di Maria Luce Mariniello.[1]
secoli scorsi il rapporto di cittadinanza ha rappresentato un elemento fondante nella formazione dello Stato moderno e delle costituzioni democratiche. E’ sul rapporto di cittadinanza che si fonda il paradigma della legittimazione democratica attraverso l’elezione diretta dei rappresentanti, nei Parlamenti nazionali così come nel Parlamento Europeo.
Se le elezioni rappresentano un fondamentale strumento di democrazia, l’ordinamento europeo ha apprestato anche altri istituti con efficacia legittimante, volti a colmare la distanza tra le sue istituzioni e i cittadini. Il diritto di petizione e l’iniziativa dei cittadini sono soltanto due esempi di come la governance europea sia connotata anche da forme di partecipazione diretta dei cittadini al processo decisionale. Nel diritto europeo il principio democratico non si esaurisce nelle competizioni elettorali ma è alimentato da una varietà di canali istituzionali aperti alla società civile, dalla partecipazione organica della comitologia alle garanzie procedurali del Libro Bianco sulla Governance.
In relazione agli interessi di quanti non hanno diritto di voto, ancorché titolari dei diritti fondamentali costituzionalizzati dal Trattato di Lisbona, l’ordinamento europeo appresta un ampio numero di strumenti e metodi volti a dare voce alle diverse componenti della società civile: consumatori, imprese, lavoratori, associazioni ambientaliste partecipano quotidianamente all’attività delle istituzioni europee in virtù di istituti volti ad assicurare procedimenti trasparenti e aperti all’intervento dei privati.
Nell’arena europea, la partecipazione della società civile si realizza soprattutto in virtù dell’intervento di soggetti operanti in rappresentanza di interessi collettivi organizzati. L’interazione delle istituzioni europee con questi interlocutori non è scevra da rischi: il coinvolgimento delle lobby europee rischia di inficiare la legittimazione delle decisioni assunte attraverso il metodo delle consultazioni ristrette. Per far fronte a questa problematica, nel 2011 è stato istituito il Registro UE per la trasparenza, uno strumento elettronico gestito congiuntamente da Parlamento europeo e dalla Commissione per rendere conoscibili le organizzazioni autorizzate a intervenire nel processo decisionale, nel rispetto di un codice etico e con la garanzia di una procedura di reclamo esperibile da qualsiasi cittadino europeo. L’intera iniziativa è pensata e strutturata attraverso il portale europeo sulla trasparenza.
Complementare al dialogo con gli stakeholder iscritti al registro è lo strumento della consultazione pubblica. Con il sistema del notice and comment i portatori di interessi non qualificati o non organizzati (persone fisiche, singole aziende, comitati e associazioni minori) possono accedere attraverso la Rete ai principali documenti prodotti ai fini dell’elaborazione di politiche europee. In assenza di strumenti ICT, questi soggetti di fatto non troverebbero né posto né voce nel processo decisionale europeo.
La possibilità di impiegare strumenti ICT garantisce, quindi, effettività ai diritti di partecipazione dei cittadini nel quadro della governance europea. In tale contesto, l’ultimo Rapporto Eurostat (2013) sull’e-government evidenzia, per l’Italia, un ritardo infrastrutturale e culturale che richiama il ruolo del sistema pubblico per creare condizioni abilitanti allo sviluppo dell’innovazione, anche nel dialogo con le istituzioni
[1] ** Dottore di ricerca in “Scienza giuridica e teoria del diritto” e funzionaria dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Le opinioni in questo scritto sono espresse a titolo personale e non impegnano in alcun modo l’Istituzione di appartenenza.