di Anna Savarese, Architetto di Legambiente Campania
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al vertice ONU sul Climate Change ha confermato la piena volontà del Governo Italiano a orientare il sistema produttivo verso il “Green New Deal” al fine di attuare l’Accordo di Parigi con una posizione di leadership dell’Italia nella svolta verde dell’Europa.
Infatti nel programma del nuovo governo giallo-rosso è entrato questo termine per cui tanto e da tempo si è battuto l’ambientalismo, soprattutto in risposta alla grave crisi economica che perdura ormai da un decennio.
Il termine è desunto da una proposta di legge degli Stati Uniti presentata nello scorso febbraio dal senatore democratico Ed Markey e dalla rappresentante Alexandria Ocasio-Cortez che mira a far fronte ai cambiamenti climatici contemporaneamente risolvendo il problema della disuguaglianza economica. È facile comprendere il riferimento al New Deal promosso tra il 1933 e il 1937 dall’allora Presidente Franklin D. Roosevelt in risposta alla Grande Depressione del 1029 e strutturato con un insieme di riforme sociali ed economiche e progetti di lavori pubblici che risolsero il problema della disoccupazione. Il Green New Deal, pertanto, si propone di integrare l’approccio economico-sociale di Roosevelt con idee moderne desunte dallo sviluppo sostenibile, quali l’energia rinnovabile, l’uso efficiente delle risorse, l’innovazione scientifica e tecnologica, l’economica circolare, per citarne solo alcune, azioni e programmazioni che sono anche necessarie per azzerare le emissioni di CO2 entro il 2030 e contenere il riscaldamento globale secondo l’Accordo di Parigi.
Nel dibattito politico internazionale argomento e proposta sono già più concreti che in Italia. Dopo in citato caso degli Stati, primeggia il Piano per la Protezione del Clima recentemente varato dalla Germania.
Molto probabilmente, prendendo spunto da questi autorevoli esempi, al punto 7 delle 29 linee programmatiche del nuovo esecutivo, il governo italiano, esprime l’impegno a “realizzare un Green New Deal, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti a inserire la protezione dell’ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale”. Attraverso “piani di investimento pubblico” ad hoc, “incentivi a prassi responsabili” per le imprese, attraverso un “apposito fondo” per orientare le iniziative imprenditoriali e, più in generale, attraverso “l’indirizzo dell’intero sistema produttivo verso un’economia circolare”.
Gli obiettivi, a leggerli, sono ambiziosi e certamente condivisibili, ma sicuramente il cammino non sarà facile, soprattutto guardando alle prime avvisaglie di retromarcia che si annunciano con la Legge di Bilancio. Infatti, ad oggi, stando alle prime dichiarazioni, sembra che nella Legge di Bilancio si prospettino solo misure di inasprimento della pressione fiscale (tassare bibite, merendine, voli aerei, auto diesel), in assenza di un piano di investimenti che punti sull’innovazione scientifica e tecnologica, sull’energia rinnovabile, sull’economia circolare. Questo modo di procedere che non è equilibrato, né equo, rischia di inasprire una popolazione già fortemente stressata dalla crisi economica, alimentando le spinte sovraniste. Anche le flebili reazioni del Ministro dell’Ambiente Costa, che integra il pacchetto con misure incentivati (per la rottamazione delle auto inquinanti o per sgravi ai prodotti senza imballaggi), sono episodiche e sembrano confermare il sospetto che si miri solo a fare cassa, inasprendo le imposte indirette.
Siamo ben lontani per ora da un piano simile a quello varato dalla Germania e soprattutto da una svolta da vero Green New Deal che sappia risolvere i problemi della crisi economica proprio facendo leva sulla sfida climatica, restituendo dignità al lavoro e bloccando l’esodo dei tanti giovani costretti a migrare per l’assenza di prospettive occupazionali.
Contro un’operazione che rischia di essere sostanzialmente di greenwashing, occorre invece capire che occuparsi della crisi climatica significa porre le premesse per orientarsi verso uno sviluppo sostenibile, equo, inclusivo e duraturo. Con il Green New Deal si possono finalmente correggere le storture determinate da una globalizzazione non governata, riducendo le disuguaglianze e contrastando al contempo gli effetti dei cambiamenti climatici.
Purtroppo dai dati dell’Ispra si evince che in Italia stiamo continuando nel declino economico e nello stesso tempo a aumentare le emissioni di gas serra: nel secondo trimestre del 2019 le emissioni aumentano rispetto all’anno precedente dello 0,8% mentre il Pil si riduce del -0,1%.
Basta questo dato per comprendere la necessità di una transizione ecologica ed “equa” come l’ha definita il Segretario Generale Antonio Guterres aprendo il vertice Onu sul Climate Change.
W Savarese È un Green New Deal quello del governo giallo-rosso
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