di Clementina Gily, Editoriale
Se un intellettuale che merita fiducia per le sue conoscenze in materia come Bernardo Valli, parlando dell’accordo di Teheran, riesce a non parlare della Mogherini: viene da riflettere al comune spettatore che ha già visto in televisione Lady Pesc sorridente al centro della scena internazionale.
Eppure proprio Valli convince chi non ha la sua esperienza che l’accordo è importante: “dopo 37 ore di negoziati, 12 anni di tentativi falliti e 35 di sanzioni, rese più severe nell’ultimo decennio…. Conta che le due parti a confronto, gli Stati Uniti da un lato (accompagnati da Francia, Gran Bretagna e Germania) e l’Iran dall’altro (spalleggiato da Russia e Cina) siano riusciti a stabilire un’intesa di principio sulle loro esigenze” (LaRep 03.04.15 p,33); anche se è, titola l’articolo, una “ragione zoppa” perché si sa che l’accordo va definito entro il 30 giugno e che quando sarà scritto si vedrà se sarà poi rispettato: come tutte le cose di questo mondo.
D’altronde, va detto che Valli dopo un piccolo spunto in prima pagina è a p. 33; che a p. 6-7 lo stesso giornale non solo si pubblica la foto con John Kerry, il sinora-inefficace, e tutto il resto dei potenti del mondo, ma anche il detto del ministro degli esteri europeo.
Potenza femminile? Sicuro: basta leggere l’articolo per vederlo. Perché consiste non di bellezza ma di pazienza e capacità di mediare mirando allo scopo a costo di sacrificio. Il che nel mondo dei potenti è raro, come la convinzione e la capacità di agire verso valori comuni come primo goal. Le parole citate di Lady Pesc dicono come si ottiene un patto win-win, dove tutti si sentono vincitori: cercando equilibri per sviluppare accordi, e poi contare le strutture che arricchiscono uranio e gli opportuni benefit che possono convincere ad abbandonare le proprie posizioni – e perdere il sonno. Se non è certo mai il vantaggio di uno il successo, in nessun campo: bisogna riconoscere il merito quando c’è, l’opportuno facilitatore sa il tempo debito.
Questo fa la diplomazia, trova mediazioni. È il suo mestiere – non quello degli intellettuali, né degli economisti, né dei politici. I politici pure mediano, ma non sui valori fondanti di una prospettiva politica, che servono per stabilire la gerarchia dei desiderata su cui chiedere l’accordo agli elettori. Che scelgono, non entrano nel merito di leggi e misure: a meno di non pensare che ognuno abbia il tempo di darsi tutto alla politica. Ogni partito/soggetto da votare, dicono i classici, presenta una propria visione d’insieme, elaborata da intellettuali, della propria visione politica: non dice i suoi desideri, tanto meno i sogni, dice come si combina la visione della società in una politica. Non è facile, ma il gioco è la conquista del potere: articolare la mediazione struttura i rapporti tra le parti in una prospettiva teorica; poi si vedrà se riesce – ma intanto l’elettore può decidere. Insomma, tutto il contrario di un talk show.
La diplomazia e la politica degli uomini d’oggi che si credono onnipotenti perché hanno il telecomando e lo smartphone, si stupiscono se si muore, deve tornare all’analisi e alla pazienza del fare, a conoscere i problemi.
Come ha mostrato di fare Mogherini. Fece benissimo Renzi a giocare la difficile partita degli esteri nella politica europea perché è essenziale: eppure quante critiche! Giuste, dimostra Valli citando le tre nazioni egemoni. Ma anche del tutto ingiuste, come dimostra sempre Valli.
W Editoriale 6-15 Fu giusta la strenua lotta per la Mogherini