di C. Gily Reda
Per chi vuol leggere e vedere l’intervento di Marc Luyckx Ghisi al Sum #03 basta vedere i filmati, il suo ultimo è del 6 aprile.
Vi si disegna insieme un’utopia ed una distopia: un modo di impostare un discorso politico e di riaprire il dibattito, che sembra sopito, sulle idee politiche – che non sono più quelle dei due secoli trascorsi, eguaglianza e libertà… o almeno, esse si articolano molto diversamente dai due secoli trascorsi, così terribilmente lontani nel tempo e nello spazio.
La Digital Democracy più che una ‘dottrina politica’ è un fatto, ma non si può riportare il discorso politico all’alzata di mano: come invece si vuole da tutti. Dal Rinascimento ad oggi si è lavorato perché si ragionasse sui diritti dell’uomo e sulla sua libertà di pensiero e di stampa: la democrazia digitale non facilita la partecipazione diretta e ragionata. Lo ha già dimostrato la storia recente, la liberaldemocrazia non si afferma con il voto one-to-one e il populismo partecipativo. C’è bisogno di nuovi metodi.
Forse che le grandi democrazie, coi loro referendum tipo Brexit, con le loro elezioni tipo Trump e tipo Bush jr non hanno dimostrato che la conta dei voti è un sistema che ha portato moltissimi a non votare, e i votanti ad andare pari? Accade persino che perde chi ha più voti.
Tanto sconcertante la cosa, che la gente, quella fatta di persone, si disillude sempre di più. L’Italia va perdendo la sua tradizione di partecipazione alle contese elettorali ed alla vita politica. Il chiacchiericcio continuo dei talk show invita a non vedere che i giovani votano per simpatia o per divismo, si annoiano dei contenuti e delle scelte. I ‘nuovi’ non si sanno definire altro che così, e con qualche progetto che faccia audience.
Quindi: sarebbe utile dibattere, invece di contribuire all’aria di guerra. Il pragmatismo delle idee-non-idee, dei miti che indicano la stella… finiscono col vedere il dito ben dritto (come quello medio di Cattelan che sta nel ben centro di Milano… lo vada a vedere in rete chi non l’ha visto: anche se non è un bel vedere… persino l’arte diventa volgare con un’enfasi che solo a Milano può parere divertente).
Nel mondo delle idee politiche si deve valutare e scegliere. Il referendum, il si/no, con buona pace del fu Pannella, è solo un coup de theatre ed ha condotto alle votazioni senza votanti. Questa è la democrazia?
Perciò da tempo rifletto sul mito politico, sull’idea che se si sa invitare gli altri ad incontrarsi intorno al fuoco, come dice Deleuze, narrando si impara dagli altri e si diventa amici. Lanciare la discussione è attivare l’interesse, come fa La città del Sole di Campanella, l’Utopia di Tommaso Moro: sogni, certo; ma lo è anche la Digital Democracy che si realizza da sola, tecnologicamente. Le Utopie hanno l’incomparabile pregio di non spacciarsi per realtà: entrambe le due città sono nell’isola-che-non-c’è.
Si evita così il pericolo già accaduto con l’utopia marxista che, spacciata per legge della storia, è diventata malefica, quando i più forti si sono comportati come monarchi di diritto divino; mentre era benefica al suo tempo, una maturazione della vita politica e del pensiero politico, e dei rapporti sociali.
È questo il problema della Democrazia Digitale. In politica bisogna scegliere, se nessuno lo fa, vincono i più forti e si torna al regime di guerra. Il sogno che fu di Rousseau – la volontà generale – criticato per centocinquant’anni almeno, merita di non avere più ingenui proseliti – occorre rigore e metodo, per realizzare il sogno della politica secondo natura, rispettosa dei diritti – il sogno vero di Rousseau. Dal buio del pensare e del decidere non nasce la giustizia sociale, come dall’economia libera non nasce l’ordine, come sognò Adam Smith.
Occorre studiare la storia, invece di tweettare: i poveri usignoli sostituiti da meccanici uccellini, di quelli che si guastano quando più serve – non potranno tornare, come quello di Andersen, spinti dall’affetto nell’ora dell’ultima ninna nanna. Perché più che usignoli sono gli splendidi galli di Ligabue, che animano la presente soluzione politica: il gioco delle tre carte, la macchinetta mangiavoti: Si-No-Forse, la triade vincente…
Cosa può l’Utopia Distopia, invece, è l’invito a pensare e scegliere: la soluzione bellissima argomentata nel filmato dell’intervento citato in principio. Una storia apre la via alla meditazione, alla serena discussione – a fianco alla lotta che poi inevitabilmente la politica è. Ma è anche filosofia politica, scienza politica e storia delle dottrine politiche, così almeno da imparare ad evitare gli stessi errori. Disegnare le speranze e i timori nei non-luoghi raccontati da Utopie e Distopie, immagini che a tutti dicono cose diverse, significa spingere alla riflessione e al dialogo: è una grande strada, di cui siamo grati a Marc Luyckx Ghisi, questo grande intellettuale europeo, che non dimentica il libero pensiero e sa come renderlo affascinante.
Gli studiosi prima citati, bisogna riconoscerlo, sono alquanto noiosi…
W editoriale 7-19 Elsewhere perhaps – l’Utopia e la Distopia di Ghisi
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