, in uno scenario che si apre dalla praxis lulliana alla praxis magica, nella perenne relazione di ombra e luce, lungo quella scala dell’essere che costituisce il fondamento unitario della sua nova filosofia, così affasciata dal gioco degli specchi in cui la luce non è ingannevole ma suggestiva. Il silenzio suggerisce i nomi e le direzioni nuove che da questo processo creano nuova vita della cultura. Il tema dell’infinità echeggia da Platone immagini infinitamente varie, uno specchio interiore teorizzato nelle trenta statue che non sono ricettacolo passivo, ma una forza che continuamente trasfigura le realtà esterne. E’ profonda l’analogia che vincola l’opera dello specchio all’azione della facoltà fantastica, per la cui virtù i simulacri custoditi nella memoria dell’uomo sono combinati in forme parimenti molteplici. Nelle Lampas sono teoricamente giustificate, sul piano sistematico, la concezione bruniana della genesi e della struttura della realtà e insieme la visione della scienza e della venatio, la caccia magica che da essa intimamente scaturisce.

GF Oreto Giordano Bruno – Opere magiche